Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

 

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L’ops di Montepaschi su Mediobanca potrà fermarsi anche sotto il 50% ma in questo caso Siena dovrà chiarire se comanda davvero su Piazzetta Cuccia. Lo ha deciso la Bce, che ha autorizzato l’operazione anche nel caso in cui Siena non raggiunga la maggioranza assoluta della merchant bank. Il via libera è arrivato ieri e consente ora il passaggio del dossier alla Consob per i cinque giorni di esame del prospetto. Oggi intanto si riunirà il cda di Mps per esercitare la delega di aumento di capitale e fissare il calendario dell’offerta che dovrebbe aprirsi lunedì 7 luglio e chiudersi entro la prima settimana di agosto. Bankitalia inoltre potrebbe esprimersi sull’acquisto di quote minori, anche se non l’ha ancora fatto.
A Delfin e Caltagirone servirà un altro via libera dalla Bce per salire in Mps. L’autorizzazione arrivata ieri da Francoforte per l’offerta pubblica di scambio (ops) è riferita soltanto alla banca senese, non ai suoi soci. Delfin è azionista con quote di rilievo sia in Mps (9,8%) che in Mediobanca (19,8%). Il gruppo Caltagirone ha poco meno del 10% nelle due banche. Questo implica che, se aderiranno all’ops (come appare scontato), Delfin e con ogni probabilità Caltagirone supereranno la soglia del 10% oltre la quale è necessaria un’autorizzazione Bce. Ci sono diverse ipotesi riguardo alle partecipazioni nella nuova Mps post ops. Secondo stime, Delfin dovrebbe avere una quota attorno al 16% in caso di adesioni all’ops del 100% degli azionisti Mediobanca. Ma la percentuale salirebbe attorno al 23% con adesioni al 50% e sarebbe vicino al 26% con adesioni al 40%. Caltagirone sarebbe attorno al 14% con adesioni al 50%. Delfin è già stata autorizzata nel 2020 a detenere fino al 20% in Mediobanca ma solo come investitore finanziario.
Nei primi tre mesi del 2025 il turnover complessivo del factoring in Italia è aumentato del 3,07%, ma a emergere è la forte crescita del comparto internazionale, che ha registrato un +20%, con un volume di oltre 17 miliardi di euro. Questo segmento aveva già segnato una crescita significativa nel 2024 (+13,8%), vicino ai 73 miliardi, circa un quarto del mercato nazionale del factoring.
Non bastano più manovre annuali, tagli lineari o bonus a tempo. Per reggere l’urto dell’inverno demografico serve una nuova architettura del bilancio pubblico. Una classificazione della spesa capace di misurare, voce per voce, che cosa lo Stato sta facendo e non per contrastare l’invecchiamento della popolazione, il calo delle nascite e lo spopolamento del Sud. Una proposta che arriva direttamente dalla Ragioneria generale dello Stato. «La transizione demografica è ormai una variabile chiave per la sostenibilità del debito», ha detto ieri la Ragioniera generale, Daria Perrotta, in audizione alla Camera, «ma serve un bilancio demografico capace di rappresentare e valutare l’impatto delle politiche rispetto a questi obiettivi. Non basta sapere quanto si spende, bisogna capire per chi e con quali effetti». Il riferimento è alla bozza dello schema del disegno di legge di contabilità e finanza pubblica (legge 196/2009) che andrà a riformare le contabilità dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali, ora all’esame dei gruppi di lavoro. È in questo contesto che Perrotta ha proposto l’inserimento del bilancio per la transizione demografica, sulla scia di quanto già avviene per quello di genere e ambientale
Poste Italiane rivede l’assetto di governance della controllata assicurativa Poste Vita. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, Laura Furlan, manager con una lunga carriera nel gruppo guidato da Matteo Del Fante, attualmente direttore generale di PostePay, è stata indicata come nuovo amministratore delegato della compagnia che opera nel settore
Vita. Una poltrona di peso per Poste Italiane se si considera che, come emerso anche nell’ultimo bilancio del primo trimestre 2025, dai servizi assicurativi (che comprendono anche la compagnia Danni Poste Assicura) sono arrivati 442 milioni di ricavi (+11,3%) e soprattutto 378 milioni di risultato operativo (ebit) rispetto ai 796 milioni di Poste Italiane.
