di Filippo De Bellis. 

L’Ufficio Studi della CGIa di Mestre ha realizzato uno studio, su dati Inps-Istat, che ha preso in considerazione per il 2024 il rapporto tra il numero delle pensioni erogate e quello degli occupati per l’intera Italia, per Nord, Centro e Sud, per le Regioni e per le Provincie.

Un fenomeno non nuovo, ma in aumento: a livello Sud e Isole nel 2024, infatti, secondo i dati raccolti dallo studio, le pensioni pagate sono state 7,3 milioni a fronte di 6,4 milioni di occupati, Puglia in testa con un disequilibrio di ben 231.000 a sfavore dei lavoratori. Dall’altro lato di questa graduatoria abbiamo invece la Lombardia con 803.180 occupati più delle pensioni pagate, seguita da Veneto, Lazio, Emilia-Romagna e Toscana. Scendendo a livello di provincie spicca Lecce con 90.306 pensioni più degli occupati, seguita da Reggio Calabria, Cosenza, Taranto e Messina.

 

Lo studio precisa, inoltre, che al Sud prevalgono non le pensioni a fine età lavorativa, bensì quelle assistenziali e di invalidità. Le cause di questa situazione, tutta (o quasi) meridionale, consistono in denatalità, con il conseguente invecchiamento della popolazione, maggiore disoccupazione rispetto alle medie UE, e la forte rilevanza del lavoro nero: tutti fattori che nella loro combinazione creano un fenomeno perverso di decremento dei lavoratori impiegati e incremento della schiera dei pensionati. Dicevamo ‘quasi’ perché è un fenomeno che si sta estendendo anche alle provincie settentrionali come Savona, Genova, Ferrara e altre 5, e che non rimane confinato all’Italia ma che attanaglia sempre più i paesi occidentali. Delle 107 provincie d’Italia solo 59 sono in saldo positivo per lavoratori attivi vs assegni pagati, e tra queste ve ne sono cinque del Sud e Isole: la più attiva Ragusa, seguita da Cagliari, Bari, Pescara e Matera.

Il fenomeno poi dell’età avanzata dei lavoratori privati, il c.d. indice di anzianità pari al rapporto tra lavoratori con più di 55 anni di età e quelli con meno di 35 la cui media in Italia è 65,2, colpisce soprattutto il Sud e Isole tanto che la Basilicata ha un indice di 82,7, cioè su 100 lavoratori ben 82,7 hanno più di 55 anni, seguita da Sardegna, Molise, Abruzzo e Liguria. Dall’altra parte, cioè sotto la media nazionale di 65,2, troviamo invece Emilia-Romagna con 63,5 seguita da Campania, Veneto, Lombardia e Trentino Alto Adige che spicca per il suo 50,2.

Con l’aumento dei pensionati, fermi gli occupati, nel futuro prossimo la spesa pubblica, per le pensioni in particolare, è destinata a crescere con forti ricadute sui conti pubblici e sugli equilibri economico-sociali, a meno che non si adottino forti misure sia per far emergere il lavoro nero, sia per favorire l’impiego stabile di giovani e donne che in Italia rimangono fortemente svantaggiati.

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