L’INVIATO SPECIALE

Autore: Ugo Ottavian
ASSINEWS 376 – Luglio-Agosto 2025

La sentenza della Cassazione chiude la vicenda di un incidente stradale mortale avvenuto nel 2014 in Sicilia

Il fatto

C’è di che allarmarsi e di che rivedere i propri comportamenti. Si danno a volte per scontate cose che scontate non sono. E allora non vi è nulla di meglio che accertare la realtà. Ecco perché l’inviato speciale indaga. Ma non perdiamo altro tempo ed andiamo ai fatti.

Il 14 dicembre 2014, in Sicilia, nell’hinterland della provincia di Ragusa, si è verificato un incidente stradale mortale lungo una strada provinciale in un tratto extraurbano a doppio senso di marcia. In particolare, il conducente di un’auto Alfa Romeo 147, che marciava ad una velocità di gran lunga superiore al consentito (circa 150 km orari, vigendo in quel tratto il limite massimo di 50 km all’ora), all’uscita di una curva volgente a sinistra, ha trovato irregolarmente parcheggiato contromano sul margine destro della propria carreggiata un trattore, che ostruiva una parte, fino quasi a metà, della corsia di marcia di pertinenza dell’altro veicolo, ed è andato ad urtare contro l’ingombrante mezzo con la fiancata destra. In conseguenza del violento impatto, che ha determinato lo spostamento del trattore di due metri, l’automobile ha ruotato su sé stessa e, quindi, ha urtato contro un’altra vettura proveniente dall’opposto senso di marcia. Il conducente della 147 ha riportato gravissime lesioni, che lo hanno condotto a morte in pochi minuti.

L’iter giudiziario

I giudici di merito hanno ritenuto che “concausa” dell’incidente, sia stata: 1) la grave imprudenza della vittima, che, come si è visto, viaggiava a velocità sconsiderata, 2) l’irregolare parcheggio, in violazione dell’art. 157 del codice della strada, del trattore da parte di (omissis), sia pure in condizione di “fermata” e non di “sosta”, ostruendo una significativa parte della corsia, in un punto non ben visibile, con un trattore che, peraltro, non avrebbe potuto viaggiare, poiché montava in maniera irregolare una benna le cui “braccia” diminuivano la visibilità in concreto delle luci gialle lampeggianti.  

Ma andiamo con ordine:

  • a seguito delle iniziative legali e giudiziarie promosse successivamente ai fatti, gli stessi sono stati cristallizzati dalle perizie e la distribuzione delle responsabilità ha coinvolto tutti gli attori in sinistro, compresa la parte proprietaria/conducente del trattore;
  • non vi è stata però da parte di questi pacifica accettazione della sentenza di primo grado e contro di essa è stato proposto appello;
  • la Corte d’Appello di Catania chiamata a giudicare ha confermato – con sentenza del 22/04/2024 – gli esiti del giudizio precedente;
  • non accettandone l’esito e non condividendo l’attribuzione della responsabilità in sinistro dovuta al suo comportamento, la parte proprietaria/ conduttrice del trattore, ha percorsa la via della Cassazione. Dopo più di dieci anni dai fatti, si è giunti quindi il 07.02.2025 alla pronuncia della Cassazione (sez. IV penale, sentenza n. 5007, che brevemente riepilogata in narrativa, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Le sentenze

Come detto, già in primo grado la parte proprietaria/ conduttrice del trattore fermo su parte della carreggiata era stata riconosciuta responsabile del sinistro ed aveva impugnato la sentenza ricorrendo al successivo grado di giudizio. La Corte di appello di Catania il 22 febbraio 2024 ha però integralmente confermato la sentenza, appellata sia dall’imputato che dalle parti civili, con la quale il Tribunale di Ragusa il 24 novembre 2021, all’esito del dibattimento, ha riconosciuto il ricorrente responsabile del reato di omicidio colposo, con violazione della disciplina sulla circolazione stradale, in conseguenza condannandolo, con le circostanze attenuanti generiche equivalenti all’aggravante, alla pena di giustizia, condizionalmente sospesa, oltre al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separato giudizio civile, alle parti civili.

Il ricorso in Cassazione

Ciò posto, ricorre per la cassazione della sentenza l’imputato, tramite difensore di fiducia, affidandosi a tre motivi con i quali denunzia violazione di legge (tutti i motivi) e vizio di motivazione. Con il primo motivo lamenta contraddittorietà e/o illogicità della motivazione ed erronea applicazione degli artt. 40, 43 e 589 cod. pen., per non avere adeguatamente preso in considerazione il comportamento dell’automobilista deceduto, concentrandosi sull’agire del trattorista, reo solamente di aver posto il proprio mezzo affiancato alla carreggiata proprio nei modi e nelle forme individuate dalla stessa Corte di Appello (“…va evidenziato che l’art 157 D. Lgs. 285/1992 prescrive, in caso di fermata per esigenze di brevissima durata, di collocare il mezzo più vicino possibile al margine destro della carreggiata parallelamente ad esso…).

