Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

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Organo di controllo sempre più coinvolto nella transizione tecnologica dell’intelligenza artificiale (IA), sia nel vigilare su come l’assetto organizzativo e la governance aziendale la utilizzano, sia nel valutare l’adozione di sistemi che possano agevolare gli stessi compiti di vigilanza. È quanto emerge da uno specifico focus sul tema pubblicato dal Cndcec e dalla Fondazione nazionale dei Commercialisti il 3 dicembre 2025, con le Linee guida di vigilanza del collegio sindacale sull’adozione dell’intelligenza artificiale, che offrono un primo quadro di riferimento professionale. Il documento, espressamente qualificato come strumento di indirizzo, non amplia i doveri legali del collegio, che restano ancorati all’art. 2403 c.c., ma ne orienta l’applicazione alla luce dei nuovi scenari tecnologici.
I consumatori, anche quando sono contattati al telefono, devono sapere con chi hanno a che fare, che servizi comprano e quanto spendono. Inoltre, i consumatori non devono essere abbindolati dai siti internet e hanno diritto a spiegazioni esaurienti da un umano. È questa la rete di salvaguardia per i consumatori tessuta dal decreto legislativo, approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri del 4 dicembre 2025, che recepisce la direttiva (Ue) 2023/2673 sui contratti di servizi finanziari conclusi a distanza. La direttiva prevede che i paesi Ue adottino e pubblichino entro il 19 dicembre 2025 i provvedimenti attuativi della direttiva stessa, i quali si applicano a decorrere dal 19 giugno 2026. Di conseguenza, il decreto legislativo precisa che le novità impattano sui contratti conclusi successivamente al 19 giugno 2026. Le eccezioni al diritto di recesso. Il diritto di recesso (nuovo articolo 59-octies del codice del consumo) potrà essere esercitato senza penali e senza indicazioni del motivo entro 14 giorni, estesi a 30 giorni per i contratti relativi a forme pensionistiche complementari e le assicurazioni sulla vita. Nulla è dovuto in caso di recesso da contratti di assicurazione. Non sono dovuti pagamenti se il consumatore non è stato informato dell’importo dovuto o se l’operatore economico abbia avviato l’esecuzione del contratto prima della scadenza applicabile per il diritto di recesso.
Nel mirino i trucchetti online (dark pattern) per circuire il consumatore interessato a un servizio finanziario. A erigere barriere protettive supplementari relative alle interfacce online è il nuovo articolo 59-undecies del codice del consumo, introdotto dal decreto legislativo, approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri del 4 dicembre 2025, che recepisce la direttiva (Ue) 2023/2673 sui contratti di servizi finanziari conclusi a distanza
Il recesso dai contratti online trova la sua via digitale. Con un nuovo articolo 54-bis del codice del consumo, introdotto dal decreto legislativo, approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri del 4 dicembre 2025, si prevede a carico degli operatori economici, la predisposizione di un’opzione digitale per i contratti a distanza conclusi mediante un’interfaccia online. E per “interfaccia online” si intende qualsiasi software, compresi i siti web o parti di essi, e le applicazioni, incluse le applicazioni mobili. Al consumatore deve essere, dunque, data la possibilità di sciogliersi, a suo arbitrio, dal contratto utilizzando un pulsante virtuale, collocato su una pagina elettronica. In particolare, con le parole del decreto legislativo, la funzione di recesso deve consentire al consumatore di inviare una dichiarazione di recesso online, che informa l’operatore economico della sua decisione di recedere dal contratto. Tecnicamente si tratta di una funzione di recesso accessibile online, la quale non deve essere affogata nella pagina visibile sullo schermo, anzi deve figurare in modo ben visibile sull’interfaccia elettronico e deve essere facilmente accessibile. In altre parole, deve saltare agli occhi e non si deve fare una gincana per poterla usare. Il nuovo articolo 54-bis si sofferma, in maniera didascalica e dettagliata, a illustrare i requisiti di chiarezza della funzione, spingendosi a suggerire la formula da inserire sull’interfaccia online per segnalare questo pulsante digitale: si deve scrivere, con grafica percepibile in maniera agevole, l’espressione “Recedere dal contratto qui”. Quest’ultima non è, però, una formula solenne inderogabile: peraltro l’operatore, se sceglie altre espressioni, deve avvalersi di un’altra formulazione equivalente altrettanto inequivocabile
Si può licenziare per giusta causa il lavoratore in base ai video delle telecamere installate in azienda: i dati acquisiti sono utilizzabili per tutti i fini connessi al rapporto, compresi quelli disciplinari. Ma soltanto se: gli impianti di ripresa sono installati per esigenze documentate dell’azienda; c’è sul punto un accordo con i sindacati o l’autorizzazione dell’ispettorato del lavoro; i lavoratori sono stati avvisati in modo adeguato dal datore su controlli e modalità d’uso degli strumenti; le registrazioni rispettano le norme sulla privacy e del Gdpr, il regolamento Ue 2016/679 general data protection. Può tuttavia essere il contratto collettivo a prevedere che le riprese video non possano essere utilizzate sul piano disciplinare: in tal caso la norma pattizia costituisce espressione dell’autonomia privata collettiva e clausola di maggior favore per il lavoratore. Non sono invece ammessi controlli continui e preventivi, volti in realtà a sorvegliare la prestazione del lavoratore, senza uno specifico sospetto precedente. Così la Cassazione civile, sez. lavoro, nella sentenza n. 30822 del 25/11/2025, che fa il punto sull’utilizzabilità dei dati raccolti dagli impianti audiovisivi dopo che il Jobs Act ha modificato in materia lo statuto dei lavoratori; una questione che può avere anche risvolti penali.
