L’Istat diffonde i principali risultati del modulo ad hoc, armonizzato a livello europeo, su “Pensione e partecipazione al mercato del lavoro” inserito nella Rilevazione sulle forze di lavoro condotta nel corso del 2023, condotta sulle persone tra i 50 e i 74 anni che beneficiano di una pensione.

Dall’analisi emerge che il 32,1% della popolazione tra 50 e 74 anni (circa 6 milioni e 607mila individui) riceve almeno una pensione; l’età media è pari a 68,3 anni: il 37,1% ha tra 65 e 69 anni e il 43,4% ha almeno 70 anni. Le donne, nonostante rappresentino la maggioranza (51,6%) della popolazione tra 50 e 74 anni, costituiscono meno della metà (il 45%) del sottogruppo di coloro che percepiscono trattamenti pensionistici: si tratta di 2 milioni e 971mila pensionate, di cui ben il 46,7% ha 70 anni e oltre. Tra gli uomini 50-74enni, i beneficiari di pensione sono 3 milioni e 637mila, di cui oltre un quinto (21,7%) ha tra 50 e 64 anni.

Il 43,4% della popolazione di età compresa tra 50 e 74 anni non percepisce una pensione ed è occupata, quasi 9 milioni di individui relativamente giovani, essendo l’età media pari a 56,3 anni. La quota è in linea con la media dell’Unione europea (43,2%).

La percentuale dei pensionati tra i 50 e i 74 anni di età, 32,1%, è invece tra le più basse in Europa, superiore solo a quelle di Spagna (24,3%), Danimarca (25,5%) e Grecia (31,7%), distanziandosi di oltre 8 punti percentuali dalla media Ue27 (40,5%). Di contro, in Italia la quota di persone che non lavorano e non beneficiano di alcuna pensione (24,4%) è tra le più alte (è inferiore solo a quelle di Spagna, 29,8%, e Grecia, 25,1%) e si discosta dalla media dei Paesi di 8,1 punti percentuali.

Elevate le differenze di genere: in Italia il 28% delle donne percepisce una pensione, contro una media europea del 40,7%; per gli uomini i valori sono rispettivamente 36,5% e 40,4%. In altri termini, l’Italia si colloca al di sotto della media Ue27 di circa 13 punti percentuali per effetto della componente femminile (essendo la differenza di appena 4 punti con riferimento alla componente maschile).

Più bassa rispetto alla media europea (4,1%) è anche la quota, pari al 2%, di chi riceve una pensione con funzione di vecchiaia ed è occupato; si tratta di 418mila individui con un’età media pari a 66,5 anni.

Infine, un individuo su quattro non lavora e non beneficia di alcuna pensione; sono circa 5 milioni di individui e hanno in media 59,8 anni, sono soprattutto donne (75,7%) che vivono in coppia (33,4% senza figli coabitanti e 38,7% con figli coabitanti), con cittadinanza italiana (92,6%), poco istruiti (il 67,4% ha al massimo la licenza media inferiore), che in metà dei casi risiedono nel Mezzogiorno; un terzo non ha mai lavorato: il 42% tra le donne, quota che sale al 47% nel Mezzogiorno e raggiunge il 55% tra chi possiede al più la licenza elementare.

Il 63,5% dei 50-64enni è occupato e solo il 9,5% percepisce un trattamento pensionistico; nella fascia di età 65-74 anni i valori passano rispettivamente al 9,7% e al 77,5%.

Nel Mezzogiorno si registra la quota più bassa sia di occupati sia di percettori di trattamenti pensionistici: lavora poco più della metà delle persone tra 50 e 64 anni (contro circa il 70% nel Nord) e beneficia di una pensione poco meno del 70% delle persone tra 65 e 74 anni (rispetto a valori superiori all’80% nel Nord). Inoltre, sempre nel Mezzogiorno, il 23,8% delle persone tra 65 e 74 anni non è occupata e non riceve alcuna pensione, rispetto al 14,6% nel Centro, al 13% nel Nord ovest e al 12,2% nel Nord est.

Tra i 65-74enni, soltanto il 68,3% delle donne percepisce un trattamento pensionistico, contro l’87,7% degli uomini; all’opposto, il 26,8% delle donne non lavora e non beneficia di alcuna pensione, percentuale quasi cinque volte più elevata rispetto a quella degli uomini (5,7%). Tale evidenza, che si verifica anche nella classe di età 50-64 anni (non è occupato e non ha una pensione il 40,5% delle donne contro il 15,4% degli uomini), è legata al fatto che la componente femminile si caratterizza rispetto a quella maschile per tassi di occupazione più contenuti, per carriere lavorative più brevi e discontinue e anche per una non trascurabile quota di coloro che non hanno mai lavorato, tutti elementi che concorrono a determinare un forte rischio di vulnerabilità economica in età avanzata.

Il livello di istruzione ha un peso importante nel rischio di non essere occupati né beneficiari di un trattamento pensionistico: tra i 65-74enni, appena il 4,8% dei laureati è in questa condizione, quota che sale a un quarto tra i meno istruiti; tra i laureati, inoltre, la quota di chi percepisce una pensione ed è occupato raggiunge l’8,6%.

Nella classe di età 50-64 anni, la quota degli occupati (63,5%) è sintesi di forti differenze per genere, territorio e titolo di studio; la percentuale di chi non è occupato né pensionato passa infatti dal 9,6% per i laureati al 62,5% per i meno istruiti.

Tra gli stranieri, ben il 59,6% di coloro che hanno tra 65 e 74 anni non percepisce un trattamento pensionistico, valore tre volte superiore rispetto a quello osservato tra gli italiani (21,4%); in particolare, sempre in questa fascia di età, tra gli stranieri la quota degli occupati che non percepiscono pensione (27%) è oltre cinque volte quella degli italiani (5%), mentre quella di chi non lavora e non ha una pensione è circa doppia (32,6% rispetto a 16,4%).

L’ETÀ ALLA PENSIONE

L’età media alla ricezione della prima pensione con funzione di vecchiaia (da lavoro e da altro tipo) è pari a 61,4 anni, dato in linea con la media europea (61,3 anni); è più elevata tra le donne (61,9 anni) rispetto agli uomini (60,9 anni). Inoltre, le donne in Italia iniziano a ricevere una pensione più tardi rispetto a quanto osservato a livello europeo: la media europea è pari a 60,9 anni per le donne e 61,3 anni per gli uomini.

Mediamente, le donne iniziano a percepire la pensione da lavoro leggermente più tardi rispetto agli uomini: l’età media è pari a 61,0 anni rispetto a 60,8 tra gli uomini (Figura 5). L’età media è inoltre più alta nel Mezzogiorno (62,3), tra gli stranieri (63,5) e tra i laureati (63,1), conseguenza per questi ultimi anche del posticipato ingresso nel mercato del lavoro rispetto alle persone meno istruite.

L’aumento dell’età media di pensionamento risente fortemente degli effetti delle riforme che nel tempo, in particolare a partire dal 2012, hanno inasprito i requisiti per accedere alla pensione. L’incidenza di quanti sono andati in pensione prima dei 60 anni è passata da circa il 90% registrato per gli anni antecedenti al 2009 a valori di poco superiore al 10% nel 2023, con una riduzione maggiore tra gli uomini.