L’INTERVISTA

Autore: Mauro Venier
ASSINEWS 376 – Luglio-Agosto 2025

Come la trasformazione del brokeraggio assicurativo apre a nuove opportunità di crescita e innovazione

Negli ultimi anni, il settore del brokeraggio assicurativo europeo – e in particolare quello italiano – sta vivendo una profonda trasformazione. A segnare il passo è un fenomeno sempre più diffuso: l’aggregazione tra broker, ovvero l’unione di più realtà, spesso medio-piccole, sotto un’unica struttura organizzativa o rete. Abbiamo voluto approfondire l’analisi di questa realtà parlandone con un professionista proveniente proprio dal mondo broker,
Gianluca Iulianello, attualmente responsabile della formazione del network di un broker multinazionale.

Sulla base della tua esperienza di oltre 25 anni, secondo te cosa spinge molti professionisti ad abbandonare l’indipendenza per unirsi a gruppi più grandi?

Il primo fattore che guida questa tendenza è la crescente complessità del mercato. La pressione competitiva, soprattutto da parte di grandi player internazionali, rende sempre più difficile per i broker indipendenti ottenere condizioni favorevoli con le compagnie. A questo si aggiunge il peso della compliance: normative sempre più stringenti, come quelle imposte dall’IVASS e dalle direttive europee, richiedono strutture e competenze dedicate, spesso fuori dalla portata delle singole realtà. L’aggregazione permette di condividere questi oneri e di affrontare il mercato con strumenti più avanzati.  Non si tratta solo di una questione di sopravvivenza, ma anche di crescita. Entrare in un network consente di accedere a economie di scala impensabili per chi lavora da solo. Si riducono i costi di licenze software, consulenze e formazione; si ottengono condizioni più vantaggiose nella contrattazione con le compagnie; si sfruttano sinergie operative nella gestione dei sinistri, della documentazione e della compliance. Inoltre, si può contare su marchi condivisi, iniziative di marketing comuni, e spesso anche su piattaforme tecnologiche evolute.

E quali sono quindi le reali opportunità e i rischi legati a questo processo?

È proprio sul piano tecnologico che l’aggregazione mostra i suoi effetti più interessanti. Grazie alla condivisione degli investimenti, i gruppi aggregati possono adottare soluzioni digitali di ultima generazione: piattaforme omnicanale per la gestione dei clienti, strumenti di data analytics, portali per il self-service assicurativo. L’intelligenza artificiale, in particolare, sta aprendo scenari rivoluzionari: dall’analisi predittiva dei bisogni assicurativi alla gestione automatizzata dei processi, fino all’uso di chatbot per l’assistenza e la segmentazione avanzata dei portafogli. Ma la tecnologia non è l’unico ambito in cui l’aggregazione abilita nuovi investimenti. Unendo le forze è possibile progettare percorsi formativi strutturati, acquisire nuovi portafogli, espandersi su territori strategici e persino sviluppare nuovi prodotti assicurativi personalizzati. Il potenziale di innovazione cresce, così come l’attrattività per giovani professionisti in cerca di carriera e stabilità. Naturalmente, tutto questo impatta profondamente anche sul piano umano. Aggregarsi ed integrarsi significa entrare a far parte di una nuova cultura organizzativa. Cambiano le dinamiche di lavoro, si riduce l’autonomia, ma crescono le possibilità di specializzazione, confronto e crescita. Le risorse umane diventano il vero motore del cambiamento: sono loro a dover integrare le competenze, accettare nuove modalità operative e contribuire alla costruzione di un’identità collettiva. Eppure, il percorso non è privo di ostacoli. Il rischio di omologazione e perdita di flessibilità è reale, così come le difficoltà nella gestione di culture aziendali differenti o nella definizione di una governance condivisa. Per questo, il successo di un’aggregazione non dipende solo dai numeri, ma dalla capacità di creare un progetto comune, con una visione chiara e una leadership capace di coinvolgere tutti gli attori. Guardando al futuro, l’aggregazione appare sempre più come un passaggio obbligato per chi vuole restare competitivo. In un mercato che premia l’efficienza, la tecnologia e la capacità di offrire consulenza di valore, i broker isolati rischiano di perdere terreno. Al contrario, chi saprà cogliere questa trasformazione come un’opportunità potrà diventare protagonista di una nuova stagione del brokeraggio assicurativo: più solida, più integrata, e soprattutto più vicina ai bisogni di un cliente in continua evoluzione.

Un altro elemento chiave che sta influenzando le dinamiche del brokeraggio assicurativo italiano è l’ingresso di numerosi operatori stranieri nel mercato. Quali sono le ragioni di questa tendenza?