Dal 18 dicembre 2025 entrano in vigore nuove semplificazioni ambientali che modificano diversi adempimenti per le imprese. Cambiano le regole per rifiuti e imballaggi, si introduce un ritiro dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche più semplice, vengono aggiornati i criteri per la valutazione di impatto ambientale, si accelerano gli iter relativi alla gestione delle acque e si avvia una revisione della disciplina sui fanghi di depurazione. Le novità arrivano con la legge 2 dicembre 2025, n. 182, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 3 dicembre e già conosciuta come la nuova legge Semplificazioni, che interviene su numerose disposizioni del quadro ambientale vigente. Uno dei primi interventi ambientali riguarda la responsabilità estesa del produttore (Epr). L’articolo 5 della legge semplificazioni aggiorna l’articolo 185-bis del dlgs 152/2006 (codice dell’ambiente), ampliando le aree in cui può avvenire il deposito temporaneo dei rifiuti prima della raccolta. I distributori potranno utilizzare non solo il punto vendita ma anche aree pertinenziali o altri luoghi di raggruppamento messi a disposizione dai sistemi di gestione dei produttori. È una novità che incide sulla logistica quotidiana delle imprese, rendendo più fluida l’organizzazione dei flussi di rifiuti in uscita
Vanno risarcite le aziende che subiscono danni da una concorrente, la quale violando il Gdpr (regolamento Ue sulla privacy n. 2016/679), lucra un indebito vantaggio commerciale. In effetti, non osservare il Gdpr può, almeno nel breve periodo, far conquistare fette di mercato abusando dei diritti di clienti, attuali e potenziali, ma le aziende ligie alle regole non sono costrette a rimanere con le mani in mano. È questo l’effetto della decisione di un tribunale spagnolo, specializzato nelle materie commerciali (sentenza n. 98 del 19/11/2025 del Juzgado de lo Mercantil n.15 di Madrid), che ha condannato Meta a risarcire oltre 481 milioni di euro (più 60 milioni di interessi) a 87 società del settore “media”, per avere sottratto loro fette del mercato pubblicitario online e ciò a causa dell’utilizzo senza consenso e in maniera illecita dei dati personali degli utenti presenti sulle piattaforme social riconducibili alla stessa Meta
Occhio alla relazione di stima quando si compra un immobile nella vendita forzata. E ciò perché il professionista delegato dal giudice dell’esecuzione non deve indicare nell’avviso di vendita l’esistenza di trascrizioni pregiudizievoli sul cespite anteriori al pignoramento: il contenuto dell’avviso di cui all’articolo 591-bis c.p.c., infatti, è standard e l’avvocato, il notaio o il commercialista incaricato dal giudice può limitarsi a rinviare alla relazione del perito, laddove la trascrizione della domanda giudiziale non impedisce di per sé la messa in liquidazione del bene. Ma se poi l’azione esperita dal terzo fa scattare la revoca del trasferimento, l’aggiudicatario perde l’immobile: recupera sì il prezzo pagato nella procedura esecutiva, ma per esempio potrebbe aver apportato delle migliorie ai locali. Attenzione, però: risponde soltanto per dolo o colpa il professionista delegato alla vendita nell’espropriazione immobiliare, mentre la colpa lieve dovuta all’imperizia è esclusa quando l’attività che ha causato il danno ha richiesto la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà.

