Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
Nel 2050 il rapporto tra pensionati e lavoratori in Italia sarà di uno ad uno. Il Belpaese si avvia verso un ulteriore indebolimento della forza lavoro potenziale, soprattutto a causa della denatalità e dell’invecchiamento della popolazione attiva, proseguendo un percorso già avviato dagli anni Settanta del secolo scorso, quando è cominciata la discesa sotto il tasso di sostituzione tra le generazioni. È quanto si legge nel nuovo numero di Sinappsi, la rivista scientifica dell’Inapp, da cui emerge come il tasso di dipendenza degli anziani, ossia il rapporto tra ultra 65enni e popolazione 15-64enne, è già attualmente oltre il 40% per l’Italia e nel 2027 è previsto rimanere sopra la media europea, assestandosi vicino al 66%. Se si mette in relazione chi è in pensione con chi effettivamente lavora, il carico attuale in Italia risulta pari al 60%, il peggiore nell’Ue in cui la media è inferiore di ben 15 punti percentuali, ed è proiettato a salire di altri 20 punti percentuali nel 2027, arrivando all’80%, il valore più alto insieme a Grecia e Portogallo. «L’invecchiamento della popolazione comporta conseguenze plurime di carattere economico e sociale, le più evidenti sono quelle relative alla sostenibilità del mercato del lavoro e delle prestazioni» commenta Natale Forlani, presidente dell’Inapp. «La riduzione delle nuove nascite nel corso degli ultimi anni si è progressivamente trasferita sulle persone in età di lavoro, basta guardare come la quota dei lavoratori ultraquarantenni sia prossima al 60% del mercato del lavoro e quella degli over 50 abbia superato da circa tre anni la coorte dei lavoratori tra i 35 e i 49 anni. In più, da qui al 2040, avremo una perdita di circa 4 milioni di persone in età di lavoro».
Si riducono i tempi di pagamento da parte delle imprese italiane, tanto che il Belpaese riesce a guadagnare due posizioni nella classifica europea e quattro in quella internazionale. Anche se lungo la penisola si rileva un aumento del numero di aziende che hanno registrato ritardi gravi, ossia oltre i 90 giorni, passando dal 3,4% nel 2023 al 4,4% nel 2024. Sono alcune delle evidenze che emergono dalla lettura dei dati contenuti nella 21° edizione dell’osservatorio “Studio pagamenti” di Cribis, società del gruppo Crif specializzata nel fornire informazioni, soluzioni e consulenza alle imprese, che, analizzando il comportamento delle aziende in 36 paesi, conferma che, nonostante il progresso nelle abitudini di pagamento da parte delle realtà produttive made in Italy, il divario con le economie più virtuose resta ancora piuttosto ampio.
Non basta che l’autovelox sia stato sottoposto alla taratura annuale per evitare che siano annullati la multa e il taglio dei punti patente inflitti all’automobilista. E ciò perché lo strumento elettronico per misurare la velocità dei veicoli sulle strade deve avere ottenuto l’omologazione, oltre che l’autorizzazione, affinché l’accertamento della violazione sia legittimo: entrambe le procedure, infatti, risultano necessarie perché sono diverse per natura, caratteristiche e finalità; la seconda è sempre dovuta per verificare se il prototipo dell’apparecchio possiede caratteristiche fondamentali in linea con il regolamento di esecuzione del codice della strada. Non rileva poi che la circolare del 23/1/2025 n. 995 emessa dal ministero dell’Interno rilanci la tesi della “identità fra le procedure di omologazione e approvazione”, uniformandosi al parere dell’Avvocatura dello Stato, “per arginare la consistente mole di ricorsi presentanti dagli automobilisti”: un atto amministrativo non può avallare un’interpretazione che “non trova supporto in fonti primarie”. Così la Corte di cassazione civile, sez. seconda, nell’ordinanza n. 12924 del 14/5/2025, che conferma l’ordinanza “spartiacque” n. 10505 del 18/4/2024, affrontando inoltre il tema della taratura sollevato in giudizio dal Comune e la tesi dell’equiparazione fra omologazione e autorizzazione riproposta dal Viminale. Risultato: gli enti locali restano al momento esposti a valanghe di ricorsi
Una volta manifestata l’intenzione di porre fine al rapporto negoziale, l’appaltatore non può trattenere l’immobile o una sua parte quale forma di autotutela per il proprio credito. Di conseguenza, è tenuto a sgomberare immediatamente l’area di cantiere e a rimuovere i ponteggi. Lo ha affermato il Tribunale di Prato con l’ordinanza del 2 maggio 2025, fissando un principio importante in materia di appalti collegati ai bonus edilizi. Il caso riguardava un condominio, impossibilitato ad accedere a garage e finestre a causa della presenza di ponteggi lasciati in loco da un’impresa inadempiente. I lavori non erano mai iniziati, ma l’impresa si rifiutava di rimuovere le strutture, sostenendo di vantare crediti ancora non saldati
Per il welfare aziendale la contabilità segue la contrattazione e gli accordi aziendali. Così, benché sempre più aziende adottino piani di welfare nell’intento di accrescere il benessere e il potere di spesa dei lavoratori, il datore di lavoro, prima di mettere a punto un piano, dovrà valutare con attenzione i benefit che intende erogare. In generale, sono esclusi dal reddito di lavoro dipendente prestazioni, opere, servizi corrisposti al dipendente in natura o sotto forma di rimborso spese, aventi finalità di rilevanza sociale. In molti casi, però, il piano di welfare è agganciato ad accordi sindacali sottoscritti con l’azienda che ne stabiliscono le regole di calcolo e di fruizione; in tal caso, l’applicazione del regime di favore è sottratto alla libera disposizione delle parti, essendo subordinato alle condizioni stabilite dalla contrattazione collettiva di secondo livello. La non concorrenza al reddito di lavoro dipendente è, tuttavia, subordinata alla condizione che i benefit siano offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e non siano ad personam (circolare 28/E/2016). Di particolare impatto sui piani di welfare aziendale anche le nuove misure previste della legge di bilancio 2025. Ciò premesso, ai fini contabili occorre riferirsi alle indicazioni dello standard Oic 12. Resta la verifica, caso per caso, della corretta rilevazione contabile (tra i debiti oppure in appositi fondi) una volta esaminato il contenuto degli accordi sindacali e dei piani sottoscritti dall’azienda. Si guarda, in primo luogo, alla voce B.9 del conto economico che riporta i costi sostenuti per il personale
Vietata l’esposizione in bacheca del nominativo dei condòmini morosi. In caso contrario, scatta il risarcimento del danno per indebita diffusione dei dati personali, perché in tal modo le informazioni possono venire a conoscenza dei soggetti terzi che transitano nelle parti comuni. E i danni risarcibili sono anche quelli non patrimoniali, potendosi quindi ricorrere alla prova presuntiva e alla liquidazione equitativa del pregiudizio subito. Ciò vuol dire che il danneggiato può limitarsi a provare il fatto materiale e ad allegare altri elementi dai quali desumere il danno patito. Questa la decisione contenuta nella sentenza n. 826 adottata lo scorso 7 aprile 2025 dal Tribunale di Taranto, a sua volta fatta propria dalla Corte di cassazione (per esempio l’ordinanza n. 29323, del 7/10/2022 per cui si veda ItaliaOggi Sette del 21/11/2022). L’illegittimità di tale condotta è stata sanzionata più volte dal Garante privacy ed è stata anche stigmatizzata nel nuovo vademecum predisposto da quest’ultima per la corretta applicazione in condominio della normativa sul trattamento dei dati personali e attualmente in fase di consultazione pubblica