IL CASO

Autore:  Fabrizio Mauceri
ASSINEWS 333 – settembre 2021

La sezione RCP e l’esportazione in usa e Canada

 

Premessa
Le facility – come dice il nome – nascono per semplificare la vita agli intermediari, soprattutto a quelli che lavorano con diverse compagnie. Lo scopo, come è noto, dovrebbe essere quello di rendere automatica e scorrevole la gestione delle trattative utilizzando testi il più possibile simili tra diverse compagnie assicurative e facendo diventare il fattore prezzo l’elemento determinante nella scelta finale.

Con il tempo però questi strumenti di lavoro hanno finito per agevolare la corsa verso la sprofessionalizzazione progressiva di molti operatori. Se si trova tutto pronto e preparato e se si punta tutto sul fattore prezzo si rischia infatti di non analizzare il rischio e di spingere l’assicurato stesso a commettere degli errori di valutazione.

Il Fatto
Un broker entra a far parte di un consorzio che utilizza una facility predefinita che è uguale per un certo numero di compagnie.
Questo strumento di lavoro gli permette di offrire al cliente finale la stessa offerta assicurativa semplificata. Non deve più spiegare al cliente 5 offerte con normative diverse e con franchigie e limiti che cambiano costantemente in base alla compagnia.
Con questo strumento l’unica cosa che conta veramente è il prezzo. L’intermediario con questo strumento può infatti offrire lo stesso prodotto all’assicurato con preventivi diversi. La cosa sembra dargli un aiuto consistente, in quanto apparentemente gli abbatte di molto il carico di lavoro.

Con il tempo finisce per utilizzare quasi esclusivamente questo canale nell’acquisizione di nuovi clienti e nella gestione di quelli che ha in portafoglio. La sezione RC di questa facility comprendeva in automatico una copertura per esportazione diretta in USA e Canada di una piccola percentuale di fatturato rispetto a quanto esportato nel resto del mondo.
Questo aspetto aiutava molto nel marketing perché può capitare molto di frequente che un’azienda provi ad esportare direttamente qualcosa in quei mercati (magari in via del tutto saltuaria ed episodica) e non sempre è conveniente aprire e concordare con una compagnia una esportazione diretta perché i costi sono di solito molto pesanti.

In questo caso c’era la copertura automatica. Niente costi aggiuntivi. Perché quindi non offrire questa opportunità al cliente? Il cliente compilò correttamente il questionario sottoscrivendolo, specificando che la sua attività era svolta prevalentemente in Europa. Alla domanda diretta se faceva esportazione in USA, Canada e Messico crocettò in modo deciso con un no.
All’atto della consegna del medesimo disse però all’intermediario che forse entro l’anno avrebbero ricevuto l’ordine di una fornitura simbolica negli Stati Uniti di una campionatura di merci.

L’intermediario tranquillizzò subito il cliente affermando che la copertura di una certa percentuale del fatturato in quel paese era coperta comunque e che se fosse stata superata quella soglia si sarebbe pagato il premio in sede di regolazione (ma sarà vero?). Alla fine la polizza venne sottoscritta con i rami property e liability.
Durante l’anno in corso l’assicurato esportò negli USA una campionatura simbolica molto bassa in termini di fatturato totale. La merce riscosse un discreto successo e nell’anno successivo fioccarono gli ordini. L’assicurato era tranquillo.

Non ricordava minimamente di aver sottoscritto un questionario e non lo ricordava neanche il suo intermediario. Durante il secondo anno le forniture in USA raggiunsero la percentuale del 20% sul fatturato totale. L’azienda non era molto grande per cui fu facile raggiungere questo traguardo in un tempo così veloce.
L’anno successivo arrivò all’importatore americano una richiesta di risarcimento di circa 300 mila dollari a seguito di un danno fisico causato ad un consumatore da un prodotto dell’assicurato a suo dire difettoso e con inesatte istruzioni all’uso.

L’importatore nominò subito un legale che respinse immediatamente ogni responsabilità chiamando in causa il produttore italiano. Quest’ultimo, vista la richiesta, chiamò subito l’intermediario per denunciare il sinistro e per essere tenuto indenne dalla compagnia. L’intermediario non si pose minimamente il dubbio sull’efficacia o meno della copertura, essendo convinto di avere venduto al cliente la migliore facility presente sul mercato.

