Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

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Registro dei titolari effettivi, l’Italia chiude l’accesso pubblico e recepisce la nuova direttiva Ue contro il riciclaggio. Ma in Europa il panorama resta frammentato. Il Consiglio dei ministri ha approvato, il 2 ottobre, un decreto legislativo ora all’esame del Parlamento che modifica radicalmente le regole di accesso al registro dei titolari effettivi delle imprese e degli enti giuridici. Un passaggio centrale per l’Italia, che mira a mettersi in regola con le direttive europee in materia di antiriciclaggio e a evitare le conseguenze di una procedura d’infrazione avviata dalla Commissione europea lo scorso 25 settembre. Ma il registro italiano resta comunque bloccato a causa del procedimento in corso alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Il provvedimento attua l’articolo 74 della direttiva (Ue) 2024/1640, conosciuta come sesta direttiva antiriciclaggio (Anti-money laundering directive 6 – Amld 6), e pone fine al principio dell’accesso indiscriminato al registro, sostituendolo con un sistema selettivo basato sull’“interesse legittimo”.
Tutele a metà contro il deep fake realizzato con l’intelligenza artificiale (IA). Il nuovo articolo 612-quater del codice penale, introdotto dall’articolo 26, comma 1, lettera c), della legge 132/2025 (legge quadro sull’IA,) non copre la detenzione, l’invio o la consegna di contenuti falsi e non chiarisce se ad essere punito è chi ha usato l’IA per creare il falso o anche chi si è servito del falso manipolato da altri (sempre con l’uso dell’IA). In effetti, l’articolo 612-quater del codice penale (intitolato “Illecita diffusione di contenuti generati o alterati con sistemi di intelligenza artificiale”) prende di mira chiunque cagioni un danno ingiusto ad una persona, cedendo, pubblicando o altrimenti diffondendo, senza il suo consenso, immagini, video o voci falsificati o alterati mediante l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale e idonei a indurre in inganno sulla loro genuinità. Le azioni punite sono, dunque, la cessione, la pubblicazione e la diffusione di immagini, video o voci falsificati o alterati mediante l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale.
Niente trabocchetti digitali a danno dei consumatori nei contratti online (specie quelli finanziari). Sui siti Internet vietati gli artifici grafici e comunicativi tesi a confondere l’interessato; telefonate da iniziare sempre con la presentazione di chi chiama; diritto del consumatore sempre all’intervento umano e possibilità di recesso, quando è previsto, con una funzione online: sono alcune delle novità dello schema di decreto legislativo recante “attuazione della direttiva (UE) 2023/2673 in materia di contratti di servizi finanziari conclusi a distanza”, approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri del 2 ottobre 2025
Il coordinamento tra il livello nazionale e quello territoriale per la costruzione di un sistema di welfare settoriale solido e articolato, capace di rafforzare i servizi pubblici esistenti, costituisce un sistema di protezione rilevante in un comparto, quale quello turistico, caratterizzato da criticità strutturali persistenti, prima fra tutte la tematica legata ai salari bassi. Rafforzare la contrattazione aziendale e promuovere, più in generale, una maggiore attenzione al benessere e alla qualità della vita lavorativa nel settore turistico rappresentano passaggi fondamentali per continuare a supportare i risultati positivi registrati nel settore lungo la penisola. È lo scenario che emerge dalla lettura del focus dedicato al settore turistico nell’ottava edizione del rapporto su welfare occupazionale e aziendale in Italia curato da Adapt e Intesa Sanpaolo che pone sotto i riflettori le iniziative avviate per rispondere alle specificità del comparto e dei suoi lavoratori. In particolare, sono state analizzate le iniziative intraprese tramite la contrattazione collettiva e i sistemi bilaterali, le principali misure adottate per rendere il settore, strategico nel Belpaese, più sicuro e attrattivo per i lavoratori con uno sguardo proteso al futuro, con l’obiettivo di sviluppare un sistema di welfare capace di integrare le prestazioni pubbliche, anticipando proattivamente le istanze provenienti dal comparto
Il benessere organizzativo sta attraversando un paradosso profondo. Mai come oggi le aziende italiane lo indicano come priorità strategica, eppure raramente riescono a tradurlo in azioni concrete, strutturate e percepite come efficaci dalle persone. È questo, in sintesi, il quadro che emerge dalla presentazione della terza edizione dell’Osservatorio sul Corporate Wellbeing, realizzato da Jointly, società specializzata in soluzioni per il benessere dei dipendenti, insieme a The European House Ambrosetti. Una fotografia nitida che ha preso forma grazie al coinvolgimento diretto di 120 tra CEO e HR Director italiani, chiamati a raccontare come le loro imprese affrontano oggi il tema del benessere.  Mentre il 72% delle aziende ha aumentato il budget destinato al benessere, solo un dipendente su quattro avverte un impegno reale da parte dell’organizzazione, e meno del 10% dichiara di sentirsi pienamente in equilibrio sul piano psico-fisico e relazionale. Questo disallineamento nasce da un errore di impostazione: l’idea che basti «erogare» servizi o benefit per generare benessere. In realtà, spiega l’Osservatorio, ciò che conta è il modo in cui il benessere viene pensato, costruito, comunicato e monitorato. Sono cinque, secondo la ricerca, le leve fondamentali per superare il mismatch: l’ascolto dei bisogni, una comunicazione interna trasparente e coerente, la capacità di misurare i risultati attraverso indicatori, la governance interfunzionale delle iniziative e, infine, la qualità e pertinenza dell’offerta stessa.
