Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

 

La proposta attuale prevede di portare dallo 0,1% allo 0,2% l’aliquota per le società quotate sui mercati regolamentati e dallo 0,2% allo 0,4% per quelle nei mercati non regolamentati (dallo 0,02% allo 0,04% l’imposizione sulle negoziazioni ad alta frequenza). Vengono invece escluse le operazioni a mercato che si aprono e chiudono in giornata. Nel gruppo delle società non regolamentate rientrano tutte le aziende non quotate in borsa e in teoria anche le piccole e medie imprese scambiate sul segmento Egm di Piazza Affari, che però sono di solito stanno ben al di sotto dei 500 milioni di capitalizzazione. Aspetto paradossale: società come Brembo, che hanno trasferito la sede legale ad Amsterdam, non sono toccate dalla Tobin. Anche fondi comuni ed Etf devono pagare l’imposta se acquistano titoli a larga capitalizzazione di Piazza Affari. Si salvano invece gli Etf sintetici, ovvero di veicoli che hanno come sottostante un derivato sul Ftse Mib, ma non concretamente le azioni dell’indice. Inoltre sono esenti, fin dal 2013, i fondi etici.
Chi vince il derby tricolore delle polizze? Per i titoli di Generali e Unipol, le due big assicurative quotate a Piazza Affari, il 2025 sta per essere archiviato come un altro anno decisamente positivo dopo i record che erano stati registrati nel 2024. Il gruppo assicurativo guidata da Philippe Donnet, nei giorni scorsi, è tornato a toccare i 35 euro, un valore che non vedeva dal 2001, con un incremento che da inizio anno è stato di circa il 24%. Mentre Unipol, da gennaio, sta registrando addirittura un crescita del 65,5% dopo il 135% che c’era stato nel 2024 trainato dal processo di razionalizzazione del gruppo, culminato nell’opa su UnipolSai lanciata a febbraio dello scorso anno. Aggiungendo alle performance di borsa anche i dividendi pagati agli azionisti il guadagno su Unipol è stato del 70,04% e quello sul titolo del Leone poco meno del 30%.
È passata quasi inosservata, forse perché era una sorte già annunciata da tempo, la fine della joint venture ipotizzata un anno fa tra Generali e Natixis, quest’ultima controllata al 70% dal terzo gruppo bancario francese, Groupe Bpce, le banche popolari francesi in passato unite tra loro, che l’Italia ha invece disperso. La jv è stata osteggiata già dal primo annuncio da almeno uno degli attuali grandi azionisti di Mps e Generali, il gruppo Caltagirone, che dichiarava di non capirne bene la ragione, ovvero, la vedeva forse con interessi di Generali potenzialmente divergenti dai propri. In sintonia, come in altre situazioni, con alcuni esponenti del governo italiano. Meno netta l’opposizione di Delfin/Milleri, azionista di Generali anche maggiore di Caltagirone, sinora sempre razionale, concentrato su interessi economici e creazione di valore, più che sul potere. Il tema strategico è che Generali deve poter crescere e competere almeno a livello continentale: è nella sua storia e nel suo potenziale. Se restasse vincolata al controllo di un nocciolo duro di azionisti privati, che devono comandare attraverso una lunga catena societaria, non sarebbe ancor peggio che ai tempi di Mediobanca, dove almeno comandava un asceta come Cuccia? L’affaire Generali-Natixis è poi inevitabilmente legato a quello tra Unicredit e Commerzbank e, seppure più piccolo, tra Credit Agricole e Banco Bpm
Il 2025 è stato un anno di transizione per Unicredit. La campagna di m&a ha subito una battuta d’arresto per l’opposizione dei governi e la banca ha reagito aprendo nuovi fronti, dalla razionalizzazione delle fabbriche agli accordi all’estero fino all’ingresso nelle Generali. Questi dossier sono ancora aperti e il 2026 potrebbe rivelarsi decisivo per condurli in porto. Un altro snodo della strategia saranno le polizze. Nel 2026 è prevista la fusione tra Unicredit Life Insurance e Unicredit Vita Assicurazioni, un passaggio che completerà l’internalizzazione delle attività bancassicurative vita. Il timone è in mano al responsabile group insurance Alessandro Santoliquido che punta a un progressivo rafforzamento delle fabbriche, riducendo così la dipendenza da partner esterni. Sul ramo danni invece i giochi restano aperti visto che l’accordo con Allianz scadrà solo nel 2027. C’è chi scommette in un annuncio a sorpresa e il presidente di Unipol Carlo Cimbri non ha chiuso a una collaborazione con la banca di Piazza Gae Aulenti: «Noi andiamo avanti per la nostra strada ma in futuro è tutto possibile, io non escludo nulla», ha spiegato di recente. Per gli analisti una partnership tra le due realtà avrebbe senso mentre rimane poco probabile una più ampia operazione di m&a che coinvolga anche Bper, la banca modenese partecipata di Unipol al 19%. Indiscrezioni in tal senso sono circolate più volte sul mercato ma sono state sinora sempre smentite da Unicredit. Un altro fronte aperto è quello delle Generali. Tra la fine del 2024 e l’inizio del 2025 la banca ha costruito una partecipazione significativa nella compagnia triestina, arrivando a detenere il 6,7% e sostenendo in assemblea la lista presentata da Francesco Gaetano Caltagirone.
