A giorni alterni la vicenda della lista del consiglio delle Generali acquisisce qualche nuovo carattere. Già si è registrata una mossa d’anticipo del vertice del Leone di cui si dirà in seguito. Intanto la settimana entrante è l’ultima della consultazione pubblica (si conclude il 17) sul testo del «richiamo di attenzione» predisposto dalla Consob relativamente alla formazione della lista del cda per le candidature sottoposte al voto dell’assemblea, agli organi deliberativi e di controllo di una società. Una parte della cronaca sulle prime si era orientata a sostenere che il «richiamo», pur essendo rivolto «erga omnes», era da ritenere nella sostanza un via libera alla decisione adottata a maggioranza dal consiglio delle Generali di utilizzare la previsione statutaria e presentare per l’assemblea del 28 aprile 2022 una propria lista. Successivamente, anche sulla base di quanto rilevato nel numero di questo settimanale di sabato 4 dicembre da Gabriele Capolino, si è concentrata l’attenzione sul ruolo che può svolgere nella formazione della lista il presidente di una società che però sia indipendente. E se tale non può considerarsi? Quindi, passando dal caso generale a quello specifico, ci si interroga se l’attuale presidente del Leone possa ritenersi o no indipendente e si propenderebbe per il no.

E qui veniamo alla mossa d’anticipo. Mentre è in corso la consultazione le Generali, con l’obiettivo di prevenire le conseguenze del «richiamo», hanno apportato modifiche alla procedura per il varo della lista del cda. Esce dal comitato nomine Clemente Rebecchini, espressione di Mediobanca, e, quanto alla figura del presidente, si stabilisce che egli opererà al riguardo non «in concerto» ma «in coordinamento» con tale comitato: una variazione di nessuna significativa rilevanza ai fini del superamento dell’eventuale condizione di non indipendenza e che per di più disvelerebbe che anche all’interno della Generali ben si avvertono le conseguenze di quest’ultima condizione. Anzi, si potrebbe sostenere che il coordinamento possa risultare ancora più pregnante del concerto ai fini del ruolo del presidente, che, se riconosciuto non indipendente, non dovrebbe invece avere alcun rapporto con la lista e il relativo procedimento. Ulteriori aggiustamenti vengono previsti, come quello dell’esclusione dalla procedura della lista di chi intenda presentare propri candidati, così come dei consiglieri che siano azionisti o riconducibili ad azionisti.

Altri interrogativi sorgono a proposito dell’amministratore delegato e, prima ancora di riferirsi a Philippe Donnet, va esaminato il ruolo di un consigliere del genere che, in quanto destinatario di deleghe del cui esercizio deve riferire al cda, non potrebbe stare su un piano di parità con gli altri componenti nella decisione di adottare la predetta lista, cumulando la posizione di valutato o di valutando con quella di compartecipante alla definizione del futuro degli organi aziendali. Dovrebbero sussistere compartimenti stagni tra questa figura e tutti i lavori e i procedimenti che concernono la lista in questione.

Altri aspetti possono essere oggetto di osservazione, a cominciare dal valore da attribuire all’iniziale affermazione del «richiamo» sulla necessità di evitare l’autoreferenzialità e l’autoperpetuazione. Ci si deve chiedere se si tratti di una premessa che poi viene sciolta nei «caveat» successivi o se sia un principio generale alla luce del quale valutare i passaggi del procedimento per saggiarne la conformità a una condizione nella quale non si manifestino le due situazioni sopra richiamate.

Ciò introduce un altro argomento fondamentale. Qualche osservatore ha scritto che il «richiamo», una volta definito, sarà un insieme di suggerimenti, per cui chi avesse già intrapreso un percorso in parte diverso potrebbe continuare lungo quella strada. Non credo, al contrario, che questo atto della Consob, per di più sottoposto a consultazione pubblica, sia riducibile a suggerimenti che si possono accogliere o no. Si tratterebbe di un’opera inutile. Invece, proprio perché tutto potrebbe essere ritenuto riconducibile a scelte autoreferenziali o autoperpetuantisi, si verterebbe nell’area dei conflitti di interesse in senso lato, per cui sarebbe non fuori luogo ipotizzare una misura dell’authority. Naturalmente ciò presuppone l’esame che la Consob farà delle osservazioni e dei contributi che verranno dalla consultazione pubblica. Ne potrà derivare una sorta di «rescritto» importante per le decisioni dei soggetti vigilati.

