Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
Unicredit ha ricevuto tutte le necessarie approvazioni da parte delle autorità competenti e ha completato l’internalizzazione del business bancassicurativo vita in Italia, acquisendo il pieno controllo delle joint venture con Cnp Assurances e Allianz. Cnp UniCredit Vita diventa Unicredit Life Insurance, mentre Unicredit Allianz Vita diventa Unicredit Vita Assicurazioni. Alessandro Santoliquido è stato nominato amministratore delegato di entrambe le società, destinate alla fusione nel 2026, oltre a ricoprire il ruolo di head of Group Insurance. Dopo la fusione, la nuova compagnia italiana di bancassicurazione vita che ne deriverà rappresenterà una significativa espansione delle fabbriche prodotto di Client Solutions e deterrà una posizione di leadership in segmenti di valore quali le polizze unit-linked e vita protezione.
Il ministro Giancarlo Giorgetti, da qualche mese a questa parte più che ottimista sui destini del debito pubblico italiano, è stato più realista del re quando, parlando di denatalità di fronte alla Commissione parlamentare di inchiesta sulla transizione demografica, ha ricordato che con l’aumento dell’età media della popolazione stanno salendo le pressioni «sulla spesa pensionistica, sanitaria e per la long-term care». Un inaspettato assist agli investitori previdenziali italiani può arrivare da un mercato spesso considerato poco affine: quello inglese. Che per una serie di ragione può rappresentare un esempio non impossibile da seguire. Primo, perché è un sistema previdenziale molto più efficiente di quello italiano, ma non è tra i migliori in assoluto: l’autorevole Mercer Global Pension Index 2024 lo colloca all’undicesimo posto su 48 Paesi per quanto riguarda adeguatezza, sosteni bilità e integrità. Nella stessa classifica l’Italia è alla posizione numero 35, superata da Paesi emergenti come Botswana e Malesia. Morale: se guardare ai primi della classe come Olanda, Islanda e Danimarca può essere prematuro, un sistema di fascia medio-alta può essere un buon compromesso.
Sono sempre più simili alle fondazioni bancarie, anche se hanno una missione istituzionale ben diversa: far fruttare i contributi versati per garantire agli iscritti una pensione. Negli ultimi anni le casse previdenziali sono entrate nel capitale delle principali banche italiane, tendenza che si è accentuata negli ultimi mesi con il risiko. Ma come investono questi enti? La recente indagine annuale della Commissione bicamerale del Parlamento, uno degli organi che vigilano sulle casse previdenziali, ha fornito uno spaccato dei portafogli dei 20 enti esistenti in Italia. Nelle loro mani, si legge nell’indagine, c’è un tesoretto che nel 2023 (i più recenti dati a disposizione) era composto da un attivo di 107 miliardi (+23% negli ultimi quattro anni) e da un patrimonio netto salito a 92,71 miliardi (+22%). Numeri che confermano come siano riuscite in questi anni ad aumentare le risorse destinate al pagamento delle pensioni degli iscritti.
L’inchiesta condotta dal procuratore di Milano Marcello Viola e dall’aggiunto Roberto Pellicano è coperta dal massimo riserbo e ben poco è trapelato finora sui giornali. Da quello che è emerso, ma il condizionale è d’obbligo, l’inchiesta riguarderebbe anche un presunto concerto tra alcuni azionisti di Mps, Mediobanca e Generali, tra cui Delfin e Francesco Gaetano Caltagirone. La matassa è molto ingarbugliata, proprio perché riguarda la partecipazione in società tra di loro collegate se dovesse andare in porto l’ops della banca senese su Mediobanca, con a cascata il controllo sulle Generali. È una matassa resa ancora più complessa dal recente ingresso di alcune casse di previdenza pubbliche sulla scena del risiko bancario. Un ingresso massiccio, da quando Mediobanca ha lanciato essa stessa un’operazione su Banca Generali, con l’opposizione da parte di Caltagirone, che ha chiesto e ottenuto dalla stessa Mediobanca il rinvio dell’assemblea che avrebbe dovuto approvare l’ops su Banca Generali. Rinvio motivato anche, secondo molti, dalla concreta possibilità che il fronte anti-ops su Banca Generali avrebbe potuto essere più ampio di quello a favore, facendola saltare. E qui le partite si ricongiungono, perché quello stesso fronte di azionisti di Mediobanca viene dato per certo aderire all’altra ops, quella che dovrebbe portare l’istituto milanese nelle braccia di Mps, la cui procedura di vendita da parte del Mef della propria quota è adesso sotto la lente della Procura di Milano.
