Anna Messia
I consulenti finanziari hanno visto aumentare la loro credibilità anno dopo anno. Un crescendo da quando, la legge 1 del 1991, fortemente voluta dall’Anasf, allora Associazione nazionale degli Agenti Servizi Finanziari, ne ha riconosciuto la dignità della professione. Trent’anni in cui «abbiamo guadagnato la fiducia delle famiglie italiane, fino ad arrivare a gestire per loro più di 750 miliardi», dice il presidente di Anasf, Luigi Conte. Nel 2016, ricorda, «c’è stato poi lo storico cambiamento di denominazione da promotori a consulenti finanziari, che non ha rappresentato solo una diversa definizione della nostra attività ma anche la dimostrazione di una evoluzione già in atto tra i professionisti che da semplici venditori dei primi anni erano arrivati ad avere un ruolo di consulenti sul risparmio, a 360 gradi, mettendo al centro il cliente», continua. Poi, nel 2018, l’ulteriore riconoscimento del valore professionale dei consulenti, con il trasferimento da Consob all’Ocf, l’organismo di tenuta dell’albo, delle funzioni di vigilanza. Un ruolo che nel periodo della pandemia si è accresciuto con le reti di consulenti finanziari che negli ultimi due anni hanno registrato risultati da record. Temi che saranno al centro, lunedì 13 dicembre, del convegno organizzato da Anasf, e trasmesso in streaming da ClassCnbc, «Le nuove frontiere della consulenza», che si terrà a Milano. «A 30 anni dalla legge del 91 vogliamo raccontare l’evoluzione della figura del consulente finanziario, attraverso la testimonianza dei vertici che ne hanno guidato la crescita, per tracciare poi, insieme ai partner del settore, il percorso verso le nuove frontiere della consulenza, con un’attenzione particolare alla parità di genere e ai giovani», continua Conte.

Domanda. Partiamo proprio da quest’ultimo punto. I consulenti finanziari, in questi 30 anni, hanno visto crescere il loro ruolo con risultati sorprendenti. Come mai ai giovani questa professione sembra piacere poco?

Risposta. Come per tutti i mestieri partire è difficile, ma i giovani consulenti stanno crescendo negli ultimi anni. I neo iscritti all’albo con meno di 30 anni nel 2010 erano stati 302 mentre quest’anno, con il dato fermo a settembre, siamo arrivati già a 653. E i numeri degli under 40, più di dieci anni fa, erano pari a 777 persone mentre quest’anno, considerando sempre i nove mesi, siamo a 1.275. I giovani sono al centro della strategia di Anasf. Continuiamo ad organizzare convegni per farci conoscere nelle università e, grazie anche al tavolo di lavoro creato con Assoreti, stiamo lavorando perché vengano riconosciuti incentivi fiscali e agevolazioni per iniziare l’attività.

D. A che punto siete?

R. C’è un emendamento al Ddl di Bilancio 2022, a firma della senatrice Fiammetta Modena, che prevede crediti d’imposta fruibili dal tutor che segue i giovani sia in fase di affiancamento sia in caso di tirocinio. Speriamo, ovviamente, che venga approvato. Sarebbe un sostegno decisivo per avviare nuove leve a questa professione.

D. L’altro tema che citava è quello delle donne consulenti finanziari. Anche queste sono in netta minoranza…

R. E’ vero ma anche il numero delle colleghe sta crescendo anno dopo anno. Nel 2009 erano il 16% del totale, salite al 20,5% nel 2016 e arrivate oggi al 22,1%. C’è bisogno evidentemente di accelerare, ma siamo sulla strada giusta.

D. Tornando ai numeri del vostro settore la crescita, rispetto alle banche tradizionali, è stata impressionante. Dai dati pubblicati da Assoreti emerge che, se a dicembre 1999, le reti intercettavano il 18,3% di fondi e sicav collocate complessivamente in Italia (con il resto nelle mani di banche e agenti di assicurazione, ndr), a dicembre 2010 la quota era salita al 31,2% e a settembre scorso addirittura al 35,5%. Dove potete arrivate?

R. Sono numeri destinati a crescere ancora, che dimostrano il valore che le famiglie italiane assegnano alla consulenza che ricevono da noi. Il dato che più chiaramente fa comprendere questo fenomeno non è però tanto quello delle masse, che aumentano naturalmente con la crescita economica e l’andamento positivo dei mercati, ma piuttosto quello del numero dei clienti per consulente finanziario, che negli ultimi dieci anni è cresciuto del 25%, e anche su questo fronte lo sviluppo delle reti è stato sorprendente.

D. Anche nei mesi della pandemia le reti di consulenti finanziari hanno continuato a rosicchiare quote di mercato. Cosa è cambiato in questo periodo di profonde incertezze nell’approccio con le famiglie italiane?

R. E’ stato premiante il lavoro svolto dalla nostra categoria, che è riuscita ad evitare ai clienti di fare scelte irrazionali, dettate dalla paura. I cambiamenti che la pandemia ha generato nelle famiglie e nei risparmiatori italiani probabilmente li vedremo appieno nel prossimo futuro, ma la nostra vicinanza ai clienti si è accresciuta in questi mesi, siamo sempre pronti a percepirne i bisogni.

D. Nei giorni scorsi è venuto a mancare Ennio Doris, ideatore di Banca Mediolanum. Un innovatore per il settore, tra i padri fondatori della consulenza finanziaria in Italia. Quali saranno le nuove innovazioni per il settore?

R. Ennio è stato capace di osservare la realtà da un’altra prospettiva. Un visionario e un inguaribile ottimista, che dispensava la raccomandazione di investire diversificando e in un’ottica di lungo termine, sostenendo con forza che quando le Borse crollano non è il momento di vendere ma di comprare. Da sempre lungimirante è stato il primo ad affiancare in Italia le polizze assicurative ai servizi finanziari. Poi c’è stato l’avvento di Internet e Ennio, tra i primi, ha subito intuito che sarebbe stato necessario trasformare il settore, investendo in tecnologia a supporto della sua banca che mai è stata tradizionale. Un processo che è ancora in atto con la tecnologia che servirà sempre di più a migliorare i processi e ad aumentare di conseguenza il tempo della relazione tra consulente e cliente. Ma credo che la vera innovazione, per gli anni a venire, dovrà essere di carattere culturale.

D. In che senso?

R. Serve incrementare l’alfabetizzazione finanziaria delle famiglie, perché siano consapevoli delle loro scelte, e lavorare sempre di più verso una finanza sostenibile. Ma soprattutto c’è bisogno di evoluzione della sensibilità prospettica. Bisogna guardare alle famiglie come a micro imprese, migliorando la loro capacità progettuale.

D. Secondo lei ci sarebbe spazio oggi nel settore per un innovatore come fu Ennio Doris?

R. Credo che la consulenza finanziaria abbia dimostrato con i fatti di essere pronta ad accogliere cambiamenti e penso che per gli innovatori ci sia sempre spazio. (riproduzione riservata)
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