Non potrà tuttavia essere trascurato che sia la legge sia lo statuto delle Generali prevedono la possibilità della lista del consiglio di amministrazione. Il fatto è che, al momento in cui è stata esercitata tale facoltà e si è decisa la modifica statutaria, ci si sarebbe potuto opporre da parte di chi dissente oppure aggiungere nello statuto condizioni, criteri e limiti. Comunque «factum infectum fieri nequit». La mancata opposizione a suo tempo non giustificherebbe però un’applicazione della norma che presentasse i problemi prospettati, attenendo le obiezioni non alla legittimità della lista in sé ma al modo in cui la si realizza.

Come abbiamo già rilevato nei giorni scorsi, dei problemi sollevati a proposito delle Generali dal gruppo Caltagirone non è stato finora affrontato, almeno con comunicazione pubblica, quello del «prestito titoli» (assunto da Mediobanca per superare il 17% del Leone in vista dell’assemblea a fronte del 15% circa del patto Caltagirone-Del Vecchio-Crt). Sono in corso tentativi per ridimensionare la portata della questione tra gli osservatori: si batte molto sul fatto che il prestatario diventa, per il periodo del prestito, un proprietario che esercita il diritto di voto sui titoli ricevuti. Questa osservazione è il classico «portare vasi a Samo». Nessuno ha messo in dubbio tale condizione. Ci si chiede invece se il prestito, contratto per un periodo limitato, possa essere decisivo nel determinare la governance di un intermediario e poi essere restituito, realizzandosi così una netta divaricazione tra l’assetto societario e l’estrazione dei componenti gli organi deliberativi. Il tentativo, recentissimo, di assimilare al prestito un’operazione fondata su un’opzione di acquisto e una di vendita manca di basi perché nel primo caso si tratta pur sempre di un prestito, nel secondo di un acquisto diretto. Questa materia non è di esclusiva competenza della Consob, ma coinvolge valutazioni di Vigilanza prudenziale. Dunque si valuterà quali saranno i riscontri che coprano aspetti di stretto diritto, di trasparenza e correttezza, di stabilità aziendale. Importante è pure il segnale che, con un indirizzo o l’altro delle autorità di controllo, venga dato pure in via generale in materia societaria.

Alla fine occorre però osservare he è venuto il momento dei contenuti. La «confrontation» tra la parte che sostiene la lista del consiglio e quella del patto di consultazione deve fondarsi su proposte strategiche chiare e alternative da realizzare con scelte coerenti per gli assetti statutari progettati e per la composizione degli organi. Devono parlare le politiche proposte per una compagnia in cui da oltre 15 anni si parla di aumento di capitale senza mai averlo finora neppure valutato. Non siamo più ai tempi della Mediobanca di Cuccia che considerava la partecipazione nelle Generali la pupilla degli occhi. Il primo segnale del passaggio d’epoca fu dato dalla Banca d’Italia di Antonio Fazio, ai tempi partecipante alle Generali con circa il 4%, che si astenne sul bilancio del Leone innanzitutto (ma certamente non solo) per l’avvicendamento che Mediobanca volle del presidente Alfonso Desiata, un uomo della finanza di grande competenza ed eccezionale esperienza, un umanista di straordinaria cultura. Oggi si potrebbe dover segnare un nuovo avanzamento se si arriverà a discutere di programmi e si guarderà pure a un non lontano passato e alle proposte della presidenza Geronzi, prima avversate ma poi a poco a poco introdotte.

Per finire, il peggio del peggio che potrebbe accadere sarebbe utilizzare la vicenda Generali per attaccare Consob e il suo presidente Paolo Savona. L’autonomia dell’authority è fondamentale e Savona la tutela appieno. Le cronache hanno segnalato un (purtroppo non smentito) attivismo di un consulente governativo, nella linea di un ulteriore allontanamento dalla responsabilità politica che, per esempio, è propria dei ministri. E’ doveroso allora che si ripristinino trasparenza e correttezza nei rapporti istituzionali e sia rispettata l’autonomia della commissione di sorveglianza. (riproduzione riservata)
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