Nei primi sei mesi del 2025 sono stati investiti 230 milioni in ecosistemi assicurativi rispetto ai 330 milioni dell’intero 2024. Un trend destinato a crescere fino a 510 milioni di investimenti a fine 2025 e 750 milioni nel 2026 (su un totale di investimenti insurtech di 1,2 miliardo entro fine anno) come emerso dallo studio dell’IIA, l’insurtech association, che sarà presentato questa mattina a Milano all’Insurtech Day. «A trainare la crescita sono gli ecosistemi mobilità (che pesano per il 21% degli investimenti, ndr) e salute (19%), seguono l’ecosistema casa (15%) e quello dedicato alle pmi e alle linee commerciali (14%)», spiega Simone Ranucci Brandimarte, «mentre il restante 31% è distribuito tra ecosistemi più emergenti, come quello sport». Le compagnie non offrono più solo risarcimenti in caso di sinistro, ma aggiungono servizi accessori che aumentano la soddisfazione dei clienti: telemedicina, visite di controllo per i prodotti salute, gestione telematica dei sinistri, segnalazioni di traffico per le polizze auto

Un regime speciale per gli appalti aerospaziali, con almeno il 10% delle commesse riservato a pmi e startup, quando non frazionate in lotti, per promuovere nuovi operatori nel settore. La Space economy all’italiana sbarca in Gazzetta Ufficiale, con la pubblicazione della prima legge in materia (si veda ItaliaOggi del 28/2/2025): la n. 89/2025 (G.U. n. 144 del 24 giugno 2025). Il tutto, per altro, accade a poche ore dall’arrivo, in orbita, di sette satelliti denominati Heo, che vanno a comporre Iride: la prima costellazione italiana di satelliti nello spazio, finalizzata al monitoraggio della Terra e finanziata dal Pnrr per oltre un miliardo di euro (più fondi nazionali). Ma, tornando alla legge, questa prevede uno «spazioporto» per lanci e decolli, da individuare sul territorio italiano; una RC Spazio per far fronte agli obblighi di responsabilità civile in capo alle imprese di astronautica che cagioneranno danni a terzi; immatricolazioni ad hoc per gli oggetti spaziali da lanciare oltre l’atmosfera terrestre; corsie di favore in appalti e tecnologie innovative per start up e pmi. E un registro complementare per schedare le «navicelle» non immatricolate in Italia
Il presidente del consiglio d’amministrazione della società non è responsabile delle violazioni di norme antinfortunistiche addebitategli. E ciò perché, in buona sostanza, ha delegato i dirigenti preposti alle due divisioni dell’impresa, che hanno adeguati poteri decisionali e di spesa; nelle grandi aziende, infatti, possono esistere più datori di lavoro in senso prevenzionale, in corrispondenza di distinte unità produttive: uno apicale, posto al vertice dell’organizzazione, e gli altri sottordinati, che rispondono della sicurezza nell’unità affidata loro, redigendo ad esempio il documento di valutazione rischi e individuando il responsabile dell’antinfortunistica. Così la Corte di cassazione penale, sez. terza, nella sentenza n. 22584 del 16/06/2025
Per assicurare l’integrale recupero della capacità produttiva e il mantenimento dell’occupazione nei territori colpiti dagli eventi catastrofali il Mimit potrà concedere gli stessi contributi e finanziamenti agevolati, anche in combinazione tra loro, previsti per la riqualificazione delle aree di crisi industriale non complessa (d.m. 24/3/2022). Emerge dal Focus sulla legge quadro in materia di ricostruzione post-calamità (n. 40/2025) pubblicato il 25 giugno 2025 dal Dipartimento per il programma di governo. Il documento precisa inoltre che gli interventi relativi alla riparazione, al ripristino o alla ricostruzione di edifici privati danneggiati o distrutti dagli eventi calamitosi situati nei territori per i quali è stato dichiarato lo stato di ricostruzione di rilievo nazionale, e per i quali è concesso un contributo, sono assoggettati alle disposizioni previste per le stazioni appaltanti pubbliche. Ciò significa che le imprese appaltatrici dovranno osservare il trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi di lavoro nazionali e territoriali es essere in possesso del documento unico di regolarità contributiva (Durc).