L’Ocse ha appena limato le stime di crescita dell’Italia. Nel 2025 il pil tricolore salirà dello 0,5%, meno del +0,6% stimato a settembre scorso. Tra le cause dell’anemia italiana ci sono l’aumento dei dazi mondiali, la debolezza dei consumi e la fine dell’effetto di rilancio del Next Generation Eu. La crescita economica ha un impatto rilevante sulle pensioni pubbliche che oggi si basano sul metodo di calcolo contributivo. Questo, per effetto della riforma Dini, si applica in maniera integrale a coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996 e a chi ha iniziato a lavorare prima del 31 dicembre del 1995 e aveva a quella data meno di 18 anni di contributi, con riferimento ai contributi versati dal 1996 (metodo misto). In virtù della riforma Fornero è stato poi esteso anche a chi era nel metodo di calcolo retributivo (chi aveva maturato 18 anni di contributi entro il 1995) per i contributi versati dal 1° gennaio 2012 (cosiddetto contributivo pro rata).
L’Agenzia delle entrate è intervenuta con una specifica risoluzione a fornire chiarimenti sul calcolo dell’anzianità di partecipazione, rilevante ai fini della riduzione dell’aliquota di tassazione dal 15 al 9 % in ragione dello 0,30 per cento per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione sulle prestazioni di previdenza complementare nell’ipotesi in cui si sia iscritti contemporaneamente a più fondi pensione/pip. L’amministrazione finanziaria osserva in premessa come la normativa previdenziale specifica come per determinare la anzianità necessaria per richiedere le anticipazioni e le prestazioni pensionistiche sono considerati utili tutti i periodi di partecipazione maturati dall’aderente per i quali lo stesso non abbia esercitato il riscatto totale della posizione individuale. Il riferimento è alla Rendita integrativa temporanea anticipata (Rita), alle anticipazioni per sostenere spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche a seguito di gravissime situazioni relative all’iscritto, al coniuge e ai figli, al riscatto parziale nella misura del 50% della posizione individuale per inoccupazione tra 12 e 48 mesi.
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Futuro Reale Elite è un prodotto di investimento assicurativo a premi unici ricorrenti, le cui prestazioni si rivalutano in base al rendimento della gestione separata denominata Valuta Reale. Il contratto è a vita intera e la sua durata è pari al periodo compreso tra la decorrenza del contratto e il decesso dell’assicurato. Il periodo di pagamento dei premi ha, invece, una durata predefinita pari a 10 anni. La polizza ha come obiettivo quello di proteggere il capitale e ricercare un incremento dello stesso, con un grado di rischio molto basso. Il prodotto si rivolge a contraenti persone fisiche e giuridiche che intendano attivare un piano di versamenti ricorrenti con un orizzonte temporale di investimento pari almeno a quello raccomandato (14 anni), attribuendo importanza alla protezione del capitale.

