Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

La Bce ha imposto per la prima volta una sanzione periodica legata ai rischi climatici di una banca europea. Francoforte ha inflitto una sanzione di 188 mila euro alla spagnola Abanca per il mancato rispetto di una richiesta Bce che a dicembre 2023 aveva imposto all’istituto di valutare la rilevanza dei rischi climatici e ambientali (il cosiddetto «materiality assessment»). La Vigilanza ha chiesto allora alla banca di rafforzare l’identificazione dei rischi rilevanti a cui era esposta e ha segnalato l’accumulo di sanzioni pecuniarie periodiche in caso di mancato rispetto del requisito entro marzo 2024. Le penalità periodiche maturano per ogni giorno di violazione. Abanca non ha soddisfatto la richiesta sulla valutazione di «materialità» per 65 giorni nel 2024.
Entra nel vivo la gara assicurativa per diventare partner di Banco Desio nel ramo Danni. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza sarebbero tre le compagnie selezionate dalla banca guidata dall’amministratore delegato Alessandro Decio per accedere alla seconda fase: Italiana Assicurazioni, del gruppo Reale Mutua, la svizzera Helvetia e la tedesca Allianz. Il nuovo accordo sul ramo Danni dovrebbe avare una durata di sette anni, pari quindi a cinque anni pieni considerando la scadenza del 2027 della partnership con Helvetia.
Azimut archivia il mese di ottobre con 1,8 miliardi di euro di raccolta, che portano il totale da inizio anno a 17,1 miliardi, avvicinando la holding di risparmio gestito presieduta da Pietro Giuliani all’obiettivo comunicato al mercato per l’intero 2025 e fissato in una forbice tra 28 e 31 miliardi. Forte della raccolta mensile, le masse del gruppo hanno raggiunto un nuovo massimo storico: 126,7 miliardi, in crescita del 18% da gennaio. Grazie anche al contesto positivo di Piazza Affari, ieri il titolo ha superato per la prima volta nella storia la soglia dei 36 euro per azione, per poi chiudere a 35,81 euro, in rialzo dell’1,6%.
L’intenzione è semplificare e ridurre i rischi, ma il risultato potrebbe essere l’opposto. La questione è quella che riguarda gli immobili oggetto di donazione tutelati finora dal diritto reale: 3 milioni di beni, pari a poco meno del 5% dello stock abitativo nazionale che stanno per cambiare regime. Il disegno di legge Semplificazione, che è già stato approvato al Senato e che è ora all’esame della Camera prevede che il diritto degli eredi legittimi, lesi dalla donazione ad altri, sia trasformato da diritto alla restituzione del bene (reale) a diritto di credito contro il donatario. Gli eredi, in altre parole, non potranno più chiedere indietro il bene, bloccando la vendita dell’immobile, ma potranno esclusivamente richiedere la restituzione del valore monetario al donatario e, nel caso in cui questo non abbia disponibilità, all’acquirente dell’immobile. Ma l’effetto potrebbe essere il contrario perché il mercato delle abitazioni donate, in questi anni, si era già di fatto sbloccato con la diffusione di polizze che, a un costo medio di 1.000 euro per una copertura di 20 anni, tutelano l’acquirente e le banche che sugli immobili hanno concesso ipoteca, come pure gli eredi danneggiati che ora appaiono invece più fragili.

Scatta lo stop alla condanna per bancarotta fraudolenta documentale a carico dell’amministratore della società poi fallita, pronunciata perché “non poteva non sapere”, un principio «estraneo al nostro ordinamento penale». Il dolo del reato, infatti, non si può dedurre in automatico dalla mera irregolarità o mancanza delle scritture contabili né dalla posizione formale dell’imputato, specie se è una “testa di legno” che mai si è occupato dalla gestione: bisogna invece dimostrare che l’amministratore ha agito con la coscienza e la volontà di impedire, o complicare molto, la ricostruzione del patrimonio oppure proprio con l’obiettivo di danneggiare i creditori nel caso della sottrazione volontaria o dell’omessa tenuta delle scritture contabili. Così la Corte di cassazione, sez. quinta, nella sentenza n. 36575 del 10/11/2025.

Sono passati dieci anni dalla firma degli Accordi di Parigi, la Magna Carta della lotta al cambiamento climatico. E l’atmosfera che si respira a Cop30, la trentesima dall’adozione della Convenzione quadro delle Nazioni Unite al Summit della Terra di Rio nel 1992, non è più la stessa. L’imminente uscita degli Stati Uniti, la priorità data alla geopolitica militare e l’indebolimento del multilateralismo preannunciano un percorso in salita per i 50.000 delegati. Ma tra buone e cattive notizie (qui mescolate in un equilibrio di chiaroscuri) siamo ben lontani dal fallimento decretato già dagli scettici.
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