RISARCIMENTO DANNI

Autore: Bianca Pascotto

ASSINEWS 342 – giugno 2022 

La conferma della Cassazione del principio sul cumulo tra il risarcimento del danno non patrimoniale e le prestazioni previdenziali erogate dall’INPS

Tolgo o lascio? È questa la domanda che il salumiere di fiducia ci rivolge quando il peso sulla bilancia sfora la quantità del companatico da noi richiesta.

A questa domanda declinata nell’ambito del risarcimento del danno ed in particolare nel diritto di cumulare più poste risarcitorie, la risposta normativa e giurisprudenziale non è sempre stata né chiara, né univoca ma non possiamo non precisare che detta materia è permeata da così molteplici concetti, fattispecie e norme che la reductio ad unum è operazione quasi impossibile.

Per certo oggi il panorama giurisprudenziale ha assai fortemente dipanato le nebbie che avvolgevano il calcolo del danno differenziale, sia per quanto concerne il danno da circolazione stradale che per quanto attiene al danno iatrogeno ed in merito alla dibattuta questione del principio del cumulo degli indennizzi – il cosiddetto compensatio lucri cum damno – pare essere giunti ad una uniformità di vedute, soprattutto in seguito alle pronunce delle Sezioni Unite del 2018 a cui la maggior parte delle sentenze di merito ha dato continuità.

Pare ora che il solco definitivo sia stato definitivamente tracciato per quanto attiene al diritto di sommare il risarcimento del danno non patrimoniale con gli emolumenti erogati dall’INPS a titolo di invalidità o inabilità, alla luce della recente ordinanza del Supremo Collegio1, che segue la scia delle pronunce delle sezioni unite.

Il fatto

Tizio, infortunatosi a seguito di un incidente stradale, cita avanti il Giudice di Pace di Benevento, Caio e la di lui compagnia assicurativa Unipol Ass.ni (ex Milano Ass.ni) per ottenere il ristoro dei danni.

Il Giudice di Pace accoglie la domanda attorea con conseguente condanna al pagamento dei danni e rigetta la domanda a riconvenzionale proposta da Caio, il quale riteneva sussistere la responsabilità di Tizio.

I soccombenti propongono appello al Tribunale di Benevento ed in particolare l’UnipolSai, con appello incidentale, eccepisce l’erroneità della pronuncia del giudice di prime cure il quale, nel conteggiare l’ammontare del danno dovuto a Tizio a titolo di danno biologico, avrebbe dovuto sottrarre le somme da lui percepite dall’INPS il quale, proprio in forza delle indennità corrisposte a Tizio, ha agito in surroga nei confronti dell’UnipolSai.

Il Tribunale accoglie la doglianza dell’Unipol- Sai, mentre rigetta l’appello principale proposto da Caio.

Tizio non ci sta e ricorre per la cassazione della decisione del Tribunale di Benevento.

La soluzione

L’unica doglianza che Tizio sottopone al Supremo Collegio attiene alla decurtazione della somma risarcitoria che il Tribunale ha operato a suo danno.

Lo stesso, infatti, ha statuito che gli emolumenti versati dall’INPS, quale conseguenza delle ripercussioni negative arrecate dal sinistro, dovevano esser detratti dall’importo del danno non patrimoniale versato a Tizio, costituendo quest’ultimi una duplicazione del danno che aveva già trovato ristoro con le somme versate a titolo di danno biologico, in ossequio al principio della compensatio lucri cum damno.

A dire di Tizio detta conclusione deve considerarsi del tutto errata, giacché le prestazioni dell’INPS indennizzano il solo danno patrimoniale e non il danno biologico, pertanto, non può trovare applicazione il principio della compensatio lucri cum damno il quale è diretto ad evitare due note derive del fatto illecito:

  • che il danneggiato non percepisca un importo superiore al danno subito, danno da intendersi complessivamente considerato sia sotto il profilo patrimoniale che non patrimoniale;
  • che il danneggiante non si avvantaggi per l’intervento risarcitorio di enti o soggetti terzi che per legge o per contratto abbiano l’obbligo di risarcire il terzo danneggiato, elidendo in tal modo la funzione della responsabilità civile dell’autore del fatto illecito.

L’osservazione di Tizio incontra il favore della Corte che ritiene il motivo fondato.