Il nomadismo digitale, con la sua promessa di libertà e flessibilità, nasconde un prezzo spesso sottovalutato: isolamento, stress e difficoltà a separare lavoro e vita privata. Uno studio su oltre 2mila nomadi digitali europei, condotto da The Social Hub in collaborazione con l’istituto Opinion Matters, mette in luce queste sfide latenti, cruciali per valutare a fondo questo stile di vita. Elemento chiave nella scelta di questo stile di vita è il visto dedicato,: il 78% degli intervistati lo vede come segnale di accoglienza, e tra gli italiani ben il 73% ha potuto trasferirsi all’estero proprio grazie a queste facilitazioni. Le motivazioni principali sono la ricerca di un equilibrio migliore tra lavoro e vita privata (36%), flessibilità negli orari (33%) e ragioni economiche (32%). Tuttavia, i nomadi digitali italiani percepiscono stipendi generalmente più bassi rispetto ad altri paesi europei come l’Olanda (solo il 10% supera i 100mila euro annui). Molti compensano scegliendo mete con costi di vita inferiori. L’identikit degli italiani nomadi digitali è prevalentemente maschile (70%) e si concentra su settori manifatturiero, retail/catering e IT. Le generazioni più coinvolte sono Millennials, seguiti da Generazione X e Gen Z.

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Arsenio Lupin torna al Louvre di Parigi in versione operaio con gilet giallo. È la
scena da film che si è svolta ieri mattina nel museo più famoso del mondo,
quando una banda di ladri ha messo a segno un colpo fulmineo e spettacolare
nella Galleria d’Apollo, portando via nove gioielli della collezione di Napoleone Bonaparte. Il Louvre aveva appena aperto le porte al pubblico. In pochi minuti, la routine dei custodi e dei primi visitatori è stata stravolta. Alle 9.30 un camion montacarichi si è fermato sul lato della Senna, fingendo un intervento tecnico. Quattro minuti più tardi, i ladri, incappucciati e travestiti da operai con le casacche gialle, erano già dentro la sala che custodisce i gioielli della Corona di Francia. Alle 9.37, la banda di 4 persone stava fuggendo su due scooter di grossa cilindrata. La refurtiva, notano molti esperti, è composta da pezzi talmente riconoscibili, catalogati da tutte le grandi case d’asta, che sono invendibili sul mercato. Per questo alcuni specialisti pensano che il movente del furto possa non essere puramente finanziario.
Nel testo ancora non definitivo della legge di bilancio vengono prorogati per un altro anno sia l’Ape sociale che il bonus Maroni. Ma non anche Opzione donna e Quota 103, che quindi verrebbero cancellate. Le pensioni sociali maggiorate per over 70 a basso reddito vengono
alzate di 20 euro al mese e il limite reddituale per richiederle di 260 euro all’anno. Ma non c’è nulla per le pensioni minime. Si alzano quasi per tutti i requisiti di età e contributi per andare in pensione dal primo gennaio 2027. I tre mesi in più previsti da Istat vengono spalmati però in due anni: un mese in più nel 2027 e due mesi in più nel 2028. Gli unici esclusi dall’aumento della speranza di vita sono i lavoratori impiegati in attività gravose e usuranti.