Nel 2024 la quota del Tfr destinato alla previdenza integrativa ha raggiunto gli 8,61 miliardi salendo a circa il 26,4%. Oltre un quarto del trattamento di fine rapporto generato dal sistema produttivo, che lo scorso anno è stato di 32,69 miliardi (1,57 in più rispetto al 2023), ha preso la strada delle forme complementari, con una crescita di quasi il 10% sui 12 mesi precedenti, quando il flusso verso i fondi pensione era risultato di 7,84 miliardi (pari circa al 25% del totale).
Sull’orizzonte temporale degli ultimi 10 anni le linee azionarie di tutti i fondi pensione negoziali hanno offerto un rendimento superiore (in media +43,4%) rispetto alla rivalutazione del Tfr (+27,3%) nel medesimo arco temporale. I migliori sono stati i comparti Espansione di Fondosanità e Dinamico di Alifond (+52%), mentre il “peggiore” comparto azionario è stato Dinamico di Fondenergia (+35%). Meno lusinghieri i risultati delle linee bilanciate (in media +29,6%), mentre le linee obbligazionarie (+20,3%) e garantite (+6,8%) sono ben al di sotto dell’asticella del Tfr.
Quando nacque il Servizio sanitario nazionale oltre 45 anni fa gli anziani erano 7 milioni, oggi sono più del doppio (14,6 milioni) ed entro il 2045 saliranno a 19 milioni: in pratica un italiano su tre, mentre per ogni giovanissimo italiano (tra 0 e 14 anni) ce ne saranno ben tre. Bastano solo questi numeri – messi in fila dal nuovo rapporto Enpaia-Censis su «Difficoltà e tenuta del Servizio sanitario e reazioni degli italiani» che sarà pubblicato oggi – a spiegare lo «tsunami che si abbatterà sul sistema sociosanitario e assistenziale del nostro Paese». Una situazione, questa, già allarmante oggi con il Ssn in affanno nel garantire le cure e i costi che si scaricano sui bilanci delle famiglie mentre si registra un boom della sanità integrativa con la crescita di fondi, iscritti e prestazioni. Ma la vera bomba a orologeria che mette a rischio il Welfare si chiama non autosufficienza: secondo il Rapporto Enpaia-Censis «nel 2023 erano 1,8 milioni gli anziani con limitazioni gravi che ne impediscono l’autonomia, rappresentando il 13,1% delle persone con almeno 65 anni» e «1,4 milioni le persone con limitazioni gravi di almeno 75 anni (il 19,2% degli anziani di 75 anni e oltre)». Numeri impressionanti che implicano «oltre alla domanda sanitaria, una già esistente domanda sociosanitaria che – aggiunge il Rapporto – richiede maggiori prestazioni che attualmente le persone sono costrette ad acquistare privatamente in assenza di un’adeguata offerta di strutture e servizi pubblici o accreditati».
L’auto è sempre più al centro della mobilità in Italia, ma cala la propensione ad acquistare un’auto nuova, soprattutto per i prezzi cresciuti di oltre il 50% dal 2013, a fronte di aumenti del reddito familiare del 23%. Si tratta di un paradosso al centro della survey presentata da Aniasa, l’associazione delle imprese di noleggio (Confindustria), realizzata insieme a Bain & Company. Lo studio analizza il disaccoppiamento dei tassi di crescita dei due valori – prezzo delle auto e reddito familiare – emerso a partire dal 2020. L’auto è il mezzo di spostamento ricorrente per l’80% degli intervistati nel 2024 – era al 69% nel 2020 – ma la quota di chi non considera di acquistarne una nuova è salita di 5 punti, al 62%. Intanto cresce il mercato dell’usato e il peso dei privati nel noleggio a lungo termine (170mila unità).