Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

Piazza Affari promuove la cordata italiana scesa in campo per la privatizzazione di Mps. All’indomani del collocamento del 15% fruttato 1,1 miliardi al Tesoro, i titoli della banca senese hanno guadagnato l’11,6% a 6,16 euro. Positiva anche la reazione di Banco Bpm, entrato nel capitale di Mps con il 5%: le azioni della banca di piazza Meda sono salite del 3,05% a 6,97 euro, mentre i titoli Anima (salita al 4% di Siena) hanno chiuso sulla parità a 6,2 euro (+0,49%). L’accelerated bookbuilding curato da Banca Akros peraltro ha portato nel capitale dell’istituto senese anche altri due colossi della finanza italiana: da un lato Francesco Gaetano Caltagirone che ha rilevato il 3,5% e dall’altro lato Delfin, la holding della famiglia Del Vecchio che ha rilevato un ulteriore 3,5%.
Tra Milano, Siena e Roma prende forma un terzo polo bancario di fatto con un rete commerciale da quasi tremila filiali, una sgr con 200 miliardi di masse gestite, una fabbrica assicurativa vita e un cib di medie dimensioni. Sarà questo l’esito sostanziale della privatizzazione del Montepaschi che si è conclusa mercoledì 13 novembre con l’intervento di un cordata italiana composta da Banco Bpm, Anima, Delfin e Francesco Gaetano Caltagirone sul 15% ceduto dal Tesoro.
Sul patrimonio dei risparmiatori italiani seguiti dalle reti di consulenza inizia a tirare il vento del cambiamento. Una traiettoria già nell’aria dopo gli ultimi dati di raccolta, che ora parrebbe certificata anche sul fronte delle masse. Secondo quanto censito da Assoreti, associazione di categoria presieduta da Massimo Doris (Banca Mediolanum), a fine settembre le masse in gestione dell’industria ammontavano a 880 miliardi di euro, segnando una crescita del 2,8% rispetto alla rilevazione di giugno. Interessante però notare che, dopo due anni di crescita costante e significativa, l’impatto dei titoli di Stato (soprattutto Btp) sul portafoglio totale è rimasto invariato al 9% a fronte di un incremento dello 0,3% (dal 27,1 al 27,4% del totale) per i fondi comuni. Più nello specifico, i titoli di Stato ammontano oggi a circa 79 miliardi, mentre i fondi sono saliti da 232 a 241 miliardi. C’è di più: l’incidenza sul totale delle obbligazioni societarie (le altre vincitrici, assieme ai Btp, dell’era dei tassi di interesse alle stelle) è addirittura scesa: dal 3,7% al 3,6% del patrimonio complessivo dei consulenti.

Sì al danno da blacklist per le imprese. Quando la segnalazione della società alla Centrale rischi di Bankitalia si rivela abusiva, non si può negare il risarcimento al socio e amministratore che ne è fideiussore se la banca chiede il rientro dai finanziamenti all’azienda subito dopo la “denuncia” al database gestito dalla Vigilanza di Palazzo Koch. La prova del danno, infatti, ben può essere fornita per presunzioni. È irrilevante, poi, che il fideiussore non sia indicato personalmente come cattivo pagatore laddove risulta rifiutata l’erogazione di un prestito per essere il nome del garante accostato al debitore segnalato “a sofferenza”. È l’autore della segnalazione illegittima a pagare il risarcimento all’esito della causa per responsabilità extracontrattuale intentata dalla società denunciata. Così la Corte di cassazione civile, sez. terza, nell’ordinanza n. 29252 del 13/11/2024.
La proposta simultanea di un finanziamento e di un’assicurazione non collegata non può essere automaticamente considerata una pratica commerciale aggressiva o sleale. Lo ha stabilito la Corte di giustizia europea con sentenza di ieri, 14 novembre 2024, nell’ambito della causa C-646/22 promossa dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e Compass Banca (società del gruppo Mediobanca). La direttiva 2005/29, nell’indicare le pratiche commerciali considerate in ogni caso sleali, non include tale tipologia di pratica commerciale; serve, quindi, una revisione della direttiva per comprenderla. In assenza, dice la Corte, occorre valutare il comportamento della banca alla luce di quanto prevede l’articolo 8 della stessa direttiva che riconosce come aggressiva la pratica commerciale che, mediante indebito condizionamento, limiti la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induca o sia idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.
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