La perizia accerta che effettivamente il prodotto aveva un difetto intrinseco e che il libretto di istruzioni all’uso presentava delle carenze rispetto alla normativa che tutela i consumatori nel mercato americano. Rileva pertanto l’esistenza di elevate probabilità di vedere addebitato all’assicurato la responsabilità civile del fatto contestato.
Il tutto ovviamente accentuava il rischio nel caso in cui si fosse finiti in giudizio di vedersi addebitare anche il risarcimento delle sanzioni punitive che, come sappiamo, negli Stati Uniti hanno un peso economico piuttosto rilevante anche se non coperto dall’assicurazione.

Il perito, analizzando la documentazione di polizza, verifica anche che nel questionario consegnato alla compagnia è specificato che l’assicurato non effettua esportazione diretta in USA e Canada. Analizzando la polizza constata anche la presenza di una percentuale di fatturato che la copertura tollera nell’esportazione diretta in quei paesi.
Il perito decide quindi di porre la riserva evidenziando le contraddizioni di cui sopra.

La posizione della compagnia
La compagnia, una volta analizzata la documentazione, decide di respingere l’indennizzabilità del sinistro. Il liquidatore infatti chiama in causa la dichiarazione dell’assicurato in sede di compilazione del questionario, che sancisce espressamente che egli non esporta direttamente in Nord America.
Il medesimo ritiene pertanto non applicabile la tolleranza della piccola percentuale di esportazione diretta prevista in polizza, in quanto per la compagnia questa ha valore solo e soltanto se nel questionario viene dichiarato.

La motivazione si fonda sul fatto che i tassi applicati per questa estensione sono almeno dieci volte più alti rispetto alla esportazione resto del mondo e sul fatto che non sempre per l’assicurazione l’esportazione diretta è un rischio accettabile. Esistono infatti moltissimi prodotti per cui le compagnie danno copertura per il resto del mondo, ma non per USA e Canada.

Diritto
La posizione della compagnia si fonda sulle dichiarazioni inesatte e reticenti con dolo e colpa grave dell’assicurato ex articoli 1892 e 1893 del codice civile e sull’articolo 1898 c.c. sull’aggravamento del rischio. In base alle vicende narrate è abbastanza evidente che la posizione della compagnia trova parzialmente sostegno in queste norme.
È palese che al momento del sinistro esistesse una situazione di fatto completamente diversa rispetto a quanto dichiarato dall’assicurato in sede di compilazione del questionario (ossia l’esportazione diretta).

Per cui l’invocazione delle citate norme ha sicuramente un fondamento. È notorio che la tassazione del rischio Nord America è sempre molto più alto rispetto al resto del mondo per cui risulta facile provare che la piccola tolleranza prevista dalla facility per il fatturato è calcolata nell’ambito di un premio complessivo che permette di compensare le due esposizioni.
La posizione della compagnia è un po’ debole invece nel punto in cui sostiene di respingere l’indennizzo nella sua totalità in quanto se avesse saputo dell’esportazione diretta non avrebbe sottoscritto il rischio.

Questa fattispecie infatti è più difficile da provare in sede di giudizio. Come si fa a dimostrare, dopo aver sottoscritto il rischio della esportazione in tutto il mondo, che non si sarebbe proceduto alla sottoscrizione del medesimo nel caso in cui si fosse stati a conoscenza di una esportazione in Nord America? Pare quindi probabile che in un proseguo di contenzioso sia più facile che la compagnia sia ammessa ad un risarcimento ridotto in proporzione.

La riduzione di specie dovrebbe pertanto tenere conto del diverso tasso che la compagnia avrebbe applicato se fosse stata a conoscenza del rischio. Considerato che mediamente il tasso USA e CND è dieci volte più alto che nel resto del mondo e considerato che il fatturato incriminato è il 20% del totale, la riduzione dell’indennizzo rispetto all’importo totale, sarebbe pari al 64,28% L’assicurato troverebbe pertanto un parziale ristoro del danno di poco superiore al 35%. Quindi, su un danno di 300.000,00 dollari sarebbero a carico dell’assicurato 195.000,00 circa.
A carico della compagnia dollari 105.000 circa.

Conclusione
Abbiamo visto come le semplificazioni nel mondo assicurativo possano dare un aiuto effimero. Da una parte sembra diano un sostegno concreto all’attività, dall’altra rassicurando l’intermediario in procedure automatiche finiscono per facilitare sottovalutazioni ed approcci superficiali.

Usiamo pure con entusiasmo le facility e usiamole per quello che sono. Ossia polizze da analizzare concretamente come facciamo con tutte le altre.
E non dimentichiamoci mai che il nostro lavoro non si riduce ad una vendita di prodotti in batteria e che, come abbiamo visto, l’errore è sempre in agguato.


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