Negli ultimi 50 anni l’aspettativa di vita è aumentata di una decina anni, dando origine a una seconda età adulta più lunga e attiva. Una dinamica che sta portando gli over 50 a generare già oggi il 34% del pil mondiale, a detenere quasi metà della ricchezza europea e a rappresentare metà della spesa globale, destinata a salire al 60% entro il 2050. I numeri emergono da uno studio di Allianz e Institute for European policymaking dell’università Bocconi di Milano dedicato alla rivoluzione della longevità e all’ascesa della silver economy. In Francia, Germania e Italia, paesi oggetto dell’analisi, si assisterà a un’espansione significativa delle fasce d’età più mature. Questi macro trend comuni nascondono, tuttavia, percorsi demografici differenti. In Francia, per esempio, la popolazione è più giovane e in crescita, sostenuta da una fecondità relativamente più alta e da una lunga tradizione di politiche familiari. La Germania ha stabilizzato la popolazione attraverso politiche migratorie. L’Italia, dal canto suo, affronta una contrazione demografica più rapida e un processo di invecchiamento più accentuato.
La pensione di scorta potrà avere una durata prestabilita. Infatti, come una sorta di eutanasia previdenziale si potrà programmare per quanto tempo intascare la rendita dal fondo pensione al momento d’iscriversi alla previdenza integrativa. Ad esempio, si potrà decidere di riceverla fino agli 80 anni oppure d’intascarla per 10 anni dopo il pensionamento. A prevedere la novità, a decorrere dal 1° luglio 2026, è un emendamento al ddl di bilancio 2026. Emendamento che, inoltre, porta da 5.164,27 a 5.300 euro il limite di deducibilità annuale dei contributi versati per la previdenza integrativa. L’importo della prestazione annuale verrà calcolato:
– dividendo il montante dei contributi per gli anni di vita residui; oppure
– tramite prelievi fissati tempo per tempo, nel limiti del maturato e non riscosso (prelievi periodici); oppure
– attraverso un’erogazione frazionata del montante per un periodo stabilito liberamente, non inferiore a 5 anni (forma frazionata).
Se il beneficiario muore prima del termine della durata prefissata, il montante residuo sarà riscattato dai soggetti da lui indicati.
L’infortunio negli atleti del 2025 è diventato fisiologico. Oggi un calciatore può giocare oltre 70 partite in una stagione; un tempo servivano tre campionati per arrivare a un numero simile. I problemi fisici, quindi, vanno accettati e gestiti, ma anche moderati, perché un eccesso può compromettere la carriera. A spiegarlo è Riccardo Torquati, presidente della Federazione italiana fisioterapisti dello sport, in un’intervista a ItaliaOggi sulle tendenze attuali in materia di problemi fisici e recuperi nell’attività fisica agonistica di alto livello.

Trasferimento della posizione personale con meno vincoli. Lo prevede una disposizione contenuta nell’emendamento governativo alla legge di Bilancio dedicato alla previdenza complementare. Il testo modificherebbe l’articolo 14, comma 6, del decreto legislativo 252/2025, in base al quale, trascorsi due anni di partecipazione a una forma pensionistica complementare, l’iscritto può trasferire l’intera posizione individuale maturata a un’altra forma pensionistica. Questa facoltà, sempre secondo il Dlgs, non può essere limitata da clausole contenute negli statuti e nei regolamenti dei fondi o dei piani pensionistici. Ma il testo attualmente vigente stabilisce che, in caso di trasferimento, si ha diritto al versamento del Tfr e dell’eventuale contributo del datore di lavoro nella nuova forma pensionistica scelta «nei limiti e secondo le modalità stabilite dai contratti o accordi collettivi, anche aziendali».

