Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

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Colpo di scena a scalata conclusa di Montepaschi su Mediobanca, operazione con cui Rocca Salimbeni ha conquistato l’86,3% di Piazzetta Cuccia. Dopo le speculazioni del mercato e gli esposti della scorsa primavera del gruppo di Alberto Nagel, la Procura di Milano ipotizza un concerto dietro la privatizzazione della banca senese e il successivo blitz su Mediobanca, e indirettamente sul controllo di Generali.
Se il passato insegnasse qualcosa, la storia potrebbe ripetersi. I vertici francesi di Crédit Agricole, oggi settima banca in Italia, hanno chiarito in modo inequivocabile le loro intenzioni riguardo a Banco Bpm. In primis contribuendo, insieme al discusso uso del golden power da parte del governo, a bloccare il tentativo di scalata di Unicredit; respingendo gli approcci di Andrea Orcel, con la certezza di perdere la storica alleanza nell’asset management tra la propria controllata Amundi e Unicredit, ammesso che fosse possibile prorogarla.Secondo, muovendosi per salire in Banco Bpm al 20% e, potenzialmente, sino al 29,9%. Infine, dichiarando di non essere interessati a ricevere contropartite cash, quali che siano possibili future operazioni. L’interesse del gruppo guidato da Olivier Gavalda è industriale e strategico: crescere ancora in Italia.

Patti chiari per la gestione del whistleblowing nei gruppi societari. La società capogruppo, che gestisce il canale whistleblowing per le società del gruppo, va nominata responsabile del trattamento mediante sottoscrizione di un apposito contratto ai sensi dell’articolo 28 del Gdpr (regolamento Ue sulla privacy n. 2016/679). È quanto ha precisato il Garante della privacy con il provvedimento n. 581 del 9/10/2025, con il quale è stato parere favorevole a due proposte di delibera dell’Anac relative al whistleblowing.
Distruggere dati personali per errore è una violazione della privacy. È questo il principio applicato dal Garante della privacy che, con l’ingiunzione. 587 del 9 ottobre 2025 ha inflitto una sanzione di 70 mila euro a una società che gestisce un ospedale, dove per sbaglio è stato smaltito un campione biologico asportato ad una paziente per un esame istologico. L’interessata ha presentato un reclamo e il Garante ha accertato la commissione di due violazioni. La prima è quella relativa alla distruzione del materiale biologico, la quale costituisce distruzione di dati sanitari. Una improvvida operazione di distruzione di dati è, dunque, punibile, anche se causata da un errore materiale: nel caso specifico c’è stata un’incomprensione tra chirurgo e infermiera di sala con conseguente mancata intesa circa la necessità di procedere all’invio del campione presso il laboratorio di anatomia patologica. Questa mancanza è costata una sanzione di 50 mila euro per la violazione delle misure di sicurezza, previste dal Gdpr (regolamento Ue sulla privacy n. 2016/679), necessarie a garantire l’integrità dei dati personali.

