IL CASO

Se sì, come e in che limiti (sempre che ci siano limiti…)

Autore: Fabrizio Mauceri

ASSINEWS 346 – novembre 2022

Premessa

Le convinzioni che abbiamo sempre avuto in merito all’interpretazione dei contratti in materia assicurativa stanno gradualmente andando in fumo.

L’orientamento delle recenti sentenze della Corte di Cassazione sta, infatti, modificando il mondo assicurativo molto di più di quanto abbiano fatto negli ultimi decenni le compagnie di assicurazione e gli stessi intermediari.

Nell’ambito delle polizze di responsabilità civile, sono sempre state presenti delle limitazioni alla copertura assicurativa, che, nei corsi di assicurazione RC, sono sempre state giustificate e legittimate da tutti gli estensori dei vari corsi.

L’argomento relativo alle spese legali sostenute dall’assicurato per difendersi è uno di questi.

Di quali spese legali stiamo parlando?

In una richiesta di risarcimento del danno, esistono due tipologie distinte di spese legali. Ci sono le spese legali per agire, ossia le spese sostenute dal danneggiato per far riconoscere il proprio diritto al risarcimento. Ci sono poi le spese per resistere, che sono sostanzialmente le spese sostenute dall’assicurato per difendersi dalle richieste del danneggiato.

Le spese per agire fanno parte del danno e, quindi, sono coperte dal massimale se ed in quanto il giudice decide di condannare l’assicurato anche per il pagamento delle spese legali. Le spese legali per resistere sono, invece, quelle disciplinate dall’art. 1917 c.c. al terzo comma.

Come disciplinano l’argomento le compagnie nelle polizze di assicurazione

Normalmente, le compagnie limitano l’efficacia del terzo comma art. 1917 c.c., sostenendo che sia derogabile statuendo che la copertura delle spese legali avvenga solo nel caso in cui i professionisti siano stati designati dalla compagnia.

Le assicurazioni hanno sempre giustificato questa limitazione alla luce del fatto che, per la copertura delle spese legali in modo ampio e completo, esiste il ramo tutela legale, che offre una copertura specifica. La normativa stessa del ramo tutela legale prevede che ci sia una netta differenza tra liquidatori ramo RC e liquidatori ramo specifico, per evitare che ci siano conflitti di interesse ed intromissioni varie.

Il fatto

Una grande società decide di incaricare un ingegnere per redigere il progetto esecutivo relativo alla realizzazione di un’opera molto importante e complessa. Il professionista, una volta completato il lavoro, chiede all’azienda di pagargli la parcella dovuta per il lavoro eseguito.

Constatato che l’azienda medesima non procedeva a saldare l’importo stabilito, il professionista cita in giudizio la società per chiedere con decreto ingiuntivo il pagamento della parcella.

L’azienda si costituisce prontamente, eccependo in domanda riconvenzionale che il progetto redatto dall’ingegnere era pieno di vizi e carenze e che aveva dovuto sostenere delle spese aggiuntive consistenti per correggere il lavoro fatto. Viene, quindi, chiesto al professionista il risarcimento di tutti i danni.

A questo punto, l’ingegnere chiama in causa la sua compagnia di assicurazione di RC professionale per essere tenuto indenne. Quest’ultima, una volta convenuta in giudizio, conviene con le tesi dell’assicurato, sostenendo che non c’era nessuna responsabilità civile e che, quindi, nulla doveva essere pagato.

Il giudice condanna l’ingegnere e quindi la compagnia di assicurazione a pagare il danno (al netto della franchigia), compensando le spese legali.

Cosa succede quando il giudice decide di compensare le spese legali?

Succede che ognuno deve pagare le proprie spese, che, quindi, non vengono messe a carico del civilmente responsabile, come di regola prevede l’ordinamento giuridico.

L’ingegnere, scottato dal fatto di dover anche pagare l’importo della franchigia che era piuttosto elevata, chiede alla compagnia di assicurazione di rimborsargli le spese legali sostenute per resistere all’azione. Questa respinge ogni richiesta, appellandosi alla normativa di polizza che escludeva ogni obbligo da parte della compagnia, non essendo stata lei a nominare gli avvocati ed i periti che aveva utilizzato il professionista per difendersi in giudizio.

Ne seguiva quindi un contenzioso legale che, dopo due sentenze favorevoli alla compagnia, finiva in Cassazione.

Sentenza Corte di Cassazione sezione III civile del 05/07/2022 n. 21220

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 1917 c.c.. Sostiene che la clausola contrattuale, secondo cui “la società (assicuratrice) non riconosce spese sostenute dall’assicurato per legali o tecnici che non siano da essa designati” doveva ritenersi nulla per contrarietà all’art. 1917 c.c., comma 3, e che erroneamente la Corte d’appello ritenne quest’ultima norma derogabile per volontà delle parti.

1.1. Il motivo è fondato.

L’art. 1917 c.c., comma 3, stabilisce che “le spese sostenute per resistere all’azione del danneggiato contro l’assicurato sono a carico dell’assicuratore nei limiti del quarto della somma assicurata”.

Il successivo art. 1932 c.c., comma 1, stabilisce che “le disposizioni degli artt. (…) 1917 commi 3 e 4 (…) non possono essere derogate se non in senso più favorevole all’assicurato”.

Pertanto una clausola contrattuale la quale subordini la rifusione delle spese di resistenza sostenute dall’assicurato al placet dell’assicuratore è una deroga in pejus all’art. 1917 c.c., comma 3, ed è affetta da nullità.

La legge infatti non pone condizioni al diritto dell’assicurato di ottenere il rimborso delle suddette spese. Resta solo da aggiungere che le spese di resistenza sostenute dall’assicurato sono affrontate nell’interesse comune di questi e dell’assicuratore. Esse costituiscono perciò spese di salvataggio ai sensi dell’art. 1914 c.c., e sono soggette alla regola che ne subordina la rimborsabilità al fatto che non siano state sostenute avventatamente (art. 1914 c.c., comma 2, il quale non è che una applicazione particolare del generale principio di cui all’art. 1227 c.c., comma 2).

Il relativo accertamento costituisce un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, che non è stato compiuto e che non può essere compiuto in questa sede: ciò impedisce di decidere la causa nel merito, come richiesto dal ricorrente.

Art. 1932 c.c. le disposizioni degli articoli 1887, 1892, 1893, 1894, 1897, 1898, 1899, secondo comma, 1901, 1903 secondo comma, 1914 secondo comma, 1915, secondo comma, 1917, terzo e quarto comma, 2 1926 non possono essere derogate se non in senso più favorevole all’assicurato.

Le clausole che derogano in senso meno favorevole all’assicurato sono sostituite di diritto dalle corrispondenti disposizioni di legge (1339, 1419 comma 2).

Conclusione

La consuetudine ci fa perdere di vista, a volte, la lettura consapevole della normativa in vigore e non ci fa vedere quali sono le disposizioni che il legislatore ha previsto a tutela degli assicurati.

Sarebbe opportuno fare una revisione critica dei testi di polizza delle compagnie e raffrontarli con la normativa, per verificare se le consuetudini interpretative, fatte nella prassi, siano corrette o meno.


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