Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

 

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L’Eurozona rischia in particolare di perdere il 5% del pil entro il 2030 in caso di eventi estremi, una flessione paragonabile a quella causata dalla grande crisi finanziaria del 2007-2008. È quanto emerge dagli ultimi scenari di breve termine del Ngfs (Network for Greening the Financial System), un gruppo che include le principali banche centrali globali ad eccezione della Fed, che è uscita dal network a inizio anno. Su questo fronte la banca centrale americana ha sentito la pressione del presidente Donald Trump che invece non è riuscito finora a condizionare la politica monetaria Usa nonostante gli attacchi quasi quotidiani al presidente della Fed Jerome Powell. Nello scenario di stress test del Ngfs, chiamato «Disasters and Policy Stagnation», è valutato l’impatto di eventuali ondate di calore, siccità e incendi boschivi nel 2026, seguiti da alluvioni e tempeste nel 2027. Gli effetti combinati di queste calamità porterebbero a un calo del pil annuo dell’area dell’euro fino al 4,7% entro il 2030. L’inflazione aumenterebbe a causa dell’interruzione della produzione e dell’aumento del costo del credito per i settori vulnerabili. Anche eventi climatici avversi in altre aree possono influenzare la produzione dell’area dell’euro con perdite fino all’1,8% del pil.

Il medico di base risponde per la morte del paziente anche se ne ha chiesto il ricovero in ospedale. È «di protezione», infatti, la posizione di garanzia che il professionista di medicina generale ha nei confronti dell’ammalato, vista la presa in carico continuativa. Il sanitario, dunque, deve da una parte vigilare sull’evoluzione clinica e dall’altra assicurarsi che il paziente sia preso in carico dall’ospedale: gli obblighi del primo permangono fino a quando
non si esaurisce il rapporto, mentre la posizione di garanzia non viene meno soltanto perché nei confronti del malato vi sono analoghi obblighi, autonomi e concorrenti, da parte ad esempio di un medico specialista. Così la Corte di cassazione penale, sez. quarta, nella sentenza n. del 09/07/2025
 L’Ocse chiede ai lavoratori italiani di rimandare la pensione e rimare più a lungo sul posto di lavoro. Questo per bilanciare l’impatto negativo dell’invecchiamento della popolazione sulla crescita annuale del Pil pro capite. Nel report dell’Organizzazione internazionale pubblicato ieri si delinea il seguente scenario: tra il 2023 e il 2060 la popolazione in età lavorativa in Italia diminuirà del 34% e il numero di anziani a carico di ogni persona, in età lavorativa, aumenterà. Si passerà dallo 0,41, cioè un anziano a carico ogni 2,4 persone in età lavorativa allo 0,76, pari a uno per ogni 1,3 persone che lavorano. Ma non solo, perché nello stesso periodo il rapporto tra occupati e popolazione totale diminuirà di 5,1 punti percentuali. Per far fronte a questa situazione, l’Ocse chiede che il governo italiano consideri la possibilità di dare vita a proposte per far aumentare l’età lavorativa: «Le politiche del lavoro devono evolvere per aiutare i lavoratori a rimanere più a lungo nel mondo del lavoro». Da qui, ne discenderebbe poi la necessità di «promuovere l’apprendimento permanente, garantire luoghi di lavoro sicuri, pensionamenti flessibili e pratiche inclusiva da parte dei datori di lavoro»
Quando il fabbricato realizzato dall’impresa edile presenta vizi di costruzione, il direttore dei lavori risponde in solido con l’appaltatore se non segnala al committente la difformità dell’opera dal progetto. Il professionista, infatti, deve vigilare, impartire le opportune disposizioni, verificare che l’appaltatore ottemperi e riferirne comunque al committente,
prima che le difformità si siano cristallizzate. Oltre ad accertare che la realizzazione dell’opera sia conforme al progetto, il direttore dei lavori è tenuto anche a verificare che la modalità di esecuzione corrisponda al capitolato d’appalto o alle regole della tecnica. Così la Corte di cassazione civile, sez. seconda, nell’ordinanza n. 18405 del 07 07/2025
Casse di previdenza private tenute a predisporre un documento sulla loro strategia di investimento, con un «focus» sulla «combinazione rischio-rendimento» e segnalando gli aspetti ambientali sociali e di buona «governance» (Esg) presi in considerazione, da sottoporre «tempestivamente» ai ministeri vigilanti (Economia e Lavoro) e alla Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione), soggetto ad una revisione «almeno triennale», nonché a riepilogare annualmente le iniziative finanziarie in un prospetto informativo a valori correnti pubblicato sui siti ufficiali. E i beni, per i quali si sollecita «in via prioritaria» di valutare che vadano a «sostenere e sviluppare il sistema economico e produttivo nazionale», anche con riferimento ai fronti infrastrutturali, energetici e ambientali (includendo rigenerazione urbana e rifunzionalizzazione edilizia), dovranno figurare in una banca depositaria, e impiegati in coerenza «col profilo di rischio e con la struttura temporale e attuariale delle passività detenute», avendo come «stella polare» l’equilibrio finanziario, la sicurezza, la redditività e la liquidabilità.

