SENTENZA DELLA CORTE UE EVIDENZIA DIVERGENZE DELLA NORMA ITALIANA RISPETTO ALLA DIRETTIVA
di Franco Ricca
L’allungamento della garanzia è esente dall’Iva, ma concorre al prorata. Il servizio di estensione temporale della tutela del consumatore sull’acquisto di determinati prodotti, fornito dai rivenditori dei prodotti stessi per conto dell’impresa che assume il rischio, fruisce dell’esenzione dall’imposta in quanto prestazione di intermediazione assicurativa. I relativi ricavi devono però essere inclusi nella determinazione del prorata di detrazione, non trattandosi di proventi da attività finanziaria. Così la sentenza della Corte di giustizia Ue 8/7/2021 nel procedimento C-695/19, promosso dai giudici portoghesi dopo un accertamento con cui il fisco aveva contestato indebita detrazione Iva a una società di commercio elettrodomestici e prodotti informatici, perché essa, pur avendo conseguito proventi esenti a fronte del servizio di estensione della garanzia, non aveva considerato tali proventi ai fini del calcolo del prorata, ritenendoli esclusi in quanto derivanti da attività finanziarie accessorie. La sentenza, peraltro, mette in luce la divergenza della normativa italiana rispetto alla direttiva. La Corte chiarisce che le operazioni di intermediazione nella vendita di estensioni di garanzia, effettuate da un soggetto passivo nell’ambito della sua attività principale di vendita ai consumatori di elettrodomestici e di altri articoli, rientrano nella previsione dell’art. 135, par. 1, lett. a), della direttiva Iva, che esenta dall’imposta «le operazioni di assicurazione e di riassicurazione, comprese le prestazioni di servizi relative a dette operazioni, effettuate dai mediatori e dagli intermediari di assicurazione». Richiamando la propria giurisprudenza, la Corte osserva infatti che oggetto di tali prestazioni è la fornitura di una copertura del rischio, riconducibile nella nozione di assicurazione, e che esse sono rese da un soggetto che, mettendo in relazione l’assicuratore con l’assicurato per la conclusione del contratto, esercita attività connesse alla funzione di intermediario di assicurazione. Quanto alla rilevanza o meno di tali proventi esenti ai fini del calcolo del prorata di detrazione, occorre verificare se le operazioni in esame possano essere considerate come «operazioni finanziarie accessorie», ex art. 174, par. 2, della direttiva. Tale disposizione esclude dal calcolo del prorata le operazioni contemplate dalle lettere da b) a g) dell’art. 135, in particolare le operazioni di natura finanziaria, mentre non esclude quelle di cui alla lettera a), ossia le prestazioni di assicurazione e le relative intermediazioni. La Corte osserva che non è possibile assimilare le operazioni di assicurazione alle operazioni finanziarie, in particolare ai fini dell’applicazione della deroga di cui al citato art. 174, par. 2. Questa conclusione non è rimessa in discussione dal principio di neutralità, che, non avendo rango normativo, non può essere utilizzato per interpretare le norme in materia di esenzioni in contrasto con la loro formulazione letterale. Né può ritenersi che i concetti di operazioni finanziarie e operazioni assicurative coincidano, essendo impiegati entrambi per definire, evidentemente, operazioni diverse. Pertanto, un’operazione di assicurazione, ai sensi dell’art. 135, par. 1, lettera a), della direttiva, non può costituire un’operazione di natura finanziaria e accessoria ai sensi e agli effetti dell’art. 174, par. 2, indipendentemente dalla questione se possa o meno qualificarsi effettivamente accessoria agli stessi fini. In conclusione, i proventi delle prestazioni di estensione della garanzia limitano la detrazione «a monte» perché non possono essere esclusi dal calcolo del prorata. La pronuncia evidenzia la non conformità della normativa italiana, che dovrebbe quindi essere modificata. L’art. 19-bis, c. 2, dpr 633/72, infatti, esclude dal calcolo del prorata, se non rientranti nell’oggetto dell’attività o accessorie ad operazioni imponibili, le operazioni esenti di cui ai punti da 1 a 9 dell’art. 10 dello stesso dpr, comprese, quindi, le operazioni di assicurazione e le relative intermediazioni, menzionate al combinato disposto dei punti 2 e 9 di tale articolo. E’ da ritenere, tuttavia, che la sentenza, per quanto vincolante, non possa comportare direttamente conseguenze negative per le imprese, non potendo l’interpretazione della Corte fondare un’interpretazione del diritto nazionale, da parte dell’autorità fiscale, in contrasto con la lettera della legge, ostandovi i principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento.

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