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Il secondo tempo del risiko finanziario italiano passa per il risparmio gestito e
la bancassicurazione. Tante le ragioni, e convergenti: a partire dall’esigenza degli istituti, in un contesto di tassi d’interesse più bassi, di aumentare il peso delle commissioni a
fronte di impieghi meno redditizi. Del resto, la ricchezza finanziaria, stimata da Bankitalia in 6.030 miliardi a fine 2024, rappresenta per l’industria di fondi e polizze una torta ghiotta da spartirsi.  Al momento le voci vertono su una possibile societarizzazione dei business
storici di Mediobanca (banca d’investimento e private banking) sotto il marchio fondato nel 1946, mentre il resto, compresa la quota nel Leone, dovrebbe finire nel perimetro senese.  Un altro bivio, ancora più vicino, è la decisione sulla piattaforma comune nel risparmio da 2.000 miliardi tra Generali e Natixis, da prendere entro dicembre. Un’altra sponda in movimento è Banco Bpm, che dopo avere sventato l’assalto di Unicredit potrebbe accettare un futuro al fianco di Crédit Agricole, suo primo socio e con cui ha già due accordi nel credito al consumo e nelle polizze Danni. Bpm ha invece internalizzato il Vita, come ha fatto con il risparmio gestito dopo l’Opa che l’ha portata all’89% di Anima. L’ultimo “polo” è nato con l’acquisizione di Popolare di Sondrio da parte di Bper. A favorirla, oltre al socio comune Unipol, anche la condivisione delle fabbriche prodotto: dal risparmio gestito con Arca alla bancassicurazione con lo stesso gruppo bolognese.
Fragilità idrogeologica, urbanizzazione disordinata e ritardi infrastrutturali rendono l’Italia uno dei Paesi europei più esposti agli eventi estremi — dalle alluvioni alle ondate di calore, dalla siccità agli incendi — che stanno trasformando il rischio climatico in una variabile strutturale dell’economia, con ricadute dirette sui bilanci pubblici e privati. Negli ultimi dieci anni il cambiamento climatico ha portato a un aumento della frequenza e dell’intensità di questi fenomeni, trasformando ciò che un tempo era eccezionale in una condizione ricorrente. Le rilevazioni europee indicano che alluvioni, incendi e ondate di calore sono quasi raddoppiati rispetto ai primi anni Duemila, con un impatto particolarmente marcato
nell’area mediterranea. La dimensione del problema è confermata da uno studio di Unipol, realizzato con il contributo tecnico di Deloitte e presentato nei giorni scorsi a Roma in
occasione del “Natural Risk Forum”. Dallo studio emerge che negli ultimi 50 anni l’Italia ha registrato circa 115 fenomeni catastrofali naturali, pari al 7% del totale europeo. Il nostro Paese è il secondo in Europa per numero di sismi — dietro solo alla Grecia — e rientra nella top 3 per numero di eventi in cinque delle nove principali categorie di catastrofi naturali.
Perdita di vite umane, senso diffuso di vulnerabilità e, in alcuni casi, abbandono forzato dei territori di origine. Ma anche danni a infrastrutture e proprietà, aumento della spesa pubblica, interruzione delle attività produttive. Sono gli effetti degli eventi catastrofali, una delle sfide più complesse e urgenti del nostro tempo, che in Italia negli ultimi decenni hanno visto crescere frequenza e intensità. È un contesto che impone di andare oltre la sola risposta emergenziale e di costruire un approccio sistemico, capace di coniugare prevenzione, gestione e ripristino, e di diffondere una cultura della resilienza che coinvolga cittadini, imprese e istituzioni. Proprio in questa direzione si inserisce il Natural Risk Forum, think tank
promosso da Unipol per stimolare una riflessione sui rischi catastrofali e sul loro impatto sociale, economico e produttivo. L’iniziativa punta a costruire una piattaforma stabile di confronto tra istituzioni, comunità scientifica e settore privato.
