Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

Risultati in crescita per Generali Assicurazioni nei primi nove mesi del 2025. L’utile netto normalizzato del gruppo assicurativo è salito a 3,3 miliardi (+14%) grazie alla forte performance operativa. Il risultato operativo è aumentato in particolare a 5,9 miliardi (+10,1%), trainato soprattutto dall’andamento del ramo Danni (+23,9%), arrivato a 2,7 miliardi. Il cfo Borean ha dato anche aggiornamenti sulle trattative con Natixis per creare una joint venture nell’asset management che appaiono in salita. Le discussioni proseguiranno fino a fine anno.
La Banca d’Italia di Fabio Panetta non fa sconti alle sue vigilate. Dopo una lunga sequenza di azioni correttive, sanzioni e commissariamenti la lente di Via Nazionale è ora puntata su Azimut Capital Management, la sgr controllata al 100% da Azimut Holding, il gruppo milanese di risparmio gestito quotato a Piazza Affari. Su richiesta di Consob nella notte di giovedì 13 la capogruppo ha rivelato i pesanti risultati di un’ispezione condotta tra il 10 marzo e il 13 giugno di quest’anno. Al termine dell’accertamento, spiega la nota, «è emerso un quadro connotato da rilevanti carenze di governance e organizzative. Risulta quindi necessario che l’intermediario avvii con tempestività un’incisiva azione di rimedio volta a rimuovere le carenze riscontrate e a definire un assetto di governo e di controllo compatibile con la complessità operativa dell’intermediario e del gruppo». Il piano sarebbe atteso entro il 30 novembre. I rilievi sono costati ieri in borsaalla capogruppo uno scivolone del 10% a 32,59 euro con volumi circa 26 volte maggiori della media.
«Non è la prima seduta di borsa complicata nella storia di Azimut, che quest’anno ha tagliato il traguardo dei 21 anni dalla quotazione. Già nel 2004, al primo giorno di contrattazioni, piovve addosso al titolo un’ondata di vendite che lo fece sospendere per eccesso di ribasso. Saltuariamente queste situazioni si presentano, ci risolleveremo anche questa volta». Con la determinazione che lo contraddistingue il fondatore e presidente di Azimut, Pietro Giuliani, affronta le traversie del momento e precisa alcuni aspetti della delicata questione.
La finanza come leva per lo sviluppo, in grado di veicolare il capitale verso l’economia reale del Paese, è stato il tema portante affrontato da un evento organizzato giovedì 13 novembre in Università Cattolica dall’Associazione Nazionale per lo Studio dei Problemi di Credito (Anspc). Non sono mancati gli affondi contro un sistema Europa che soffoca e scoraggia la vita delle imprese, «frenando imprenditorialità e capacità competitive», ha sottolineato il presidente dell’Anspc, Ercole Pellicanò, secondo cui «ci troviamo in contesto di crescita zero e non dobbiamo accontentarci». Ne consegue che «non è possibile accettare conti in ordine, ma avere un’economia in affanno. Preoccupa infatti la limitata produttività del sistema: dal 2003-2023 la produttività italiana è cresciuta solo 2,5%, mentre in Germania del 16% e in Spagna del 18%»
La disuguaglianza economica percepita è aumentata in tutta l’Eurozona a causa dell’alta inflazione registrata tra il 2021 e il 2023, ma in nessun Paese è salita come in Italia, secondo quanto emerge da un sondaggio della Bce. In media il 73% delle famiglie nell’area euro ritiene che le disuguaglianze siano aumentate «poco» o «molto» dall’inizio dell’impennata inflazionistica. Solo il 5% degli intervistati ritiene che le disuguaglianze siano diminuite. Di conseguenza la percentuale netta per l’Eurozona è del 68%. Per l’Italia questo valore arriva al 79%, il dato più alto tra tutti gli altri Stati europei. La Francia si ferma al 75%, la Germania al 65%. L’analisi Bce non entra nel dettaglio dei singoli Paesi, ma è possibile pensare che in Italia si siano manifestate con maggior forza le tendenze visibili nell’area. Gli economisti hanno rilevato uno scollamento tra la percezione della disuguaglianza e le misurazioni attraverso indicatori (come il coefficiente di Gini e il tasso di rischio di povertà) che sono rimasti sostanzialmente stabili tra il 2022 e il 2025, anche perché i meccanismi di redistribuzione hanno attutito lo shock per le fasce più vulnerabili.
