Secondo l’ultimo studio di Coface, quasi 9 aziende francesi su 10 stanno affrontando ritardi di pagamento, la maggior parte di esse segnala addirittura un peggioramento del problema, sullo sfondo delle tensioni economiche e commerciali internazionali. Tutto ciò mette a dura prova la loro liquidità.

Nel 2025, il 97% delle imprese francesi concede termini di pagamento ai propri clienti, confermando che questa pratica è profondamente radicata nell’economia. Il termine medio di pagamento è di 49,7 giorni, superiore rispetto a Germania (32 giorni) e Polonia (46 giorni). Sebbene questi termini favoriscano l’attività e le relazioni commerciali, possono indebolire il flusso di cassa delle imprese quando diventano troppo lunghi o non vengono rispettati, esponendo in particolare microimprese e PMI.

L’86% delle aziende francesi dichiara di aver registrato ritardi di pagamento negli ultimi 12 mesi (rispetto all’82% nel 2023 e all’85% nel 2024). Questo fenomeno colpisce tutti i settori, con una percentuale particolarmente elevata tra le microimprese: più della metà considera ormai “critico” l’impatto sulla propria liquidità.

I ritardi sono più lunghi e frequenti, con conseguenze drammatiche sulla salute finanziaria delle imprese. Malgrado la durata media dei ritardi sia rimasta stabile a 39,5 giorni, il 44% delle aziende ha registrato ritardi superiori a un mese. Le microimprese risultano particolarmente vulnerabili, con ritardi medi di 44 giorni, rispetto ai 36 giorni delle grandi imprese.

Ancora più preoccupante è il fatto che il 42% delle aziende attribuisce questi ritardi alle difficoltà finanziarie dei propri clienti, rivelando un circolo vizioso che indebolisce l’intero tessuto imprenditoriale. In questo contesto, il 33% delle imprese prevede un ulteriore deterioramento dei ritardi di pagamento nei prossimi 12 mesi, in particolare nei settori trasporti, edilizia e automotive.

Tale inasprimento si riflette in un continuo aumento delle insolvenze d’impresa. Nei primi otto mesi del 2025, sono state registrate 42.505 insolvenze, un livello record che supera del 37% quello pre-Covid. Anche le conseguenze che ne derivano stanno aumentando vertiginosamente: si stimano 3,6 miliardi di euro di debiti verso i fornitori e 173.000 posti di lavoro a rischio.

Di fronte alle tensioni commerciali con gli Stati Uniti, l’84% delle aziende intervistate sta già riscontrando l’impatto dei dazi doganali. Un quarto di esse ha ridotto i propri margini e registra un incremento dei costi di produzione. Quasi il 20% prevede un calo dei volumi delle esportazioni verso il mercato statunitense, e molti progetti di investimento sono stati sospesi. Metalli, automotive, trasporti e chimica sono i settori più colpiti.

In questo contesto, le imprese francesi prevedono un rallentamento dell’attività nel 2026, sia a livello domestico che internazionale. Sebbene alcune rimangano ottimiste circa la propria redditività, le prospettive in termini di liquidità sono poco favorevoli, in particolare per le microimprese e i settori dei trasporti, delle costruzioni e del turismo. Attualmente in Francia, lo scenario politico e sociale è la principale fonte di preoccupazione, prima ancora delle difficoltà di assunzione e le tensioni geopolitiche.