Con la sentenza n. 170/2025, pubblicata il 25 novembre 2025, la Corte Costituzionale estende al settore della responsabilità sanitaria il principio – già affermato in materia di RCA e caccia – secondo cui l’imputato può citare nel processo penale l’assicuratore quale responsabile civile

di Samuele Marinello

L’intervento della Corte Costituzionale colma un vuoto normativo che creava una disparità irragionevole tra processo penale e processo civile e ribadisce la “funzione plurima” della garanzia assicurativa a tutela sia del danneggiato che del professionista sanitario. La sentenza n. 170/2025 segna così un nuovo e rilevante passaggio nell’evoluzione giurisprudenziale che ruota attorno all’art. 83 c.p.p. e alla possibilità per l’imputato di chiamare in causa l’assicuratore nel processo penale.

Dopo le storiche pronunce n. 112/1998 (RCA) e n. 159/2022 (caccia), la Corte costituzionale affronta ora il tema nell’ambito della responsabilità sanitaria, dichiarando l’illegittimità della norma nella parte in cui non consente al medico imputato di citare l’assicuratore della struttura sanitaria (o il proprio assicuratore, se libero professionista) quando la copertura sia obbligatoria per legge.

Il caso trae origine da un processo per omicidio colposo a carico di un dirigente medico, chiamato a rispondere della morte di un paziente. Costituitisi parte civile i congiunti della vittima, la difesa del medico chiedeva la citazione dell’assicuratore della struttura sanitaria quale responsabile civile. Il giudice rimettente rilevava però che l’art. 83 c.p.p. non attribuisce all’imputato tale facoltà, salvo le due eccezioni già introdotte dalle decisioni del 1998 e del 2022. Da qui la questione di costituzionalità, fondata sull’art. 3 Cost. per disparità di trattamento tra imputato nel penale e convenuto nel civile.

La Consulta riconosce che l’assicurazione prevista dall’art. 10 legge n. 24/2017 svolge una funzione di garanzia a un duplice livello:

  • tutela il paziente danneggiato, che può agire direttamente contro l’assicuratore (art. 12 legge Gelli-Bianco);
  • tutela il medico assicurato, che ha diritto a essere manlevato dalle pretese risarcitorie e a una copertura che riduca l’esposizione patrimoniale e i rischi legati alla medicina difensiva.

Poiché questa struttura è identica – sotto il profilo funzionale – a quella presente nella RCA e nella caccia, la Corte estende coerentemente la propria precedente giurisprudenza: quando il rapporto assicurativo è imposto ex lege e attribuisce un ruolo protettivo anche all’imputato, è irragionevole che la possibilità di chiamare il responsabile civile dipenda dalla scelta della parte civile di agire nel penale o nel civile.

Con la conseguenza che la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 83 c.p.p.:

  • per i medici strutturati, relativamente all’assicurazione obbligatoria posta a carico della struttura sanitaria (art. 10, co. 1, terzo periodo);
  • in via consequenziale, per i medici liberi professionisti (art. 10, co. 2), evitando così una disparità di trattamento interna alla stessa categoria professionale.

La pronuncia avrà un impatto significativo sul contenzioso penale in materia sanitaria:

  • rafforza la posizione difensiva del medico imputato, che può coinvolgere sin da subito l’assicurazione;
  • favorisce la concentrazione del giudizio, evitando successive azioni di regresso e di manleva;
  • tutela la vittima, garantendo la presenza in giudizio del soggetto che corrisponderà il risarcimento;
  • alleggerisce la pressione sul personale sanitario, coerentemente con gli obiettivi della legge Gelli-Bianco di ridurre la medicina difensiva.

A livello sistematico, la sentenza conferma l’approccio evolutivo della Corte: l’art. 83 c.p.p., nella sua formulazione originaria è ormai superato ma sarà forse compito del legislatore intervenire organicamente sul tema.

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