E’ stato presentato martedì a Montecitorio il Rapporto INAPP 2024 “L’impatto delle scelte economiche su lavoro e formazione” sul futuro del mercato del lavoro italiano, dal quale emerge la necessità di un cambio di visione per affrontare le sfide strutturali legate all’invecchiamento della popolazione e alla crescente pervasività delle tecnologie digitali.
Secondo le analisi INAPP, nei prossimi dieci anni usciranno dal mercato del lavoro circa 6,1 milioni di occupati, mentre i giovani disponibili non basteranno a sostituirli. Entro il 2060 la platea occupazionale cambierà radicalmente: la popolazione in età da lavoro (20-64 anni) si ridurrà del 34%, con inevitabili conseguenze su crescita economica, welfare e sostenibilità della spesa pubblica.
Il rapporto evidenzia risultati positivi, come la crescita dell’occupazione, con un aumento in Italia del 3,5% tra dicembre 2019 e ottobre 2024, con oltre 1 milione di nuovi posti di lavoro creati. Questo risultato ha portato il numero degli occupati a 24,1 milioni, con un tasso di occupazione record del 62,5%. Tuttavia, il tasso di inattività (33,6%) continua a rappresentare lo zoccolo duro del mancato utilizzo delle risorse umane in età di lavoro; supera di 10 punti la media UE per i giovani under 35 e raggiunge il picco del 58,2% per le donne del Mezzogiorno, ha sottolineato il presidente Natale Forlani.
Permane una differenza del tasso di occupazione tra Italia e i 20 principali Paesi della UE che risulta essere, da un’indagine Eurostat 2023, di -8,5% del T.O. equivalente a 3,156 milioni di posti di lavoro a parità di popolazione. Circa il 70% della carenza di occupati italiana risulta concentrata nei comparti influenzati dalla spesa pubblica: la sanità e l’assistenza (-1,270 milioni), la pubblica amministrazione e l’istruzione.
Sul versante delle professioni, il deficit occupazionale viene riscontrato per: le professioni di elevato contenuto intellettuale e scientifico (-2,260 milioni); gli imprenditori e l’alta dirigenza (-503 mila); le professioni tecniche (-296 mila); le professioni esecutive specializzate e qualificate (-393 mila).
L’aumento della difficoltà di reperimento di lavoratori qualificati da parte delle imprese (mismatch), riscontrato anche dalle indagini Excelsior Unioncamere MLPS, è stato imponente, 47,8% nel 2024, +22,5 punti percentuali rispetto al dato medio del 2019. Il fenomeno risulta amplificato da un complesso di fattori: la riduzione della popolazione in età di lavoro; la carenza di competenze per i profili esecutivi; le offerte di lavoro che non riscontrano le disponibilità da parte delle giovani generazioni.
L’incidenza di questi fattori negativi è destinata a crescere per l’impatto dei cambiamenti demografici determinati dalla riduzione della popolazione in età di lavoro – circa 4 milioni di persone entro il 2040 nello scenario mediano delle stime Istat, già manifesto nell’esodo pensionistico delle generazioni anziane di gran lunga superiore rispetto alle coorti giovanili che entrano nel mercato del lavoro – e di quello delle tecnologie digitali sulle organizzazioni
del lavoro e sulle professioni.
Per soddisfare i fabbisogni del sistema produttivo e della spesa sociale generati dall’incremento della popolazione anziana, l’unico scenario possibile diventa quello del progressivo riallineamento dei nostri tassi di occupazione, in particolare dei giovani under 35 e delle donne, verso le medie europee.
Circa i due terzi del mancato utilizzo delle risorse umane in età di lavoro, in prevalenza giovani e donne, sono concentrati nelle regioni del Mezzogiorno, mentre in quelle del Nord e di una parte del Centro Italia i tassi di occupazione risultano già allineati alle medie europee e superiori per la componente maschile.
Una parte del mismatch è generata da fattori che comprimono i livelli di occupabilità delle persone. Il mancato ricambio generazionale risulta superiore alle dinamiche demografiche per l’elevato scollamento tra i percorsi formativi e i fabbisogni del mondo del lavoro.
l Rapporto INAPP 2024 evidenzia la necessità di un approccio innovativo, che metta al centro delle politiche economiche e lavorative l’obiettivo di incrementare la produttività, migliorare le competenze dei lavoratori e garantire un utilizzo ottimale delle risorse umane. L’evoluzione richiesta non si limita alla gestione delle risorse pubbliche o alle competenze delle amministrazioni. È necessaria secondo il rapporto una collaborazione articolata ed integrata tra istituzioni formative, rappresentanze delle imprese, organizzazioni dei lavoratori e del Terzo settore. Impiegare al meglio le risorse finanziarie, tecnologiche e umane disponibili rappresenta il percorso fondamentale per affrontare le criticità del sistema produttivo e migliorare l’equità nella redistribuzione del reddito.