Con il secondo motivo il ricorrente si duole della violazione degli artt. 157 e 589, commi 1 e 2, cod. pen., nella formulazione anteriore alla legge 23 marzo 2016, n. 41, non avendo i giudici di merito calcolato correttamente la prescrizione, che sarebbe, in realtà, maturata. Infatti, essendo l’esito concreto del giudizio di bilanciamento quello di equivalenza, l’aggravante di cui al comma 2 dell’art. 589 cod. pen. si sarebbe – si ritiene – “annullata” e si sarebbe così tornati alla pena edittale massima di cinque anni di reclusione, con conseguente prescrizione pari a sette anni e sei mesi dal fatto. 3.3. Tramite l’ultimo motivo censura la violazione degli artt. 69 e 589, commi 1 e 2, cod. pen., nella versione anteriore alla legge n. 41 del 2016, con riferimento alla dosimetria della pena irrogata, che sarebbe dovuta essere – stima il ricorrente – pari a due anni, ove si fosse fatta applicazione dell’art. 589, comma 2, cod. pen. ovvero ben al di sotto di quella in effetti applicata, se invece si fosse ritenuto di dover fare applicazione del comma 7 dell’art. 589-bis cod. pen., evenienza tuttavia esclusa da entrambi i giudicanti.

Una obbligatoria premessa

L’art. 2054 del codice civile (Circolazione di veicoli) è il principio normativo per il qua le il “conducente” del veicolo, assume sul suo capo una presunzione di responsabilità per i danni derivanti dalla circolazione. E poiché un veicolo, può continuare ad interagire con la circolazione stradale anche da fermo, può per questo stesso motivo costituire potenziale pericolo. Ed è per questo che la consolidata giurisprudenza in materia, interpreta estensivamente il concetto di “circolazione”, includendovi anche la sosta e la fermata del veicolo su aree pubbliche o ad esse equiparate. Ed è così che un veicolo, anche fermo viene a pieno titolo integrato nel concetto di circolazione stradale. Ne consegue allora che il primo comma dell’art. 2054 del codice civile, che testualmente recita: “Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno”, obblighi il conducente che lasci un veicolo fermo o in sosta, ad adottare le opportune cautele atte ad evitare incidenti, pena viceversa l’obbligo al risarcimento del danno.

La pronuncia della Suprema Corte

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato, per le seguenti ragioni.

  • Con il primo motivo – della responsabilità – l’impugnazione mira ad addebitare l’evento mortale alla esclusiva responsabilità della vittima, che, come è stato accertato dai giudici di merito, guidava a velocità sconsiderata, e a tal fine richiama principi astratti, che però non cala adeguatamente nel caso concreto. Ad esempio, assume che sarebbe stata di dolo eventuale o di colpa cosciente la condizione psicologica della vittima, che tuttavia è indifferente al fine in esame; ed insiste sulla pretesa irrilevanza quanto all’accertamento in concreto del nesso di causalità della condotta dell’imputato, che risulta avere parcheggiato il trattore in un tratto curvilineo della strada e con ridotta visibilità ostruendo una parte, fino quasi a metà, della corsia di marcia di pertinenza dell’altro veicolo. Alle questioni poste dalla difesa, comunque, hanno già adeguatamente risposto sia Tribunale, più diffusamente, dando atto che la maggiore responsabilità è certamente in capo alla vittima ma ritenendo anche, con motivazione non incongrua e non illogica, che, se il conducente dell’ingombrante mezzo non lo avesse lasciato fermo per un tempo apprezzabile, di almeno circa 14-15 minuti, in un punto scarsamente visibile, ingombrando ampia parte della corsia di marcia dell’auto, l’incidente non si sarebbe verificato.
  • Con il secondo motivo la difesa in sostanza ragiona richiamando l’effetto sul calcolo della prescrizione dell’esito del giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee che era proprio del sistema codicistico precedente l’entrata in vigore (avvenuta l’8 dicembre 2005) della legge 5 dicembre 2005, n. 251, meccanismo ormai superato per ben precisa scelta legislativa. Al riguardo, è appena il caso di rammentare il principio di diritto puntualizzato, da ultimo, da sez. 4, n. 38618 del 05/10/2021, Ferrara, Rv. 282057, secondo cui “Ai fini della prescrizione del reato occorre tenere conto delle circostanze aggravanti ad effetto speciale, anche ove le stesse siano considerate sub valenti nel giudizio di bilanciamento con le concorrenti circostanze attenuanti, perché l’art. 157, comma 3, cod. pen. esclude espressamente che il giudizio di cui all’art. 69 cod. pen. abbia incidenza sulla determinazione della pena massima del reato” (nello stesso senso v. già, tra le altre, sez. 1, n. 36258 del 07/10/2020, Lattanzi, Rv. 280059; e sez. 6, n. 50995 del 09/07/2019, Pastore, Rv. 278058). 4.11
  • Terzo motivo – sulla dosimetria della pena, a seguito del concreto giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee – opera un non chiaro discorso sul calcolo della pena, che è stata determinata, all’interno della forbice di cui al comma 1 dell’art. 589 cod. pen. previgente, norma in concreto ritenuta più favorevole (p. 4 della sentenza di primo grado), in misura compresa tra il minimo ed il medio (p. 7 della sentenza del Tribunale); risulta, co munque, tranciante il rilievo che l’appello non verteva in tema di trattamento sanzionatorio. Consegue la reiezione del ricorso e la condanna del ricorrente, per legge (art. 616 cod. proc. pen.), al pagamento delle spese processuali.