Dazi al 10%, considerati il possibile punto di caduta della trattativa tra Bruxelles e Washington, sommati agli effetti della svalutazione del dollaro, comporterebbero una perdita di 20 miliardi per l’industria italiana e di mezzo punto percentuale di Pil entro il 2026. Il settore che rischia di pagare il prezzo più alto è quello dei macchinari e degli impianti che potrebbe perdere 3,3 miliardi di euro, seguito dall’automotive (-1,7 miliardi), dai metalli di base (-1,6 miliardi) e dalla farmaceutica (quasi -1,5 miliardi). Mentre per l’industria alimentare la perdita stimata è di 1,4 miliardi, a cui si aggiungono altri 841 milioni in meno per quella delle bevande. A fotografare la situazione è una stima del Centro studi di Confindustria, che tiene conto di un deprezzamento del dollaro sull’euro del 10% a inizio luglio rispetto alla media 2024 e dell’effetto delle tariffe già in essere: 50% su acciaio e alluminio, 25% su auto e componenti e 10% sugli altri prodotti, tranne quelli esenti per ora da dazi come i farmaci
«Il maggior calo dei salari reali di tutte le principali economie dell’Ocse»: meno 7,5% rispetto al 2021. Il rapporto «Employment Outlook 2025» dell’Ocse certifica, ancora una volta, che l’Italia resta in coda alla classifica per i salari reali più bassi. Se la crescita media annuale dei 37 Paesi Ocse nel primo trimestre 2025 è stata del 2,5%, in un quarto di loro i salari reali sono rimasti sotto il 3% rispetto al 2015, tra questi Danimarca, Finlandia, Svezia, Spagna.

Credem nomina il nuovo direttore generale. Il consiglio di amministrazione del gruppo ha annunciato ieri che Stefano Morellini, già condirettore generale della banca, subentrerà ad Angelo Campani, prematuramente scomparso nei giorni scorsi.
Il tema delle responsabilità in caso di errori, alla luce di quanto chiarito nell’articolo sopra, diventa preponderante. Ad oggi, l’amministratore si è limitato a comunicare la tipologia di beneficio fiscale sulla scorta dei codici suggeriti e applicati dalle Entrate con un certo automatismo della detrazione, stante l’aliquota unica e specifica per ogni tipo di intervento fino a tutto il 2024. Per la comunicazione del 2026, sulle spese sostenute nel 2025, potrebbe essere necessario distinguere l’aliquota del 50% di detrazione per coloro che hanno adibito il proprio immobile ad abitazione principale già da prima dell’inizio delle spese e dei lavori o, comunque, al termine degli stessi lavori.

“Prevediamo che la raccolta premi lorda crescerà del 7,3% in tutte le linee di business”, ha dichiarato in anticipo a Handelsblatt Jörg Asmussen, amministratore delegato dell’Associazione assicurativa tedesca (GDV). In primavera, l’associazione aveva ancora ipotizzato un aumento dei premi di circa il cinque percento. “È probabile che il robusto aumento della raccolta premi a livello di settore continui nel 2026 con una crescita compresa tra il due e il sei percento”, ha continuato Asmussen.