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Nonostante le riforme della previdenza che aumentano l’età per la pensione a 70 per chi comincia a lavorare, l’incidenza della spesa previdenziale sul Pil è destinata a salire. Di fronte all’invecchiamento della popolazione, per mettere in sicurezza il sistema, bisognerebbe aumentare le donne e gli anziani che lavorano. Questa, in sintesi, l’analisi riservata all’Italia nel rapporto dell’Ocse, «Pensions at a glance». In Italia, oggi l’età legale per la pensione di vecchiaia è di 67 anni, ma salirà, per effetto degli adeguamenti alla speranza di vita, a 70 nel 2067, secondo le stime della Ragioneria generale. Un aumento analogo o superiore, dice il rapporto dell’Ocse, si avrà in Danimarca, Olanda, Svezia. Invece l’età effettiva di uscita dal lavoro è in Italia di 63,3 anni, contro la media Ocse di 64,2 anni. Di qui la raccomandazione di «limitare le opzioni di pensionamento anticipato».
Il governo si prepara ad inasprire il prelievo fiscale straordinario su credito e assicurazioni per far quadrare i conti della manovra di bilancio. Stavolta, però, senza l’accordo del comparto finanziario, o almeno delle banche, che aveva già concordato con l’esecutivo un contributo di 9,5 miliardi al bilancio pubblico nel prossimo triennio. La nuova stretta dovrebbe valere circa un miliardo, 600 milioni dall’aumento dell’Irap su banche e assicurazioni di 2,5 punti (non più 2), il resto da un aumento delle tasse sull’assicurazione per i conducenti dei veicoli. Per la quadratura del cerchio si pensa anche di recuperare le maggiori imposte sui premi per l’assicurazione dei conducenti dei veicoli, finora tassati al 2,5%, invece che al 12,5% come pretende l’Agenzia delle Entrate. Per il futuro il costo si scaricherebbe sui clienti, ma il governo punterebbe anche a recuperare 10 anni di arretrati (si parla di un miliardo di gettito possibile). Per evitare che il costo della stretta su banche e assicurazioni finisca per pesare sui cittadini, ad ogni buon conto, il Pd ha presentato un emendamento alla legge di Bilancio che lo vieta
È la conseguenza dell’articolo 33 del Ddl semplificazioni approvato in via definitiva. La nuova norma prevede che nel caso in cui la donazione di un immobile abbia leso la quota legittima di uno o più eredi, questi si possano rivalere sul donatario e non più sul terzo acquirente dell’immobile. Ipotizziamo per semplicità che un genitore vedovo doni in vita una casa a uno dei suoi tre figli e che deceda senza testamento. Se calcolando il valore complessivo dei beni del defunto, comprendendo nel computo anche la casa donata, emergesse che quella casa donata vale più di un terzo del totale, fino a oggi gli altri due figli potevano addirittura chiedere al terzo acquirente la restituzione del bene, sulla base di quanto previsto dal codice civile. Un rischio tutt’altro che teorico, che rendeva problematica la vendita delle case donate e anzi pressoché impossibile nel caso in cui l’acquirente avesse bisogno di un mutuo, a meno che non si stipulasse un’apposita polizza assicurativa. Le banche infatti, senza la certezza assoluta sulla proprietà del bene ipotecato, non concedono il finanziamento. Ora invece, per tornare al nostro esempio, i due figli che hanno ricevuto meno mantengono il diritto a essere tutelati ma si possono rivalere solo sul fratello e non sull’acquirente della casa, che può quindi disinteressarsi delle questioni familiari del venditore. La norma ha avuto un iter complesso, era stata introdotta dal disegno di Legge di Bilancio 2024 per poi saltare nel corso dell’iter parlamentare di approvazione, anche perché, per dirla senza eufemismi, questa modifica tranquillizza le banche ma non piace alle assicurazioni. I notai segnalano in una loro nota che ogni anno vengono effettuati in Italia oltre 200 mila atti di donazione.

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È almeno dal 2019 che le mosse della Delfin e quelle di Francesco Gaetano Caltagirone
vanno in parallelo e si incrociano nei momenti cruciali, come le assemblee di Mediobanca e Generali. Una sfida piena di accuse reciproche con l’ex ad di Piazzetta Cuccia, Alberto Nagel, che ora l’inchiesta di Milano rimette in discussione. Del Vecchio ha cominciato a comprare azioni Mediobanca nel 2018 dopo che la sua proposta di sviluppo dello Ieo (Istituto europeo di oncologia) non è stata accolta dagli altri soci che volevano restare fedeli all’idea originaria di Enrico Cuccia e Umberto Veronesi. L’affronto è stato tale che il patron di Luxottica si mise a scalare la stessa Mediobanca per prenderne il controllo ed estrometterne i manager che avevano opposto il gran rifiuto, Alberto Nagel e Renato Pagliaro. Il malcontento sulla centralità del potere di Mediobanca, sia Caltagirone che Del Vecchio lo avevano già riscontrato in Generali, dove entrambi erano azionisti al 2% fin dalla seconda parte del decennio 2010. I due, senza alcun accordo scritto, si erano però spartiti i compiti: Del Vecchio su Mediobanca mentre Caltagirone si sarebbe occupato di Generali. E in effetti è stato così, la Delfin dopo aver acquisito un pacchetto di azioni da Unicredit che aveva smobilizzato il suo 7% di Mediobanca, continuò negli acquisti arrivando fino al 20%. Caltagirone seguiva a ruota comprando piccoli quantitativi di azioni Generali e Mediobanca stando ben attento a non spendere troppo e a reinvestire i succosi dividendi che incassava
grazie alla gestione di Nagel e Philippe Donnet.

L’inchiesta della Procura di Milano sulla scalata di Mediobanca da parte di Mps rischia di scuotere la galassia che controlla le Generali e mettere così a rischio, o quantomeno indebolire, equilibri che sembravano oramai consolidati a Trieste. L’indebolimento degli assetti azionari della compagnia rimette così tutto in discussione e arriva peraltro in un momento cruciale per le Generali, alle prese nelle prossime settimane con la definizione della delicata partita Natixis e, in rapida successione, con la scelta dell’assetto definitivo al vertice del gruppo assicurativo, guidato oggi dal Ceo Philippe Donnet. Un appuntamento chiave è rappresentato dal consiglio di amministrazione delle Generali in agenda il 19 dicembre, quando il board sarà chiamato a decidere se proseguire o meno sul fronte dell’alleanza con il gruppo francese. La Commissione europea ha infatti inviato al governo italiano una lettera di messa in mora per l’utilizzo della normativa varata per tutelare la sicurezza nazionale, quella relativa ai poteri di Golden Power.