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A sfogliare l’ultimo Rapporto sulla stabilità finanziaria della Banca d’Italia di fine novembre, sembra che le assicurazioni italiane se la siano passata bene negli ultimi tre anni. Infatti, partendo dal 1° gennaio 2023 posto pari a 100, si vede che i corsi azionari delle quotate italiane (che però sono solo tre) sono passati a circa 250, con un aumento del 150 per cento. L’incremento della media delle compagnie europee si è invece fermato a meno di 200. Con una nota di sollievo: «Le quotazioni azionarie delle principali società assicurative italiane ed europee — si legge nel Rapporto — sono tornate su valori più alti di quelli precedente l’annuncio dei dazi statunitensi».
Infrastrutture delle reti elettriche, porti e aeroporti, assetti politici e istituzionali. Sono tanti e appartengono a differenti settori gli ambiti esposti alla minaccia crescente della guerra ibrida, espressione utilizzata per indicare le azioni coordinate in più domini e che non possono definirsi propriamente come conflitti armati, il cui scopo è colpire un bersaglio strategico, ad esempio uno Stato o un’istituzione. Queste minacce non sono più un rischio marginale, né un fenomeno confinato ai dossier di intelligence. Secondo un recente studio della Commissione europea e dell’European Centre of Excellence for Countering Hybrid Threats, la competizione strategica tra democrazie e attori autoritari sta entrando in una fase nuova, più sofisticata e pervasiva. Le società europee – si legge nel documento – sono oggi esposte a un insieme di strumenti di influenza e coercizione che combinano cyberattacchi, pressioni economiche, interferenze politiche e sabotaggi critici. Tra gli obiettivi più frequenti figurano: l’erosione della fiducia nelle istituzioni; la manipolazione
dell’opinione pubblica tramite disinformazione; l’interferenza nei meccanismi politici e amministrativi; lo sfruttamento delle dipendenze economiche, comprese materie prime strategiche e tecnologie
Ce ne sono di grandi e anche di piccoli, ma tutti insieme detengono asset pari a 148,4 miliardi euro, e sono in continua crescita. Parliamo dei family office, strutture, come dice il nome, nate per gestire patrimoni ed esigenze di specifiche famiglie. Un segmento a parte del più vasto mondo del Private Banking al quale viene dedicata una sezione dell’Indagine sul Private Banking in Italia, realizzata ogni anno dallo Studio Magstat, fondato e guidato da Marco Mazzoni

Tracce sempre più evidenti del nuovo corso, della forza propulsiva dei nuovi azionisti. In primis, la creazione della figura del direttore generale delle Assicurazioni Generali e la conseguente nomina al ruolo di Giulio Terzariol. Poi, la settimana scorsa, l’abbandono del progetto che avrebbe portato alla creazione di una joint-venture, nel settore del wealth management, con i francesi di Natixis. Un progetto fortemente voluto dall’amministratore delegato del Leone, Philippe Donnet e ora archiviato definitivamente. Infine, il Tuf, ovvero il Testo unico della finanza, la legge guida del settore, su cui in queste settimane è massima l’attenzione per la riforma di cui il Parlamento si sta occupando. Si arriverà a compimento della riforma probabilmente in primavera, ma è adesso che la battaglia infuria, in particolare sull’articolo 106 e le sue possibili modifiche, che stanno generando tensioni, facendo emergere posizioni opposte e non conciliabili tra gli attori in gioco, divisi da due filosofie diverse.
Pianificare il futuro dopo la pensione deve essere tra le priorità di ogni lavoratore, dato che l’assegno dell’Inps sarà inferiore del 30/40%, se va bene, rispetto all’ultimo stipendio. Molti risparmiatori ne hanno coscienza. Troppi, però, rimangono impantanati nelle sabbie mobili dell’inazione. Perché? Non sanno come affrontare il problema, né a chi rivolgersi. È un quadro allarmante quello che emerge dalla prima edizione dell’Osservatorio sulla Previdenza Sostenibile di Sella sgr, una ricerca realizzata in collaborazione con Research Dogma su un campione rappresentativo di 2.000 italiani tra i 25 e i 65 anni. I numeri dicono che c’è una diffusa consapevolezza sulla necessità di investire sul proprio futuro previdenziale: la pensa così l’88% degli intervistati. L’83% degli intervistati è preoccupato. Il senso di inquietudine, però, rimane inerte. Non si traduce in progettualità. Il 72%, del resto, dichiara di non avere alcuna idea – o di averla solo vaga – di quanto percepirà a livello di pensione pubblica, non avendo mai fatto alcuna verifica in merito. Solo il 9% ha un’idea precisa. La metà degli intervistati ammette di non aver ancora intrapreso alcuna azione per risolvere la questione. E il 65% dichiara di non aver mai parlato di previdenza con nessuno.
