di Giuliano Mandolesi
Il test della diligenza diventa diabolico nelle cessioni a catena dei bonus edilizi: non basta il controllo nel primo trasferimento ma i sei indicatori antifrode stabiliti dall’agenzia delle entrate che liberano gli acquirenti dal rischio di responsabilità solidale con i cedenti, vanno riverificati ad ogni passaggio di mano dei tax credit.
Come anticipato da ItaliaOggi lo scorso 7 luglio, la soluzione parziale al problema dovrebbe essere al vaglio del governo attraverso una (ennesima) modifica all’articolo 121 del dl 34/2020 in cui si dovrebbe prevedere che la diligenza richiesta è rispettata in caso di acquisto un credito d’imposta da intermediari finanziari che rilasceranno apposita attestazione circa la corretta effettuazione dei controlli con il correlato esito positivo della procedura. Di fatto, quindi, gli intermediari avranno la funzione di “enti certificatori” della bontà del credito d’imposta con probabili ulteriori costi ribaltati sui cedenti di prima mano. La soluzione però come detto resta parziale poiché, in caso di seconda cessione effettuata da soggetto non intermediario finanziario e che non può attestare la propria diligenza (la correttezza dei controlli eseguiti), l’acquirente di seconda mano dovrà rieffettuare il test (completo) seguendo nuovamente gli indicatori dettati dall’agenzia. Nel caso pocanzi descritto va detto che, come normativa dispone, il cessionario non potrà che essere un soggetto qualificato (ex articolo 106 del TUB) dotato quindi di tutte le competenze per mettere in piedi l’istruttoria necessaria anche se ad oggi è estremamente complesso trovare banche o intermediari finanziari disposti ad acquistare crediti da bonus edilizi non in prima cessione. Va ricordato che i controlli citati sono quelli previsti dall’agenzia delle entrate nella circolare 23/E/2022 ed indispensabili, secondo il documento di prassi, al fine di dimostrare la dovuta diligenza del cessionario in fase di acquisto del credito. In assenza della “specifica diligenza”, qualora poi la detrazione si rilevi non spettante, scatterebbe la responsabilità solidare con il cedente per il pagamento dell’importo corrispondente al bonus non spettante e dei relativi interessi. La valutazione delle diligenza, requisito non presente nella normativa per la cessione dei crediti, secondo l’agenzia delle entrate andrebbe condotta attraverso una istruttoria complessa anche sulla base di sei indicatori stabiliti nella circolare citata ovvero: (1) assenza di documentazione o palese contraddittorietà rispetto al riscontro documentale prodotto; (2) incoerenza reddituale e patrimoniale tra il valore e l’oggetto dei lavori asseritamente eseguiti e il profilo dei committenti beneficiari delle agevolazioni in esame; (3) sproporzione tra l’ammontare dei crediti ceduti ed il valore dell’unità immobiliare; (4) incoerenza tra il valore del credito ceduto e il profilo finanziario e patrimoniale del soggetto cedente il credito qualora non primo beneficiario della detrazione; (5) anomalie nelle condizioni economiche applicate in sede di cessione dei crediti; (6) mancata effettuazione dei lavori. Il problema è che la circolare non pone limiti ai controlli prevedendo il rispetto dei sei indicatori solo in fase di prima cessione per cui, senza modifiche specifiche, la complessa istruttoria antifrode va effettuata in ogni ulteriore compravendita dei tax credit. E’ ovvio che tale vincolo non possa che limitare anche l’ulteriore beneficio prodotto dall’emendamento approvato al dl aiuti (il dl 50/2022) che concede un’ulteriore cessione del bonus sempre effettuabile dalle banche verso soggetti diversi da consumatori o utenti correntisti, che sarebbero costretti a seguire le verifiche richieste dall’agenzia delle entrate per evitare la responsabilità solidale.
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