Il Collegio, a sostegno della propria motivazione, ricorda che l’INPS eroga quattro tipi di prestazioni a coloro che subiscono lesioni personali, distinguendo tra lavoratori e non lavoratori:

  • pensione ordinaria di inabilità, per i lavoratori con assoluta impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa;
  • pensione ordinaria di invalidità per i lavoratori con ridotta capacità lavorativa confacente alle proprie attitudini;
  • pensione di inabilità per le persone dichiarate invalidi civili totalmente inabili al lavoro;
  • assegno mensile per le persone tra i 18 e 64 anni con incapacità lavorativa superiore al 74%;
  • indennità di accompagnamento per le persone che non possono deambulare o che non siano autosufficienti.

Detta elencazione rende chiaro che le finalità degli interventi previdenziali dell’INPS sono rivolte a tutelare tutte le persone che non abbiano mai avuto, o abbiano perduto, la capacità di lavoro e quindi la capacità di guadagno, fornendo loro un sostegno economico che valga a ristorare un pregiudizio economico, o un danno patrimoniale.

 Il presupposto dell’intervento assistenziale dell’INPS è l’esistenza di un danno, rectius, di uno svantaggio economico che si presume sussistere sic et simpliciter quando la capacità lavorativa di un soggetto è ridotta o azzerata.

L’ovvia conseguenza che se ne trae è che l’INPS indennizza il solo danno patrimoniale e non copre alcuna voce del danno non patrimoniale.

 Una volta accertata l’esistenza un danno biologico – ovvero un danno non patrimoniale che promana da lesione che indice negativamente sull’integrità psico fisica della persona – e una volta ritenuto sussistente o presunto un danno patrimoniale nei presupposti assistenziali cui sopra, alla vittima dovranno corrispondersi gli importi di entrambe dette voci di danno che saranno necessariamente sommate tra loro, giacché la perdita subita dal danneggiato deve essere ristorata integralmente.

 Non si potrà dunque decurtare dall’indennizzo Inps quando ricevuto a titolo di danno biologico, o viceversa, perché i rispettivi importi sono diretti a tutelare perdite e danni del tutto diversi tra loro e non costituiscono alcuna duplicazione di voci risarcitorie, come del resto non può rinvenirsi alcuna locupletazione a favore del danneggiato.

 “Il calcolo del danno differenziale, residuato all’intervento dell’assicuratore sociale, deve avvenire per poste omogenee. Ciò vuol dire che non è possibile sottrarre l’indennizzo pagato dall’assicuratore sociale a titolo di ristoro del danno patrimoniale, dal credito risarcitorio vantato dalla vittima per danno biologico. Nel caso di specie, come accennato, il giudice di merito accertò che la vittima aveva subito un danno biologico: tale pregiudizio tuttavia, non forma oggetto di indennizzo da parte dell’INPS”.

 La Corte richiama alcuni suoi precedenti giurisprudenziali, anche se non fa riferimento alle pronunce delle sezioni unite del 2018 che hanno, in buona sostanza, “diviso le acque” sul problema del calcolo del danno differenziale e del cumulo tra voci o titoli diversi di risarcimento del danno.

Illuminante a tal proposito è la sentenza della Corte di Cassazione n. 18050 del 2019 che dopo le sezioni unite, ha affrontato il problema del cumulo tra quanto percepito a titolo di danno patrimoniale da lucro cessante e la correlata indennità di malattia e di pensione d’invalidità erogata dall’INPS.

In applicazione al sopra ricordato indirizzo, l’analisi del titolo e della funzione risarcitoria delle due voci di danno conducono ad una sola conclusione: entrambe le voci sono dirette a ristorare una perdita economica, un pregiudizio patrimoniale.

Le due diverse prestazioni (risarcimento da un lato ed indennità previdenziale dall’altro) assolvono ad una identica funzione quella di eliminare la perdita economica e in applicazione del principio compensatio lucri cum damno, non possono essere cumulate tra loro.

Detto principio trova applicazione e seguito anche da parte della giurisprudenza di merito, laddove recenti pronunce sia del Tribunale di Torino, sia della Corte d’Appello di Trento si sono uniformate, disapplicando il cumulo tra le indennità previdenziali dell’INPS e quanto percepito a titolo di danno patrimoniale da lucro cessante2.


1 Corte di Cassazione, ordinanza del 11 aprile 2022 n. 11657;

2 Tribunale di Torino sentenza del 21.04.2021 n.1978; Corte d’Appello di Trento sentenza del 03.02.2022 n. 19.

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