Rimandata l’assemblea sull’offerta pubblica di scambio per Banca Generali, la palla sulla vendita della controllata del Leone attiva nel private banking a Mediobanca torna ora nella metà campo di gioco della compagnia guidata da Philippe Donnet. Certo, in mezzo ci sono le incognite dell’ops del Montepaschi su Piazzetta Cuccia che, dopo i pronunciamenti di Bce e Consob attesi per fine giugno, dovrebbe partire a luglio per concludersi a inizio agosto, Procura di Milano permettendo. Un appuntamento dal cui esito dipenderà anche il tentativo della merchant bank di creare il campione del wealth management
Con quasi tutte le offerte ancora a sconto sui valori di borsa, il risiko bancario è ancora in alto mare. Solo l’operazione Banco Bpm-Anima si è chiusa con successo, pur senza fare l’en plein, mentre altre faticano ad avvicinarsi persino alle soglie minime fissate. È il caso dell’ops di Unicredit su Piazza Meda dove, prima della sospensione, il livello di conferimenti si era arrestato al di sotto dell’1%. Ottenere il pieno possesso della target può però non essere una priorità. In alcune operazioni il traguardo può collocarsi ben al di sotto del 100% e anche della maggioranza assoluta. A guidare le scelte dei banchieri non sono solo analisi industriali o contabili, ma anche valutazioni di governance e di potere. E, in questa logica, ogni soglia assume un significato diverso.
Il risiko del risparmio gestito rischia di sciogliersi come neve al sole? L’unica operazione conclusa è stata l’opa su Anima del Banco Bpm, che peraltro aveva già una quota di oltre il 20% nella società di asset management, oltre a una presenza di lunga data nell’azionariato e accordi commerciali. Mentre si è arenata la proposta lanciata da Mediobanca su Banca Generali dopo che il 15 giugno il gruppo guidato dall’ad Alberto Nagel ha rinviato al 25 settembre l’assemblea originariamente convocata per il 16 giugno per l’approvazione dell’offerta pubblica volontaria di scambio (ops) sull’istituto del leone di Trieste (la decisione arriva in risposta alla richiesta, da parte di alcuni soci, di conoscere l’orientamento di Generali, attore fondamentale per il successo dell’operazione). Un ruolo chiave nella gestione di Banca Generali è da quasi dieci anni anni quello dell’ad Gian Maria Mossa, che guida il gruppo dal marzo 2017. In questo periodo i patrimoni della società sono quadruplicati da 25 a oltre 100 miliardi di euro, mentre guardando al total return, ovvero alla variazione del prezzo del titolo includendo i dividendi distribuiti, da inizio 2025 segna un +12%, a un anno + 36%, a cinque anni dal 122% e a 10 anni del 113%. Al prezzo attuale dell’azione di oltre 47 euro, la media dei target price degli analisti è di 51 euro con un potenziale di rialzo del 7%. Il gruppo lo scorso anno ha aperto una propria banca in Svizzera a Lugano e ha concluso con successo l’opa su Intemonte a chiusura del piano industriale 2022-2024. Mossa avrebbe dovuto presentare il nuovo business plan alla fine di questo mese, ma lo ha messo in pausa in attesa degli sviluppi dell’offerta di Mediobanca.
L’ultimo caso è stata Dallbogg Life and health, assicurazione bulgara che in Italia colloca coperture Rc Auto e, in maniera residuale, cauzione. Nel Paese la compagnia opera in libera prestazione di servizio (lps), ovvero senza essere vigilata direttamente da Ivass, controllata invece dall’autorità di Sofia. Nei giorni scorsi la Financial Supervision Commission (Fsc), l’autorità di vigilanza bulgara, ha vietato a Dallbogg la sottoscrizione di nuovi contratti transfrontalieri per tre mesi. Una decisione che è stata presa per le inefficienze di Dallbogg nella gestione dei sinistri che appare curiosa, considerando che il divieto varrà solo dall’1 luglio e quindi la compagnia, in questi giorni, potrebbe continuare indisturbata a collocare i suoi prodotti in Italia
L’adesione alla previdenza complementare, sia pure secondo la normativa italiana su base volontaria, rappresenta sempre più una necessità soprattutto per i giovani che sono particolarmente esposti al rischio di inadeguatezza delle future pensioni. Non è quindi un caso che l’adesione a un fondo pensione rappresenti oggi la condizione necessaria ma non sufficiente per costruire nel tempo una rendita integrativa che, combinandosi con la pensione di base, possa consentire di mantenere un tenore di vita quantomeno prossimo a quello di cui si beneficava durante il percorso lavorativo. Paragonando la previdenza complementare a un salvadanaio è importante infatti versare con continuità (godendo della deducibilità dei contributi versati) e investire in maniera ragionata e diversificata
- La stabilità di Investimento mixESG