 Il 2026 si prospetta solido per gli assicuratori cyber: S&P Global Ratings promuove infatti il settore, nonostante le difficoltà dovute alle pressioni sui prezzi e a una concorrenza crescente nei mercati maturi come gli Stati Uniti. Le leve di crescita dunque non mancano. S&P individua spazi importanti nelle aree geografiche ancora poco penetrate e tra le piccole e medie imprese, dove la domanda potenziale di coperture cyber è ancora lontana dalla maturità dei mercati più avanzati. Per questo motivo lo scenario ipotizzato da S&P Global Ratings vede una crescita annuale del mercato del 5-10% nei prossimi tre anni. Performance che però potrebbe essere inficiata se la concorrenza si intensificasse, il contesto dei sinistri rimanesse favorevole e gli assicuratori continuassero a migliorare in modo significativo l’uso di modelli matematici per quantificare i danni, riducendo potenzialmente la necessità di premi più elevati
Entro il 31 dicembre, tutti i medici e gli operatori sanitari dovranno completare i 150 crediti Ecm (Educazione continua in medicina) previsti dal triennio formativo 2023-2025. Non è solo un adempimento burocratico: è una svolta culturale che intreccia competenza, responsabilità e tutela professionale. Il decreto-legge 152/2021, convertito con la legge 233/2021, lega infatti in modo diretto la validità della polizza di responsabilità civile professionale al rispetto dell’obbligo formativo: almeno il 70% dei crediti deve essere conseguito perché la copertura assicurativa sia pienamente operativa. L’obiettivo è chiaro: migliorare la qualità dell’assistenza e ridurre il fenomeno della medicina difensiva, che continua a drenare risorse al sistema sanitario.
 Una gran quantità di asset pronta a invadere il mercato del mattone: nei prossimi 20 anni almeno 1.400 miliardi di euro di immobili finiranno in successione e in buona parte si aggiungeranno al flusso fisiologico di tentate vendite, in un quadro demografico complicato, con una popolazione in calo in numeri assoluti, sempre più anziana e con una quota maggiore di nuclei familiari monocomponenti. Per farla breve: aumenterà il numero di alloggi in offerta e ci saranno meno soggetti interessati all’acquisto. Se si considera anche che il patrimonio immobiliare italiano è mediamente composto da edifici vecchi e spesso bisognosi di ristrutturazioni antieconomiche si porrà un enorme problema sistemico. Ma i problemi ci sono anche a livello della singola famiglia: predisporre per tempo le cose al meglio per il proprio patrimonio immobiliare (ma il discorso vale e anche per le aziende) significa ottimizzare costi di gestione e tasse, cercare di non far perdere valore ai propri asset ed evitare in prospettiva che il passaggio generazionale si trasformi in una fase altamente conflittuale.

Il 67% considera importante avere a disposizione servizi sanitari a supporto della salute, il 57% ha forte interesse ad avere a disposizione servizi di supporto per i genitori. Questi due dati si riferiscono alla Generazione Z e sono due percentuali che segnano un inedito. Per due motivi: perché la platea contemplata riguarda, appunto, il segmento più giovane del mercato del lavoro e perché per la prima volta nella contrattazione della retribuzione entra la richiesta di servizi alla salute per sé e, circostanza ancora più rilevante, per i propri genitori. Non solo l’asilo per i figli, dunque, per enfatizzare, ma anche la residenza per i genitori anziani. A intercettare questa tendenza è stato l’Osservatorio HR Innovation Practice del Polimi di Milano. «Si cercano questi servizi nelle aziende perché c’è la percezione che il pubblico sia assente – spiega Martina Mauri, Direttrice Osservatorio HR Innovation Practice -. Una richiesta che crescerà sempre di più e di cui registriamo una crescente consapevolezza da parte delle aziende. Quello che forse ancora manca da parte di queste ultime è la personalizzazione. Le società si affidano spesso per la gestione dei pacchetti ai provider, ciò per loro costituisce una semplificazione delle procedure, però al tempo stesso riduce la personalizzazione degli interventi»
Sostegno all’assistenza sanitaria e a quella domestica, accesso a strutture specialistiche. I fabbisogni legati all’invecchiamento sono molteplici. Ma chi può davvero usufruirne? E secondo quali condizioni e regole? Parallelamente ai bisogni dei lavoratori anche il contesto normativo si è evoluto in linea con essi. Il risultato è un corpus complesso e articolato che permette ai datori di lavoro di garantire pacchetti sempre più compositi. A stabilire cosa si debba intendere per non autosufficienza è stata la Circolare 28/E del 2016 che ne richiama una precedente, la Circolare 2/E del 2005
