Nel 2024 tiene l’export italiano nonostante le tensioni internazionali, ma deve prepararsi ad affrontare nuove sfide nel 2025, in particolare i dazi americani e la debolezza della domanda europea
Secondo il rapporto “Export Italiano, i rischi e le opportunità” realizzato da Coface, nel 2024 le esportazioni del nostro Paese si sono mantenute sostanzialmente sulle stesse posizioni, attestandosi a 623,5 miliardi di euro con una variazione minima (-0,4%) rispetto all’anno precedente.
La tenuta dell’export nasconde però un quadro di luci e ombre: da un lato, il crollo del settore auto (-12,2%) e le difficoltà di tessile-abbigliamento (-4,5%) e metalli (-3,3%); dall’altro, l’ottima performance di alimentare (+9,5%), farmaceutica (+7,9%) e gioielleria (+12,4%).
Sul fronte geografico, preoccupa il rallentamento dei principali mercati di sbocco (Germania, Francia e USA), solo in parte compensato dalla crescita in mercati secondari, con il caso emblematico della Turchia che entra nella top 10 grazie al boom dell’export di gioielli. All’orizzonte per il 2025 si profila lo spettro dei dazi americani, che potrebbero colpire settori strategici per il Made in Italy, in un contesto di possibile ulteriore indebolimento della domanda europea.
Auto e tessile-abbigliamento in difficoltà, brillano alimentare e farmaceutica
L’analisi settoriale rivela un quadro a due velocità. Il comparto automotive vive un momento particolarmente difficile, registrando un calo del 12,2% e influenzando negativamente la crescita complessiva dell’export per 1,3 punti percentuali. La contrazione ha preso avvio nel secondo trimestre 2024 e ha interessato le esportazioni di autovetture verso quasi tutte le destinazioni principali, con le sole eccezioni di Paesi Bassi e Polonia. Anche il tessile-abbigliamento e accessori mostra segni di debolezza (-4,5%), con una flessione particolarmente marcata per calzature, borse e piccola pelletteria. I metalli completano il quadro negativo con un -3,3%, dovuto principalmente al calo delle esportazioni di ferro e acciaio, penalizzate dalla debole domanda del settore manifatturiero e delle costruzioni in Europa e dai prezzi più contenuti rispetto agli anni precedenti. In controtendenza, il settore alimentare (+9,5%) e quello farmaceutico (+7,9%) mostrano una solida crescita, affiancati dal comparto dei beni manifatturieri diversi (+12,4%), trainato dall’eccezionale performance della gioielleria.
Germania e Francia rallentano, boom della Turchia spinta dai gioielli
Sul fronte geografico, l’export italiano ha risentito del rallentamento della domanda da parte dei principali partner commerciali: Unione Europea (che assorbe oltre la metà dell’export italiano), Stati Uniti e Cina. In ambito UE, preoccupa soprattutto la contrazione verso Germania (-5,0%) e Francia (-3,6%), rispettivamente primo e terzo mercato di sbocco, con cali significativi nelle vendite di veicoli, acciaio e ferro. Queste performance negative sono state però bilanciate dalla crescita dell’export verso Spagna (+4,5%), Regno Unito (+5,3%) e Paesi Bassi (+4,3%), sostenuta principalmente dall’incremento delle vendite di prodotti farmaceutici. Spicca il caso della Turchia, che con un balzo del 23,9% è entrata nella Top 10 dei partner commerciali dell’Italia nel 2024, grazie a un aumento quintuplicato delle esportazioni di gioielli. Al contrario, la Cina è scivolata dall’undicesimo posto, a causa principalmente del calo delle vendite di prodotti farmaceutici nel primo trimestre 2024, dopo un picco eccezionale registrato a inizio 2023.
Il 2025 tra dazi USA e nuovi mercati: quali scenari per l’export italiano?
Le prospettive per il 2025 si presentano cariche di incognite. Da un lato, la crescita economica europea appare limitata, con persistenti difficoltà nei settori manifatturiero e delle costruzioni, in particolare in Francia e Germania, mercati di riferimento per l’export italiano. Dall’altro, la politica commerciale degli Stati Uniti rappresenta un fattore di rischio significativo, con la potenziale introduzione o estensione di dazi e barriere commerciali. L’Italia risulta uno dei paesi europei più vulnerabili a eventuali misure protezionistiche americane: i settori particolarmente esposti includono macchinari (12,2% dell’export verso gli USA), farmaceutica (16,8%), automotive (12,5%, con picchi del 16,9% per i veicoli), vini e bevande (21,7%), prodotti ceramici e pietre da costruzione (13% per i minerali non metalliferi), mobili (12,2%), calzature e pelletteria (11%). Oltre agli impatti diretti, occorre considerare le ricadute indirette sulle catene di fornitura integrate con partner come la Germania. In questo scenario complesso, diventa strategico per le imprese italiane diversificare i mercati di sbocco, esplorando le opportunità offerte da economie emergenti ad alto potenziale nei Paesi del Golfo e in Asia.