Il mezzo più utilizzato dagli italiani? Senza dubbio l’auto di proprietà. Sono quasi otto su dieci (77%) i connazionali che la usano per gli spostamenti frequenti secondo l’indagine presentata recentemente dall’Istituto Piepoli a Eco, Festival della mobilità sostenibile e delle città intelligenti. Un dato che conferma come l’Italia si trovi ancora lontana dagli obiettivi europei di decarbonizzazione al 2030. Il 92% degli italiani utilizza l’auto almeno una volta alla settimana e il 65% ritiene che la propria mobilità sia dipendente da questo mezzo. Il trasporto pubblico resta marginale: solo il 19% lo utilizza ogni giorno o da 3 a 5 volte a settimana. E sebbene sei cittadini su dieci ritengano che esistano valide alternative all’auto, questa percezione è concentrata al Nord, Centro Italia e nei grandi centri urbani, evidenziando un forte divario territoriale. Il Rapporto MobilitAria 2025 di Kyoto Club e CNR-IIA aggrava il quadro: il tasso di motorizzazione italiano è il più elevato dell’Unione Europea, con una presenza di auto nelle grandi città dalle 2,5 alle 4 volte superiore a quanto sarebbe auspicabile per una mobilità sostenibile.

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Da almeno 30 anni il consenso scientifico è unanime: i cambiamenti climatici sono rapidi, distruttivi e causati in gran parte dalle attività umane. Le emissioni di CO2 generate dai combustibili fossili restano la causa principale e ridurle è un imperativo. Nel 2023 le perdite economiche globali dovute a eventi estremi hanno raggiunto i 380 miliardi di dollari, più 22% rispetto alla media del XXI secolo. Solo alla Ue quest’estate siccità, ondate di calore ed eventi estremi sono costati 43 miliardi di euro, 12 all’Italia. Per questo nel 2019 l’Unione europea lancia il Green Deal, un pacchetto di misure accompagnato da un piano di investimenti da 1.000 miliardi che impegna tutti i 27 Paesi ad abbattere le emissioni di gas serra per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. La strategia per favorire la transizione ecologica è sostenuta da quasi tutti gli schieramenti politici, anche quelli tradizionalmente vicini all’industria. Poi è cambiato il mondo, e ora cresce il consenso per i leader politici che vorrebbero far saltare la riforma. La Commissione Ue prende atto e allenta alcune delle norme principali. Vediamole.

La rete di 1.100 consulenti finanziari è nata solo tre anni fa, in seno al gruppo assicurativo elvetico, dopo l’acquisizione di Deutsche Bank Financial Advisors, e ha riportato risultati che le fanno guardare con contorni più definiti l’orizzonte prossimo. La nuova banca infatti ha visto la luce esattamente il 17 ottobre 2022 dopo aver ottenuto la licenza dalla Bce tre mesi prima. E oggi — con una nuova piattaforma operativa e una nuova squadra — ha annunciato il raggiungimento dei 20 miliardi di euro di masse gestite, rispetto ai 15,6 miliardi registrati nel 2022. Una crescita costante e superiore alla media di settore, secondo la società, che al direttore generale Silvio Ruggiu fa dire: «Avanziamo a ritmo sostenuto». E fa affermare, con una certa sicurezza: «Puntiamo a raggiungere i 30 miliardi di masse gestite entro il 2030, come dal piano industriale presentato lo scorso gennaio».

La gestione fiscale delle autovetture assegnate in uso promiscuo ai dipendenti è un tema estremamente “caldo”, tanto più dopo le modifiche introdotte dalla legge Bilancio 2025 (legge 2024/207) e l’avvento delle auto elettriche. L’agenzia delle Entrate è tornata recentemente sul tema con le risposte a interpello 233/2025 e 237/2025, riguardanti la concessione di optional e il rimborso dei costi di ricarica a dipendenti con auto in uso promiscuo. Filo conduttore dei due chiarimenti è il principio per cui il fringe benefit per uso promiscuo di autoveicoli a dipendenti è determinato forfettariamente in base alle tabelle Aci, con la conseguenza che eventuali optional non contemplati in tali tabelle sono tassati a parte, mentre non lo sono i rimborsi delle ricariche purché entro i limiti convenzionali Aci.
Cresce la responsabilità degli enti in materia ambientale. Il 7 ottobre 2025 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale la legge 3 ottobre 2025, n. 147, di conversione, con modificazioni, del decreto legge 8 agosto 2025, n. 116 che ha rafforzato il contrasto alle attività illecite in materia di rifiuti e previsto interventi per la bonifica dell’area denominata Terra dei fuochi (si veda il Sole24ore del 13 ottobre scorso). Molte novità volte ad incrementare la lotta alle violazioni ambientali toccano il Dlgs 231/2001: viene infatti ampliato il catalogo dei reati presupposto, le sanzioni interdittive per i reati più gravi diventano obbligatorie e vengono inasprite le sanzioni pecuniarie a carico dell’ente.