Lo Stato sempre più sovraccarico fatica a garantire prestazioni adeguate e inevitabilmente aumenta la spesa a carico delle famiglie (45,7 miliardi nel 2024) e il ricorso a soluzioni assicurative. Il bisogno di salute e di cure spinge infatti anche il ramo delle polizze sanitarie. Ormai le coperture assicurative sono una costante nei contratti di lavoro consentendo, mediante polizze collettive, l’accesso, anche ai malati cronici, a costi calmierati. Ma si sta risvegliando anche il mercato delle “più costose” polizze individuali. Così da alcuni anni il ramo malattia sta registrando importanti tassi di crescita: i volumi sono passati da circa 3,3 miliardi di euro del 2021 a quasi 5,3 miliardi di euro che si stimano per il 2025, con una crescita del 60% in quattro anni. «Tale incremento è attribuibile in maniera molto più rilevante ai prodotti di natura individuale (polizze salute acquistate dai singoli individui per le esigenze proprie e del nucleo familiare) rispetto alle forme collettive– spiega Stefano Frazzoni, senior partner head of insurance wealth&asset management area di Prometeia –: il peso della componente individuale è cresciuto di 10 punti percentuali (dal 32% del 2021 al 42% del 2024), con un incremento di raccolta di quasi il 90 per cento»
Il Tribunale di Lecco, con la sentenza n. 547/2025 del 14 novembre scorso, ha chiarito un punto importante per gli insegnanti impegnati nelle gite scolastiche: non basta subire un incidente su suolo pubblico per vedersi riconoscere il risarcimento. La vicenda riguarda una docente che, al termine di una visita d’istruzione, è inciampata su una radice sporgente e ha riportato una frattura all’omero. Ma il problema principale, secondo il Tribunale, è stato la mancanza di prove concrete. La prof ha prodotto una fotografia e la testimonianza di una collega, che ha confermato soltanto la caduta senza poter descrivere in maniera precisa il punto in cui è avvenuta o le condizioni del marciapiede. La foto mostrava alcune lacune nei sampietrini, ma non era sufficiente a dimostrare la pericolosità dell’avvallamento. Non sono stati presentati filmati o altre testimonianze che potessero ricostruire con certezza l’incidente. La sentenza afferma un principio chiaro: la legge prevede una responsabilità oggettiva dell’ente pubblico per difetti della strada, ma chi chiede il risarcimento deve dimostrare il nesso tra il danno subito e il difetto o l’ostacolo
Il medico imputato in un procedimento penale (per colpa medica) può citare in giudizio il proprio assicuratore della responsabilità civile per esser manlevato dalle richieste risarcitorie del terzo danneggiato costituito parte civile. Lo ha stabilito la Corte costituzionale nella sentenza 170 del 25 novembre 2025 (si veda Il Sole 24 Ore del 26 novembre), con la quale è stata affermata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 83 del Codice di procedura penale nella parte in cui non ha previsto questa facoltà di chiamata in causa in relazione all’assicurazione obbligatoria della Rc sanitaria, introdotta dalla legge 24/2017. Questa decisione non appare allineata alle precedenti con cui la Consulta ha già rimodellato l’articolo 83 del Codice di procedura penale, dichiarandone la parziale illegittimità e affermando la possibilità, per l’imputato, di chiamare in causa il suo assicuratore, nella materia della Rc auto (sentenza 112/1998) e della Rc venatoria (sentenza 159/2022). In questi casi era stato osservato come l’obbligo assicurativo assolva a una medesima funzione plurima di garanzia: tutela non solo l’assicurato, che ha diritto di vedersi manlevato dalle pretese risarcitorie del danneggiato, ma anche i terzi danneggiati da incidenti stradali o di caccia, che hanno il diritto di proporre azione diretta verso l’assicuratore. È proprio la previsione dell’azione diretta che ha fatto ritenere in questi casi alla Consulta del tutto ingiustificata «la disparità di trattamento dell’imputato assoggettato ad azione risarcitoria nell’ambito del processo penale rispetto al convenuto con la stessa azione in sede civile, al quale è pacificamente riconosciuto il diritto di chiamare in garanzia il proprio assicuratore».