Previdenza: il ruolo degli agenti dei fondi e delle assicurazioni
di Francesco Sottile
Nel corso della settima edizione del Festival delle Assicurazioni e della Previdenza, tenutosi nei giorni scorsi e organizzato da MF-MilanoFinanza in collaborazione con Accenture e ASSINEWS, si è parlato tra gli altri argomenti di previdenza complementare. Un tema più che mai oggetto di discussione in questo momento storico, che vede tutti gli stakeholders impegnati a riflettere e valutare possibili riforme.
In occasione della tavola rotonda – che vede la partecipazione di Sergio Corbello – Presidente Assoprevidenza – e Andrea Lesca – Amministratore Delegato e Direttore Generale, Intesa Sanpaolo Insurance Agency – si è fatto il punto della situazione, ponendo anche l’accento su una possibile obbligatorietà della previdenza complementare.
Secondo Sergio Corbello, “il nostro paese non è tipologicamente strutturato per seguire il paradigma americano, o comunque tipico dei paesi anglosassoni; dal 1991 ad oggi c’è stato un grande sviluppo del mercato finanziario, ma la borsa non ha fatto grandi passi avanti, perché la caratteristica del paese è quella di microaziende: questi sono due concetti (borsa e microaziende) difficilmente sposabili. In questo contesto anche il mercato del lavoro, che è la base della previdenza complementare, ha difficoltà a sviluppare dei fondi pensione”.
Sul tema della volontarietà di adesione: “si è andati su una volontarietà “atomistica”, e questo non ha comportato grande sviluppo. Da un lato nel nostro Paese manca una cultura previdenziale, perché manca una cultura finanziaria”.
Un pensiero va anche sulla necessità di modifica dell’attuale schema delle rendite nei fondi pensione, e in particolare sul meccanismo di conversione del montante: “la previdenza complementare è un qualcosa che dovrebbe essere palesemente utile quando i trattamenti pensionistici di base sono ancora discretamente pingui e quindi non vi è un delta particolare fra la retribuzione finale e la pensione di base: in questo caso c’è meno voglia di avere una seconda rendita e si preferisce il capitale. Ci sono degli studi fatti a livello europeo: anche negli altri paesi c’è una gran voglia di capitale. Per creare una previdenza che sia veramente tale bisogna aspettare che ci sia una consapevolezza del bisogno previdenziale rispetto alla previdenza di base, e magari anche dei tassi di conversione delle rendite forse un po’ meno prudenziale di quelli che in Italia vengono applicati. Si dovrebbero trovare delle formule di rendita alternative rispetto a quella classica perpetua che spaventa molto”.
In merito alla possibile obbligatorietà della previdenza complementare come strumento utile a facilitare lo sviluppo del comparto: “sulla obbligatorietà io sono sempre molto perplesso, anche perché dovrebbe essere una imposizione di un contributo, che dovrebbe coinvolgere anche il TFR. La farei obbligatoria con i contratti collettivi, deve intervenire non solo la legge, ma anche le parti sociali, bisogna far sinergia”.
Dello stesso avviso anche Andrea Lesca che, in merito alla mancanza di cultura assicurativa si esprime così: “non dobbiamo rimanere fermi, credo che ci siano anche cose molto buone da tutti gli stakeholders che lavorano all’interno del comparto della previdenza complementare. La cultura è un elemento fondamentale – sappiamo i tassi molto bassi di alfabetizzazione finanziaria e previdenziale nel nostro paese, e quindi della difficoltà di riuscire a pianificare nel medio – lungo periodo, che è un presupposto del fondo pensione. Non scordiamoci che una volta entrati in un sistema di previdenza complementare c’è un aspetto che ti accompagna durante tutta la vita, di come investire le tue contribuzioni, di come modificare un asset allocation, seppur con dei comparti predefiniti e con delle opzioni lifecycle che molti fondi pensione hanno attivato.
Non può mancare un pensiero sui prodotti: “una strada da perseguire credo sia quella di andare ad arricchirli – anche nella fase di accumulo – con delle coperture assicurative, magari facoltative, che possano anche rispondere a determinate funzioni, come la perdita del posto di lavoro, o la non autosufficienza. Diventa quindi un’opportunità per gli operatori e un’opportunità di cultura e di assicurarsi meglio”.
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