Questo fenomeno è in parte spiegabile con la crescente attrattività del settore assicurativo nazionale, ma trova una ragione più strutturale in una condizione ormai nota: la forte sottoassicurazione del sistema Paese. L’Italia presenta storicamente una penetrazione assicurativa più bassa rispetto ad altri Paesi europei, sia in ambito retail che corporate. Molti cittadini e imprese italiane risultano ancora scoperti o poco protetti rispetto a rischi sempre più rilevanti, come quelli climatici, sanitari, cyber e legati alla responsabilità civile. Questa lacuna rappresenta un’enorme opportunità di mercato per chi è in grado di proporre soluzioni innovative, flessibili e adeguate alle esigenze in evoluzione. I gruppi esteri, spesso più strutturati dal punto di vista tecnologico e commerciale, vedono nell’Italia un bacino di clientela potenziale ancora poco esplorato. L’ingresso di questi operatori sta modificando gli equilibri competitivi interni e spinge i broker italiani, sia indipendenti che aggregati, a rivedere le proprie strategie. In questo contesto, l’aggregazione può rappresentare una risposta credibile e organizzata alla crescente pressione internazionale. Solo rafforzando la propria struttura, dotandosi di strumenti adeguati e migliorando la qualità del servizio, i broker italiani potranno cogliere questa sfida e trasformarla in un’opportunità concreta di crescita e innovazione.

Ma l’aggregazione porta a vera efficienza?

È una domanda cruciale che merita una riflessione approfondita. Se da un lato l’aggregazione consente di raggiungere economie di scala, ottimizzare costi e condividere competenze, dall’altro non sempre si traduce automaticamente in un aumento dell’efficienza operativa. L’efficienza, infatti, non è una conseguenza meccanica della dimensione: dipende dalla qualità della governance, dalla capacità di integrare processi e culture diverse, e dalla chiarezza degli obiettivi strategici. Molte aggregazioni rischiano di restare “sommatorie di singole entità”, senza evolvere in vere e proprie organizzazioni sinergiche.   Le difficoltà aumentano quando mancano strumenti tecnologici comuni, linguaggi condivisi e un progetto identitario forte. Il rischio è che la burocrazia cresca, i tempi decisionali si allunghino e si generino conflitti interni. D’altra parte, quando l’aggregazione è ben progettata e guidata da una visione chiara, può davvero portare efficienza: si snelliscono i flussi, si eliminano duplicazioni, si potenzia la capacità di risposta al mercato. In questo senso, l’efficienza non è un automatismo, ma un obiettivo da costruire, con metodo e leadership. La vera sfida per i broker aggregati non è solo “stare insieme”, ma farlo in modo coerente, efficace e orientato al valore. Solo così l’aggregazione può diventare un reale vantaggio competitivo, e non un vincolo alla flessibilità e all’agilità operativa.

Nel dibattito sull’innovazione, è inevitabile soffermarsi sul ruolo crescente dell’intelligenza artificiale all’interno del settore assicurativo. Che ruolo deve avere per migliorare la competitività e l’efficienza della gestione?

Le tecnologie basate su IA promettono di rivoluzionare ogni fase del ciclo assicurativo: dalla raccolta e analisi dei dati alla personalizzazione delle polizze, dalla gestione dei sinistri alla fidelizzazione del cliente. Tuttavia, il vero valore dell’intelligenza artificiale non risiede nella sua adozione acritica, bensì nella sua integrazione con una visione strategica guidata dall’uomo. Molti gruppi aggregati hanno già iniziato a introdurre sistemi basati su IA, come chatbot per l’assistenza clienti, motori di raccomandazione e algoritmi di scoring del rischio. Ma senza un’effettiva supervisione umana, questi strumenti rischiano di rimanere silos tecnologici, poco coerenti con l’identità del broker e le aspettative del cliente. L’automazione può migliorare l’efficienza, ma solo una guida consapevole può garantirne l’allineamento ai valori aziendali, alla qualità del servizio e alla relazione fiduciaria con il cliente. È proprio nella fase di aggregazione che si può – e si deve – progettare l’adozione dell’IA in modo sistemico: scegliendo strumenti che parlano la stessa “lingua operativa”, formando il personale all’utilizzo critico delle tecnologie, e costruendo una governance che ponga l’uomo al centro del processo decisionale. L’IA, insomma, può essere una leva decisiva per la competitività, ma non sostituisce la capacità umana di interpretare il contesto, prendere decisioni complesse e costruire fiducia. Senza una leadership illuminata, che ne orienti l’uso, l’intelligenza artificiale rischia di diventare solo uno specchietto per le allodole. Con essa, però, i broker possono davvero fare un salto di qualità, non solo tecnologico, ma soprattutto culturale e professionale.

Per concludere, quali opportunità cogliere in questo momento di grande trasformazione?

Il brokeraggio assicurativo europeo, e in particolare quello italiano, sta vivendo una fase di trasformazione profonda e irreversibile. L’aggregazione tra broker non è più solo una strategia difensiva, ma una leva proattiva per affrontare le sfide della competitività, della regolamentazione e dell’innovazione tecnologica. In questo scenario, l’adozione di strumenti digitali evoluti – e in particolare dell’intelligenza artificiale – rappresenta un’opportunità unica. Tuttavia, come per ogni trasformazione, il rischio non è tanto nella tecnologia in sé, quanto nell’assenza di una direzione umana capace di guidarne l’impiego in modo etico, strategico e coerente con i bisogni del cliente. Il successo delle integrazioni dipenderà sempre meno dalla sola dimensione e sempre più dalla capacità di creare valore condiviso: tra colleghi, tra strutture organizzative, tra tecnologia e persone. La sfida è costruire realtà in grado di offrire consulenza autentica, supporto proattivo e soluzioni su misura in un mercato in ostante evoluzione. Solo chi saprà coniugare innovazione e umanità potrà davvero guidare la nuova stagione del brokeraggio assicurativo.

© Riproduzione riservata