Secondo la ricerca di Changes Unipol, a cura di Kkienn Connecting People and Companies, quasi la metà dei giovani lascia i propri risparmi sul conto corrente e rinuncia a investire: pesa la scarsa educazione finanziaria e la paura di sbagliare. 

I giovani italiani restano diffidenti verso gli strumenti finanziari e previdenziali. Nonostante la consapevolezza dell’importanza del risparmio, rinunciano a investire, secondo quanto emerge dal focus “giovani, risparmio e previdenza” dell’Osservatorio GenerationShip 2025 di Changes Unipol, a cura di Kkienn Connecting People and Companies.

Giovani e risparmio non sono di norma un buon binomio, tanto più in un contesto in cui il 44% dei lavoratori under 35 guadagna meno di 1.500 euro netti al mese e uno su quattro non è economicamente autosufficiente. Per le donne, la situazione è più critica: più della metà (56%) percepisce meno di 1.500 euro e un terzo non riesce a mantenersi senza l’aiuto della famiglia. Tale situazione, oltre alla precarietà, costringe molti a rinviare le scelte di lungo termine: il 76% ritiene che la mancanza di stabilità economica sia la principale ragione per cui si rinuncia a costruire una famiglia.

Nonostante questo, i giovani si mostrano consapevoli e reagiscono con senso di responsabilità: Il risparmio (43%), insieme alla cura di sé, alla formazione e all’equilibrio tra vita e lavoro, diventa la loro principale strategia di protezione. Più che confidare in aiuti esterni, i giovani (16-35 anni) puntano sull’autoefficacia personale: lavorare sodo (30%), mantenersi in salute (38%), aggiornarsi (26%) e costruire relazioni professionali (24%). È una generazione che sa che “lavorare e risparmiare” non basta più: il futuro richiede competenze, consapevolezza e resilienza. Le donne mostrano un approccio più prudente e tradizionale, centrato sul risparmio (46%), mentre gli uomini tendono a interpretare il risparmio in chiave più attiva, come opportunità e investimento a lungo termine (21%).

Il 78% dei giovani considera importante risparmiare (contro l’85% degli adulti), ma ne riconosce il valore soprattutto come strumento di sicurezza. L’immagine del risparmio come sacrificio e rinuncia viene reinterpretata in chiave positiva come una forma di autodisciplina che consente di costruire indipendenza. Pur con risorse limitate, i giovani risparmiano una quota media del 15,9% del reddito, contro l’11,8% degli adulti. Tuttavia, le somme accantonate sono modeste in valore assoluto e spesso restano ferme: il 41% “parcheggia” il denaro su conti correnti o conti deposito, e solo un giovane su quattro utilizza strumenti di investimento o previdenza. Le donne risparmiano prima, ma meno, frenate da retribuzioni in media più basse.

Il 67% dei giovani teme il collasso del sistema pensionistico, più del cambiamento climatico (58%) o dell’instabilità lavorativa (58%). Molti sono consapevoli che dovranno lavorare fino a 70 anni e che la pensione pubblica non garantirà loro un tenore di vita dignitoso (al netto dell’inflazione, in media, un giovane percepirà una pensione di circa 750-900 euro al mese pari a circa il 45-50% dell’ultimo reddito). Eppure, la previdenza integrativa resta lontana: quasi la metà dei giovani (43%) non sa cosa sia e solo il 9% dichiara di sentirsi davvero informato. La conseguenza è un tasso di adesione molto basso: meno di un quarto di chi risparmia ha sottoscritto un fondo pensione o un piano integrativo; tra le ragazze, la quota scende al 19%. Il problema principale non è solo la mancanza di risorse, ma il fatto che la previdenza è percepita come complessa, lontana e poco attraente.

Il passaggio dalla consapevolezza all’azione è debole e frammentato. Il primo ostacolo è informativo: due terzi dei giovani non hanno mai cercato né ricevuto informazioni su prodotti di risparmio o previdenza. Quando il contatto avviene è soprattutto offline, tramite operatori tradizionali, ma l’esperienza non è sempre soddisfacente: molti lamentano approcci troppo commerciali e poco consulenziali. Solo un giovane su tre ha avuto esperienze dirette con un operatore del settore; tra questi, la preferenza resta per il contatto personale, ma cresce l’apertura verso soluzioni digitali e consulenti indipendenti, specie tra chi non ha ancora avuto interazioni.

La scarsa conoscenza dei prodotti finanziari e previdenziali è una delle principali barriere. Solo il 48% dei giovani conosce almeno di nome strumenti come fondi pensione o conti deposito, ma il 38% di chi li conosce dichiara di non saperne abbastanza per interagire con un consulente. Ciononostante, c’è una domanda latente di formazione: quasi il 70% dei giovani si dice interessato a migliorare la propria educazione finanziaria, con una forte apertura verso banche (42%), assicurazioni (28%) e consulenti indipendenti (38%). La preferenza va ai percorsi in presenza (62%) e condotti dal proprio consulente (51%), più che ai contenuti online. La credibilità delle assicurazioni come soggetto formatore è più alta tra i giovani e tra le donne (29%).