Poste Italiane ha chiuso i primi nove mesi dell’anno con i migliori risultati dalla quotazione, avvenuta nell’ottobre 2015: l’utile netto è stato di 1,8 miliardi (+11% sullo stesso periodo 2024) e i ricavi sono saliti a 9,6 miliardi (+4%). Il risultato operativo (ebit adjusted) è cresciuto del 10% a 2,5 miliardi. La spinta più forte è arrivata dai servizi assicurativi, il cui risultato operativo è stato di 1,17 miliardi, in crescita del 9,4%. Subito dopo i servizi finanziari, che hanno registrato un ebit adjusted di 790 milioni e l’incremento più significativo (+23%), poi Poste Pay (416 milioni, +9,3%) e la corrispondenza e i pacchi (137 milioni, -25,1%). Intanto i clienti retail di Poste Energia per luce e gas hanno raggiunto quota 950.000, in linea con l’obiettivo di 1 milione di clienti entro fine 2025, mentre è stata completata la migrazione alla super app che viene utilizzata da 15 milioni di clienti, con 4,1 milioni di utenti attivi su base giornaliera a novembre.

Privacy sul viale del tramonto. Le tutele del regolamento europeo n. 2016/679 (Gdpr) destinate di fatto ad essere disinnescate: basterà usare dati non identificativi o pseudonimi e le norme sulla riservatezza non si applicheranno più. Inoltre, si darà mano libera alle Intelligenze artificiali (IA): i robot potranno addestrarsi con i dati, anche sensibili, delle persone senza chiedere il consenso a nessuno. Sono queste le rivoluzionarie novità che la Commissione Ue sta studiando di introdurre in una proposta di regolamento, che costituirà un “testo unico” delle norme sul digitale (si parla di pacchetto “digital omnibus”). Il provvedimento si inserirà in una campagna di semplificazione ad ampio raggio: ieri, ad esempio, il Parlamento Ue ha adottato la sua posizione sull’ ”Omnibus I” in materia di rendicontazione sulla sostenibilità e obblighi di due diligence per le imprese. Tornando al digitale, la bozza di proposta del relativo “Omnibus”, nel testo diffuso dall’associazione Noyb, cambia radicalmente i connotati del Gdpr.
Bilanci di sostenibilità solo per le grandi imprese, due diligence limitata ai colossi sopra i 5.000 dipendenti, stop al piano di transizione climatica e responsabilità delle violazioni affidata alle normative nazionali. Arriva anche un portale digitale unico dell’Ue con modelli e linee guida gratuite per semplificare gli adempimenti. Sono queste le principali novità della posizione negoziale approvata dal parlamento Ue sulle modifiche alla Csrd e Csddd nel pacchetto “Omnibus I”. Confermata la forte semplificazione indicata dalla commissione JURI. Sul fronte Csrd, l’obbligo di redigere il bilancio di sostenibilità riguarderà solo le imprese con oltre 1.750 dipendenti e 450 milioni di fatturato, un perimetro più ristretto rispetto alla proposta iniziale della Commissione. Solo queste aziende dovranno fornire informazioni anche secondo la Tassonomia Ue. Gli Esrs saranno alleggeriti, meno datapoint, minori dettagli qualitativi e rendicontazione settoriale volontaria. Le pmi restano escluse e i partner più grandi non potranno richiedere altri dati. Confermato il portale digitale unico dell’Ue.
All’avvocato pensione ridotta anche se è la Cassa che ha sbagliato. I redditi da considerare per calcolare il trattamento di vecchiaia sono solo quelli coperti da «contribuzione effettivamente versata»: se dunque è stato applicato un coefficiente di rivalutazione Istat inferiore a quello dovuto, l’assegno di quiescenza va quantificato in base a quello minore applicato e non in base al maggior coefficiente spettante; ciò che conta è il reddito Irpef rivalutato, mentre non c’è automaticità delle prestazioni da parte della Cassa forense. Così la Corte di cassazione civile, sez. lavoro, nell’ordinanza n. 29679 del 10/11/2025.
Si allargano le maglie della Gestione separata Inps. Dovranno iscriversi alla stessa sia i titolari dei nuovi contratti di ricerca sia gli addetti delle gare ippiche. I primi pagheranno un’aliquota complessiva del 35%, mentre i secondi del 27%, ma con le agevolazioni previste dalla riforma del lavoro sportivo (dlgs 36/2021). È quanto sancito dall’Inps nella circolare n. 142 del 12 novembre
La disciplina del codice appalti sull’assicurazione dei dipendenti pubblici che svolgono funzioni di progettazione o di verifica dei progetti, deroga al divieto generale di stipula di coperture assicurative per limitare la responsabilità per danno erariale; tale deroga è di stretta applicazione e non coinvolge altre figure come il responsabile unico del progetto (RUP), quando esso non sia anche progettista; la copertura prevista dal codice appalti esclude però i fatti dolosi posti in essere dal dipendente pubblico. Lo ha precisato la Corte dei conti con la deliberazione della sezione regionale di controllo per la Toscana, del 7/11/2025 n. 167/2025/PAR in merito alla corretta interpretazione delle norme in materia di obbligo di copertura assicurativa dei dipendenti pubblici prevista dal codice appalti e in particolare ai rapporti tra la disciplina speciale del d. lgs. 36/2023 ed il generale divieto di stipulare contratti assicurativi aventi ad oggetto la copertura della responsabilità amministrativo contabile per danni causati all’erario.
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