PER QUESTI MOTIVI
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 08/01/2025.

In conclusione

In sintesi la sentenza si fonda sul principio che anche un veicolo fermo, se posizionato in violazione delle norme e in modo tale da costituire un pericolo o un intralcio alla circolazione, rientra nel concetto di “circolazione” ai fini della responsabilità civile. La responsabilità del proprietario si aggiunge a quella eventuale del conducente (se diverso) e può sussistere anche se il veicolo era solo in fase di “fermata”, qualora questa, reputata irregolare, sia stata concausa dell’incidente mortale. I fondamenti risiedono nell’obbligo di non creare pericolo per la circolazione e nel nesso causale tra la condotta illecita (il divieto) e l’evento dannoso. Va fatta quindi sempre attenzione a questi punti:

  1. Violazione delle norme del codice della strada: lasciare un veicolo fermo o in sosta vietata costituisce una chiara violazione delle norme sulla circolazione stradale (Titolo V del codice della strada, relativo a “norme di comportamento”). Tali norme mirano a garantire la sicurezza della circolazione. Una sosta irregolare, soprattutto in condizioni di scarsa visibilità, su strade trafficate o in punti pericolosi (come la banchina), può creare un ostacolo o un intralcio imprevedibile per gli altri utenti della strada.
  2. Nesso di causalità: affinché sorga una responsabilità, è necessario dimostrare che la condotta illecita (la fermata o la sosta vietata) abbia avuto un ruolo causale nella determinazione dell’evento dannoso (l’incidente mortale). Nel caso in oggetto, la Corte ha valutato che la presenza del trattore fermo in maniera irregolare sulla banchina stradale abbia costituito una concausa dell’incidente, rendendo più difficile o pericolosa la circolazione per l’automobilista coinvolto.
  3. Prevedibilità dell’evento: un aspetto rilevante considerato dalla giurisprudenza è la prevedibilità da parte del soggetto (in questo caso, il proprietario, o chi per lui ha lasciato il mezzo fermo e occupante anche parte della carreggiata) che la fermata in quel luogo e in quelle condizioni potesse creare una situazione di pericolo e contribuire al verificarsi di un incidente. Nel caso specifico la prevedibilità del pericolo che ne derivava ha giocato un ruolo nella valutazione della responsabilità.
  4. Responsabilità per omicidio stradale (profilo penale): se dall’incidente derivano lesioni gravi, gravissime o la morte di una persona, la condotta di colui che ha causato l’incidente (anche attraverso una fermata irregolare che ne è concausa) può integrare il reato di omicidio stradale o lesioni personali stradali gravi o gravissime (artt. 589-bis e 590-bis del codice penale). La sentenza più recente del febbraio 2025 (n. 5007) citata nelle ricerche conferma l’applicabilità dell’omicidio stradale al conducente che lasci un veicolo fermo causando un impatto mortale.

La Cassazione ha in fondo confermato la possibile responsabilità, anche a titolo concorsuale, del proprietario/conduttore del trattore ancorché fermo. Questo perché anche la “fermata” in un luogo pericoloso, in violazione delle norme, è stata ritenuta un fattore che ha contribuito in modo significativo a creare la situazione di pericolo che ha portato all’incidente mortale. È questo che ha rafforzato l’attribuzione della responsabilità. E a nulla sono valse le supposte esimenti prodotte in merito dalla difesa nei primi due gradi di giudizio, ne nelle motivazioni del ricorso in Cassazione.

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