Il Coronavirus ha colpito anche il settore dei droni. Dopo la buona crescita registrata nel 2019 (+17%), nel 2020 il mercato professionale dei droni perde quota, passando da un valore di 117 milioni di euro a un totale di 73 milioni di euro, con un calo del 38%.

E’ quanto emerge dalla ricerca dell’Osservatorio Droni della School of Management del Politecnico di Milano, presentata durante il convegno online “Droni: fare sistema per un maggiore sviluppo”. Quasi la metà delle imprese del settore intervistate dall’Osservatorio ha potuto svolgere solo una piccola parte delle attività quotidiane (48%) e una su cinque è stata costretta a chiudere (21%). I progetti di applicazione industriale di droni censiti da fonti secondarie, 199 nel 2020, sono diminuiti del 20% rispetto all’anno precedente, addirittura del 50% nel caso delle sperimentazioni e dei progetti operativi, mentre sono aumentati gli annunci e gli utilizzi una tantum.

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Ma il settore nel complesso ha retto e l’80% delle imprese dell’offerta confida in una robusta crescita del mercato nei prossimi tre anni e il 50% inizia a percepirlo come un mercato di massa. Una spinta arriverà dall’evoluzione normativa, con il nuovo Regolamento Europeo Droni, in vigore dal 31 dicembre 2020, accolto favorevolmente dal 60% delle imprese per il suo impatto positivo dal punto di vista commerciale e industriale. E un ulteriore impulso verrà dato dall’ingresso di nuovi attori nel settore, che è continuato anche nel 2020. Sono 334 le startup attive a livello internazionale nel mercato professionale dei droni, nate fra il 2015 e il 2020, che hanno raccolto complessivamente un miliardo di dollari di finanziamenti.

La crisi ha anche evidenziato le potenzialità di questa tecnologia per il monitoraggio della popolazione, la consegna di materiale medico, la comunicazione delle linee guida sul distanziamento sociale, la sanificazione di edifici e strade, con oltre 60 progetti internazionali censiti nati con queste finalità in risposta all’emergenza, di cui il 70% attivati da pubbliche amministrazioni. Solo una minoranza di Comuni italiani, tuttavia, li sta utilizzando: il 29%, anche se solo il 28% esclude la possibilità di utilizzarli nei prossimi tre anni.