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Dopo quasi trent’anni e molti cambiamenti epocali nel mondo finanziario, è stato riscritto un documento fondamentale per i mercati azionari. E’ il Testo Unico della Finanza, la guida per chi vuole operare a Piazza Affari. Il gruppo di lavoro chiamato dal Mef a rivedere le norme ha impiegato diverso tempo, oltre un anno, per trovare un accordo su una serie complessa di norme che andranno a incidere sulla vita quotidiana delle società quotate. Ma, mentre il vecchio Tuf venne redatto sotto la supervisione di Mario Draghi, un banchiere di Goldman Sachs che all’epoca era Direttore generale del Ministero del Tesoro e che più tardi è stato governatore della Banca d’Italia, presidente della Bce e premier, il nuovo testo è stato pensato da un gruppo di esperti, fra cui diversi docenti universitari. Il primo Tuf vide la luce durante la stagione delle grandi riforme del mercato finanziario italiano negli anni ’90, pensate per recepire le direttive europee e unificare tutte le regole su intermediazione finanziaria, mercati, emittenti e opa. Era l’epoca delle grandi quotazioni, delle privatizzazioni, del Trattato di Maastricht, preludio dell’unione monetaria e dell’euro. Nel 2025 la situazione è completamente cambiata: le ipo di peso non si vedono da anni e lo stesso segmento delle pmi, l’Egm, ha registrato una progressiva contrazione delle nuove matricole.
La riforma del Tuf prevede l’innalzamento della soglia che fa scattare l’opa obbligatoria, portandola dal 25 al 30% per tutte le società quotate. Con questa modifica il governo punta a uniformare la normativa italiana a quanto avviene nelle principali piazze finanziarie europee. Ma la riforma ha possibili impatti significativi sulle principali operazioni in corso. L’attenzione del mercato è concentrata sulla ex Galassia del Nord. Dopo la scalata da 13,5 miliardi di euro lanciata a gennaio, Montepaschi ha conquistato l’86,3% di Mediobanca e, indirettamente, il 13,2% di Generali. Al termine dell’opa a fine settembre, Delfin e il gruppo Caltagirone superavano congiuntamente il 25% di Siena, sfiorando il 28%, mentre a Trieste la quota combinata di Montepaschi (attraverso Piazzetta Cuccia), Del Vecchio e Caltagirone si attesta al 29,9%. La scorsa settimana Rocca Salimbeni ha depositato la lista per il nuovo board di Mediobanca, dove molti rappresentanti dei principali azionisti privati avranno un ruolo di primo piano.
C’è soltanto un’affermazione formulata in Senato dal grande Lovaglio che non convince almeno sul piano pratico. Egli ha detto che la banca non è controllata (e di fatto neppure influenzata) dai suoi due principali azionisti, che possiedono il 27% del capitale della banca con sede a Siena, cioè dal gruppo Caltagirone e dal gruppo Delfin, per il fatto che il rimanente 70% del capitale è posseduto da fondi italiani e internazionali. In realtà, non per essere pignoli, nel rimanente 73% c’è anche lo Stato. Ma fino a quando ministro dell’Economia sarà Giancarlo Giorgetti riteniamo che quella partecipazione sarà governata con la massima correttezza. C’è invece un altro punto da chiarire e cioè la composizione del nuovo consiglio d’amministrazione di Mediobanca (12 membri). Per le informazioni che è possibile raccogliere, di uomini e signore che sono in relazioni più o meno strette con i due più grandi azionisti ce ne sono in abbondanza. A parte il presidente Vittorio Grilli e l’amministratore delegato Alessandro Melzi d’Eril, che hanno una lunga storia professionale di civil servant e manager indipendenti, gli altri hanno relazioni recenti o sono stati in passato inseriti in liste targate Delfin o Caltagirone in Generali o in Mediobanca ante ops.
L’intelligenza artificiale generativa sta dando alle reti degli agenti dei «superpoteri» che li renderanno in grado di offrire servizi migliori e sempre più a misura di cliente. Le nuove polizze catastrofi, che stanno per diventare obbligatorie per tutte le imprese , rappresentano una rivoluzione al pari di quella che ci fu negli anni ‘70 quando l’Rc Auto divenne obbligatoria in Italia. La pensione integrativa deve essere avviata al momento della nascita, insieme al codice fiscale, e per la sanità integrativa c’è bisogno di nuove regole e di un’autorità indipendente. Sono alcuni dei temi centrali emersi durante la settima edizione dell’MF Festival delle Assicurazioni e della Previdenza, che si è tenuto dal 7 al 9 ottobre, organizzato da Milano Finanza in collaborazione con Accenture. L’evento, trasmesso su Class Cnbc, ha visto la partecipazione dei top manager delle principali assicurazioni italiane, delle associazioni e delle autorità di controllo del settore, registrando oltre 230.000 spettatori tv e streaming. Ecco, riassunti dalla A alla Z, i temi più caldi emersi nella tre giorni di eventi.
Alla luce dell’inverno demografico e degli elevati livelli di debito pubblico, nei diversi Paesi europei diviene sempre più importante calibrare un giusto mix tra pensione di base e previdenza di complementare. Quali sono le tendenze e quali sono i casi virtuosi in Europa? MF-Milano Finanza ne ha parlato con Sven Ebert, senior research analyst del Flossbach von Storch Research Institute, think thank internazionale dedicato all’analisi indipendente che ha recentemente elaborato uno studio sui diversi sistemi pensionistici europei..
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