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Quando si parla di banche italiane, da qualche mese a questa parte le sorprese non finiscono mai. L’ultima novità è arrivata all’alba di lunedì 28 aprile, quando Mediobanca ha comunicato al mercato il lancio di un’offerta pubblica di scambio su Banca Generali, che verrà pagata in azioni Generali, di cui Piazzhttps://www.quotidiano.ilsole24ore.com/etta Cuccia detiene circa il 13%. L’operazione, chiara contromossa all’ops ostile di Mps sulla merchant bank milanese, porta a cinque i deal annunciati e previsti nei prossimi mesi. Se andranno in porto, coinvolgeranno oltre 31 milioni di clienti in Italia e all’estero. Chi uscirà davvero vincitore da questa tornata di risiko, anche in vista dell’avvio della stagione delle trimestrali con oltre 6,5 miliardi di utili attesi? E su quale titolo conviene puntare oggi? Ecco le aspettative banca per banca.
I prossimi sei mesi decideranno la nuova geografia della finanza italiana, soprattutto sull’asse Milano-Trieste dove si giocherà la battaglia per Mediobanca e Generali. E, nell’intreccio di operazioni destinato a dipanarsi tra maggio e ottobre, le date avranno un ruolo essenziale. A soli quattro giorni dalla vittoria nell’assemblea del Leone, Piazzetta Cuccia ha spiazzato tutti con un’ops da 6,3 miliardi su Banca Generali che mette in palio la sua storica partecipazione nella compagnia, vendibile però solo dopo il via libera dei soci. La passivity rule impone all’istituto guidato da Alberto Nagel di passare per l’assemblea e l’appuntamento è fissato per il 16 giugno. La merchant bank è convinta che per approvare l’ops basterà il 50% dei votanti più un’azione, ma la scelta viene già contestata: per motivazioni non ancora chiarite, si puntualizza in ambienti vicini al fronte Delfin-Caltagirone anche in base ai primi approfondimenti legali servirebbe il sì dei due terzi dei presenti.
Il prepotente ritorno dell’attenzione delle banche italiane per una maggiore concentrazione presenta un aspetto poco conosciuto dal grande pubblico, ma che meriterebbe invece una certa attenzione. Mi riferisco in particolare a ciò che potrebbe accadere a una importante compagnia d’assicurazioni che possiede una rilevante partecipazione in due banche, una delle quali possiede anch’essa una piccola quota nell’altra banca e ha in corso un’ops per aumentarla. Il dubbio che sorge in tal caso è che, in seguito a tutto ciò, possa nascere un conglomerato finanziario che potrebbe aggiungersi ai sette che già esistono, quelli di Intesa Sanpaolo, Unicredit, Credem, Generali, Monte dei Paschi di Siena, Banco Bpm e Mediolanum, accomunati dal fatto di esercitare contemporaneamente attività importanti sia nel settore assicurativo sia in quello bancario e/o dei servizi di investimento.
Portafogli di lunga vita o lunga vita ai portafogli. Due facce della stessa medaglia, due modi di vedere lo stesso fenomeno: la longevità, ovvero l’allungamento della vita media. L’Italia, con circa 14 milioni di over 65, la metà dei quali ultra settantacinquenne, è il secondo Paese più vecchio al mondo. Nelle prossime due decadi la fascia d’età tra i 15 e i 64 anni scenderà di oltre il 10% nei maggiori Paesi, con punte del -20% in Italia e in Giappone, e nel contempo quella oltre i 65 anni salirà di più del 50% (si veda grafico in pagina). «Entro il 2050 si prevede che 1 persona su 6 nel mondo avrà più di 65 anni e il loro numero raddoppierà, passando da 800 milioni nel 2024 a 1,6 miliardi. Le persone con più di 80 anni saranno oltre 450 milioni», spiega Giulia Culot, senior portfolio manager di Sycomore Asset Management (gruppo Generali Investments).
Una recente rilevazione dell’Eurostat indaga sul tema della longevità attiva. Secondo i dati riportati il 13% dei cittadini europei ha continuato a lavorare dopo aver ricevuto la pensione di vecchiaia nel 2023. Tra questi, circa la metà ha proseguito come prima, mentre per l’altra metà si sono verificati dei cambiamenti, come una nuova occupazione o un impiego di meno ore. La quota più alta di persone che non ha smesso di lavorare è stata riscontrata nei paesi baltici, Estonia (54,9%), Lettonia (44,2%) e Lituania (43,7%), mentre la fetta più bassa in Romania (1,7%), Grecia (4,2%) e Spagna (4,9%). Le persone vogliono tenersi in attività dopo aver ricevuto una pensione di vecchiaia per essere ancora produttive (motivo dichiarato dal 36,3%) o per necessità finanziarie (28,6%). Una percentuale minore, il 3,5%, lo ha fatto perché il proprio partner era ancora impiegato. Danimarca (61%), Paesi Bassi (59,6%) e Italia (51,7%) hanno mostrato la percentuale più alta di persone che hanno trovato un lavoro dopo la pensione perché piaceva loro farlo. Al contrario, la porzione più bassa di persone che hanno segnalato questo motivo è emersa in Spagna (17,9%), Cipro (19,1%) e Slovacchia (20,4%).
Più anni da finanziare una volta finita l’attività lavorativa. Secondo i dati Aipb-Doxa in Italia la durata media della vita post pensionamento è cresciuta di circa il 20% negli ultimi 30 anni, portando molte famiglie a esaurire i risparmi accumulati ben prima del previsto. Ma solo il 13% include il rischio di longevità, cioè di sopravvivere al proprio reddito, nelle decisioni di investimento. «Pianificare per tempo la longevity implica prevedere un’integrazione alla pensione pubblica e puntare alla crescita del capitale attraverso investimenti a medio/lungo termine come, ad esempio, i fondi pensione, i pir e gli investimenti tematici», premette Amundi.
- La semplicità di Valore Risparmio