IL VOSTRO QUESITO

Un’azienda vuole stipulare una cumulativa infortuni per assicurare alcuni dipendenti ed alcuni dirigenti ritenuti fondamentali.
Per le garanzie invalidità permanente da infortunio e invalidità permanente da malattia l’azienda vorrebbe figurare beneficiaria in caso di sinistro: è possibile? In caso di risposta affermativa:
– l’assicurato deve firmare la polizza?
– in caso di sx potrebbe impugnare il contratto e pretendere l’indennizzo?
Le opinioni delle compagnie sono discordanti ma nessuna si basa su motivazioni oggettive o articoli di legge.

L’ESPERTO RISPONDE


Il contratto di assicurazione è per lo più disciplinato da 51 articoli del codice civile, che vanno dall’art. 1882 al 1932. Proprio l’articolo 1882 stabilisce che: “L’assicurazione è il contratto col quale l’assicuratore, verso pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro, ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana.” e pertanto – salvo il caso delle polizze vita e delle polizze infortuni, limitatamente al solo caso morte – il destinatario dell’ indennità non può che essere l’ assicurato stesso, mentre nelle polizze vita e in quelle infortuni “caso morte” la premessa per il pagamento dell’ indennità è il decesso dell’ assicurato per cui la somma assicurata deve necessariamente essere corrisposta ad altri, i cosiddetti “beneficiari”.
Concettualmente, quindi, nessuno potrebbe contrarre una polizza che garantisse il pagamento di un’indennità a persona diversa dal danneggiato e cioè all’assicurato; ciò trova altresì conferma nelle assicurazioni vita nell’ articolo 1919 del codice civile che statuisce: “Assicurazione sulla vita propria o di un terzo. L’assicurazione può essere stipulata sulla vita propria o su quella di un terzo. L’assicurazione contratta per il caso di morte di un terzo non è valida se questi o il suo legale rappresentante non dà il consenso alla conclusione del contratto. Il consenso deve essere provato per iscritto”, prevedendo che assicurando la vita di un terzo (evidentemente estraneo al contratto) è condizione essenziale che il terzo dia il suo preliminare consenso al perfezionamento del contratto, che altrimenti non sarebbe valido.
Il concetto, nell’ambito delle assicurazioni contro i danni (esclusa naturalmente la garanzia morte nelle polizze infortuni) è ribadito dall’ art. 1904 del codice civile, che prevede: “Interesse all’assicurazione. Il contratto di assicurazione contro i danni è nullo se, nel momento in cui l’assicurazione deve avere inizio, non esiste un interesse dell’assicurato al risarcimento del danno”; pertanto, avendo l’assicurazione un carattere indennitario, nessuno potrebbe assicurare un bene di altri e pretenderne in sua vece la relativa indennità in caso di sinistro (altrimenti non si tratterebbe di assicurazione, ma di una mera scommessa per la quale un soggetto non direttamente colpito da un evento dannoso si troverebbe a percepire una somma senza aver subito direttamente alcun danno dal verificarsi dell’ evento in questione).
Chiarito quanto sopra, vediamo se sia possibile in qualche modo trovare una soluzione al quesito posto dal lettore, e come.
Al riguardo evidenzio quanto segue:
A) le assicurazioni cumulative dei dipendenti sono ammesse secondo l’articolo 1891 del codice civile, rappresentando la tipica fattispecie di assicurazioni per conto altrui o di chi spetta, e sovente previste ed imposte al datore di lavori dai contratti collettivi o integrativi di lavoro. Il suddetto articolo 1891 prevede che: “Art. 1891.- Assicurazione per conto altrui o per conto di chi spetta. Se l’assicurazione è stipulata per conto altrui o per conto di chi spetta, il contraente deve adempiere gli obblighi derivanti dal contratto, salvi quelli che per loro natura non possono essere adempiuti che dall’assicurato. I diritti derivanti dal contratto spettano all’assicurato, e il contraente, anche se in possesso della polizza, non può farli valere senza espresso consenso dell’assicurato medesimo. All’assicurato sono opponibili le eccezioni che si possono opporre al contraente in dipendenza del contratto. Per il rimborso dei premi pagati all’assicuratore e delle spese del contratto, il contraente ha privilegio sulle somme dovute dall’assicuratore nello stesso grado dei crediti per spese di conservazione” per cui i diritti derivanti dalla polizza (in primis il diritto all’indennizzo) spettano unicamente all’assicurato (nel caso di specie all’ infortunato) e il datore di lavoro non può avvalersene se non dietro espresso consenso del medesimo;
B) concettualmente, quindi, parte datoriale potrebbe stipulare una polizza infortuni (o anche vita “caso morte”) sulla testa dei propri dipendenti e, col preventivo consenso degli stessi, designarsi beneficiario del capitale assicurato;
C) nel caso, invece di inabilità temporanea egualmente potrebbe stipulare una polizza, prevedendo che l’indennizzo per tale voce (cioè i giorni di assenza del lavoratore e quindi di mancato godimento delle sue prestazioni lavorative) venga corrisposto direttamente ad esso datore di lavoro; essendoci un’ evidente danno da parte datoriale la relativa indennità – seppur nei limiti del danno effettivamente subito (i giorni di franchigia pagati dal datore di lavoro o la maggior spesa sostenuta per l’assunzione a termine di altro lavoratore in sostituzione di quello infortunato) potrà in linea di principio essere a questi corrisposta, seppur con gli accennati limiti;
D) nel caso di invalidità permanente, invece, il soggetto che viene a subire un peggioramento delle sue condizioni di salute (circostanza, questa, che potrebbe anche determinare un licenziamento per giustificati motivi oggettivi) è il lavoratore stesso e pertanto la relativa indennità dovrebbe essere di sua esclusiva spettanza, a meno che questi -con scrittura privata – non autorizzi ex post il datore di lavoro a percepire la relativa indennità in sua vece.
Si riportano alcune sentenze della Cassazione, tra le quali la n. 17447 – emessa dalla III Sezione il 14/07/2017- che ha così stabilito: “Invero, il significato della clausola diviene agevolmente comprensibile nella misura in cui per “atti necessari all’accertamento ed alla liquidazione dei danni” si intendano non l’introduzione di una domanda giudiziale, bensì quell’attività cui sono tenute le parti, una volta verificatosi il sinistro assicurato, per conseguire l’indennizzo in via stragiudiziale (denuncia di sinistro, richiesta di risarcimento, ecc.). Difatti, è solo in questa prospettiva che si comprende come il contraente possa compiere atti finalizzati alla liquidazione del sinistro occorso a cose di terzi, il cui pagamento, tuttavia, sia subordinato al consenso del titolare dell’interesse assicurato. In sostanza, la clausola è volta ad assicurare che, anche quando l’indennizzo spetti a soggetto diverso dal contraente, sia quest’ultimo a relazionarsi con l’assicuratore, per evidenti ragioni di semplicità nella gestione dell’anagrafe della clientela e delle pratiche di liquidazione connesse alle polizze assicurative stipulate dal contraente medesimo.” e la n. 4923 del 3/03/2018, che ha stabilito: “Ne deriva che, in mancanza di “consenso espresso” della parte legittimata a pretendere l’indennizzo coperto dal contratto di assicurazione per conto di chi spetta, detto consenso non può essere presunto dalla mera sottoscrizione di una clausola di assicurazione che attribuisce alla contraente detta potestà, occorrendo in proposito che detta facoltà sia confermata da un “espresso consenso” della terza beneficiaria del contratto, ai sensi dell’art. 1891 c.c., comma 2, titolare della pretesa”.