Da anni la Covip chiede nelle dovute sedi di rafforzare la tutela del risparmio previdenziale, con l’avvio di un Organismo di risoluzione stragiudiziale delle controversie, come già in essere in Banca d’Italia, Consob e Ivass, dove sono rispettivamente operativi l’Abf (Arbitro Bancario e Finanziario), l’Acf (Arbitro per le Controversie Finanziarie) nonché l’Aas (Arbitro Assicurativo). Per l’Authority preposta alla vigilanza sui fondi pensione l’Arbitro consentirebbe agli iscritti, pensionati e beneficiari, di ottenere decisioni sulle controversie in tempi rapidi, senza i costi derivanti dall’assistenza legale. E ce n’è bisogno. La Covip non ha il potere di dirimere eventuali liti tra le forme pensionistiche complementari e, tanto meno, le casse previdenziali e i singoli iscritti, pensionati e beneficiari, né tra gli iscritti e i datori di lavoro tenuti al versamento dei contributi previdenziali. Una necessità evidenziata anche dal numero crescente di esposti indirizzati alla Covip da iscritti alle diverse forme previdenziali o altri soggetti, volte a richiamare l’attenzione su possibili malfunzionamenti del fondo. Segnalazioni che assumono rilievo per portare all’attenzione dell’Autorità presunte criticità, irregolarità o anomalie, dare origine a un’attività di vigilanza e verificare, sotto un profilo generale, l’effettiva sussistenza di aree di criticità rispetto alle quali attivare interventi volti alla correzione delle disfunzioni rilevate. La Covip non può risolvere nel merito le singole controversie.
I fondi pensione, sono tradizionalmente degli investitori istituzionali chiamati a investire i soldi dei lavoratori, futuri pensionati, al meglio per fornire pensioni di scorta adeguate. Grazie alla loro dotazione patrimoniale, in giro per il mondo questi soggetti sono anche degli influenti investitori istituzionali in grado di condizionare i board delle società verso comportamenti più sostenibili nel business. E in Italia? Per ora il settore non ha sufficiente massa critica per sostenere il Paese e le aziende, anche perché gli investimenti dei futuri pensionati sono ancora molto orientati verso linee moderate, con un elevata componente obbligazionaria. Ma quanto investono in Italia ed è giusto che i denari dei lavoratori vengano usati per sostenere la cosiddetta economia reale del Belpaese?
Sono anni che le Casse di previdenza dei professionisti italiani (20 enti e 1,6 milioni di iscritti) chiedono una riduzione delle imposte sui propri investimenti. L’obiettivo minimo è scendere dal 26 al 20% dell’imposizione sul capital gain. «Continuiamo a pensare che i rendimenti patrimoniali delle Casse di previdenza obbligatoria dovrebbero avere zero tassazione perché è grazie agli investimenti che riusciamo a pagare pensioni senza costi per lo Stato – afferma Alberto Oliveti, presidente Adepp, l’associazione degli enti di previdenza privati –. Finora le condizioni dei conti pubblici non hanno nemmeno consentito di abbassare l’aliquota dal 26% al 20% che viene riservato ai fondi pensione facoltativi». Oliveti, che è anche presidente di Enpam (medici), va però oltre il discorso del semplice taglio delle imposte: «Siccome paghiamo comunque centinaia di milioni di euro di tasse ogni anno, sarebbe desiderabile almeno una fiscalità di scopo per dare ai professionisti iscritti alle Casse qualche vantaggio o diritto sociale che le nostre imposte garantiscono agli altri».
Nel brokeraggio assicurativo italiano è in corso un forte consolidamento, frutto della combinazione di diversi fattori strutturali ed economici. Già a fine 2024, il numero di società di brokeraggio assicurativo è calato del 2,77% con 1.688 società attive. E la tendenza sta continuando anche nel 2025 con molti merger e deal che vedono attivi molti protagonisti del private equity internazionale, da Apax Partners a Carlyle Group (entrati in Pib Group), oltre ai colossi del brokeraggio che da anni fanno shopping. La peculiarità del mercato italiano, storicamente molto frammentato rispetto ad altri Paesi europei (nei confronti dei quali è anche in ritardo nel consolidamento) è che esistono ancora numerose realtà medio-piccole, spesso a conduzione familiare, con una forte specializzazione territoriale o settoriale. In questo panorama, tracciato molto bene da una recente analisi di Mediobanca i fondi di private equity trovano il settore appetibile per operazioni di aggregazione e crescita per linee esterne dove ha senso investire l’abbondante liquidità: tra i fattori di forza ci sono modelli di business ricorrenti, flussi di cassa stabili, margini prevedibili e possibilità di creare valore attraverso sinergie operative e digitalizzazione dei processi.