Dall’Osservatorio GenerationShip 2025 di Changes Unipol a cura di Kkienn Connecting People and Companis emerge un cambio di paradigma tra le nuove generazioni: ciò che un tempo era centrale, figli, famiglia e comprare casa, oggi perde importanza, mentre diventa prioritario tutto ciò che assicura stabilità economica: studio, lavoro stabile, carriera e risparmio. Secondo l’indagine – che analizza i cambiamenti culturali, economici e sociali, offrendo una fotografia attuale di aspirazioni, paure e scelte delle nuove generazioni (tra i 16 e i 35 anni) – per la Gen Z e i Millennials il primo obiettivo è costruire la propria indipendenza economica, rimandando scelte come la genitorialità. Cresce il benessere mentale, ma riguarda solo gli uomini. Si rafforza il principio che il lavoro debba essere compatibile con la vita personale.

I giovani italiani (16–35 anni) danno priorità a lavoro, sicurezza economica e risparmio. Famiglia, figli e casa di proprietà perdono centralità. Traguardi un tempo considerati imprescindibili diventano oggi scelte rimandabili e non più vincolanti. Si tratta di un cambiamento generazionale forte e strutturale, non episodico. Per i giovani crescono infatti di importanza la ricerca di un lavoro stabile e sicuro (dal +26% del 2023 al +34% del 2025) e il risparmio (dal +30% del 2023 al +33% del 2025), mentre continua a calare l’importanza di matrimonio e convivenza (-43% nel 2023 vs -47% nel 2025) e dell’avere figli (-44% contro -47%).

Sono soprattutto le giovani donne a ritenere più importante rispetto al passato conseguire un titolo di studio (+42%) in misura decisamente superiore ai giovani uomini (+28%). Le donne attribuiscono maggiore importanza anche al risparmio (+42% contro +26% degli uomini), alla ricerca di un lavoro stabile e sicuro (+39% contro il +28%) e alla carriera (+35% contro il +20%).

Il 76% dei giovani ritiene che chi rinuncia a creare una famiglia lo faccia per mancanza di stabilità economica (era il 74% tre anni fa), a conferma di un trend consolidato. Ma non è solo una questione economica: la famiglia non è più vista come “destino naturale”, ma come un’opzione fra le altre.  La sfiducia nelle relazioni (instabilità, ghosting, burnout affettivo) contribuisce a raffreddare ulteriormente il desiderio di costruire una famiglia: per il 62% dei giovani è venuta meno la fiducia nella possibilità di costruire rapporti duraturi. Emergono nuove forme di legame e modelli: famiglie allargate, nuclei monogenitoriali e persino la famiglia multispecie, dove il rapporto con un animale domestico per il 48% dei giovani intervistati diventa parte integrante della vita affettiva.

Il calo delle nascite è motivato da ragioni concrete. Il 75% dei giovani pensa che fare figli sia economicamente insostenibile (era il 74% nel 2023), il 66% teme per il futuro delle nuove generazioni e il 67% riconosce che la maternità penalizza la carriera femminile. La scelta di non avere figli non è quindi dettata da egoismo o disinteresse, ma da una valutazione razionale di costi, rischi e incertezze.

Dal 2023 al 2025 il benessere psicologico dei giovani è cresciuto dal 53% al 62% mentre gli adulti restano fermi ai valori di due anni fa. Il dato è collegato direttamente alla maggiore percezione di stabilità lavorativa: un lavoro più sicuro riduce l’ansia e aumenta la sensazione di controllo sul futuro. Il miglioramento però riguarda soprattutto gli uomini: le donne restano penalizzate da salari bassi, precarietà e minore e inadeguato riconoscimento professionale.

L’uso intensivo dello smartphone cresce ancora (+3 pp in un anno). Lo strumento è ormai centrale nella vita quotidiana dei giovani: serve per comunicare, lavorare, studiare e divertirsi. I giovani hanno una “dipendenza consapevole” riconoscendone sia l’utilità sia i rischi.

L’interesse per la politica sale dal 33% al 45% in tre anni, ma la fiducia resta bassa: solo il 21% dei giovani crede nei rappresentanti. Si rafforza invece il senso di appartenenza all’Europa (65%, +11 pp) e al mondo (59%, +9 pp). L’UE è percepita come progresso (67%) e futuro (71%), ma non ancora come solida identità valoriale.

Il 53% dei giovani valuta di trasferirsi: il 55% cerca migliori opportunità lavorative, il 42% stimoli culturali e sociali, il 35% servizi più efficienti e il 36% nutre il desiderio di esplorare il mondo. Solo il 15% lo farebbe perché “sta male dove vive”. Non è più una “fuga dei cervelli”, ma una scelta strategica e consapevole di crescita personale e professionale. Diminuisce fortemente la propensione delle nuove generazioni ad emigrare (dal 46% del 2023 al 41% del 2025).

Il 57% dei giovani ha fiducia nel proprio futuro personale, ma solo il 30% in quello dell’Italia e il 33% in quello del mondo. Quella attuale è una generazione che crede in sé stessa, non nel sistema. La paura per catastrofi ecologiche è scesa dal 59% nel 2023 al 52% nel 2025, ma resta elevata.

In generale per il 61% dei ragazzi di età compresa tra i 16 e i 35 anni aumenta la soddisfazione per il proprio lavoro, ma il 46% dei giovani, pur essendo già occupato, cerca attivamente un nuovo lavoro: non più per necessità, ma per qualità e crescita. È il workflowing: il lavoro diventa fluido, si cambia spesso, si cercano nuove opportunità e un migliore equilibrio tra vita e professione. In questo scenario, il posto fisso perde valore se non garantisce tutele e benessere. Non si tratta soltanto di smartworking: ciò che i giovani chiedono è soprattutto il diritto al tempo libero e il rispetto dei confini personali. Molti sono pronti a rinunciare a una carriera tradizionale pur di avere un miglior equilibrio, espressione di una nuova cultura del lavoro. Il contratto a tempo indeterminato, da solo, non basta più se non assicura protezione nei momenti di crisi.

Tuttavia, la fragilità economica resta forte: un giovane su quattro non riesce a mantenersi senza l’aiuto della famiglia e il 39% guadagna meno di 1.500 € netti al mese. Attorno ai 30 anni, inoltre, la fiducia delle donne nel lavoro crolla a causa del conflitto tra carriera e maternità. Emerge anche la richiesta di un dialogo tra generazioni: le differenze ci sono, ma non sono conflittuali.

Il fenomeno della Great Resignation non è più attuale: non si tratta di un abbandono del lavoro, ma si sta assistendo a un nuovo percorso di vita in cui i giovani cambiano per cercare un migliore allineamento tra retribuzione e progetti, tra competenze e aspirazioni e work-life-balance.