Secondo Equita, il titolo a Piazza Affari tratta con uno sconto eccessivo. Ma tra Cnh, Fca, Ferrari, Juventus e Gedi sono numerosi 
i nodi che la holding di casa Agnelli-Elkann e chiamata a sbrogliare
John Elkann
John Elkanndi Luciano Mondellini
Il titolo Exor, che tratta sui 48 euro in questi giorni, è ben lontano dai massimi di febbraio, quando in un mondo pre-Covid, l’azione della holding di casa Agnelli era arrivata a superare i 70 euro. La flessione è ovviamente legata alle minori performance delle principali controllate- Fca, Cnh Industrial, PartnerRe, Juventus, Gedi, Ferrari e The Economist. Le holding, che tradizionalmente trattano a sconto sul proprio nav, sono anche tendenzialmente pro cicliche. Pertanto in un momento così delicato dell’economia mondiale come quello attuale, la cassaforte di casa Agnelli paga un dazio più salato. Non a caso, come ha evidenziato Equita Sim in un report, lo sconto sul net asset value con cui tratta la cassaforte torinese (circa il 36%) appare eccessivo. Soprattutto in previsione del fatto che il profilo di rischio e il loan to value (il rapporto tra i debiti e gli asset) dovrebbe calare in maniera significativa dopo la fusione tra Fca e Psa attesa il primo trimestre 2021. L’aggregazione, spiega il report, migliorerà sensibilmente il profilo di Exor perché Stellantis, dopo che i patti tra le parti sono stati rivisti per tenere conto dell’effetto pandemia, partirà con una solida posizione di cassa netta e un enorme potenziale di sinergie. E di conseguenza la holding di casa Agnelli potrà rafforzare la sua struttura finanziaria: il suo loan to value, ha spiegato il report, scenderà dall’attuale 0,15 a 0,11, includendo il dividendo straordinario di Fca nel primo trimestre 2021 (da 2,9 miliardi), e potenzialmente a 0,09, includendo il possibile secondo dividendo straordinario (incasso di 0,14 miliardi di euro) e la cessione di azioni Faurecia provenienti dallo spin-off (0,35 miliardi) della società di componentistica di Psa. Non sorprende quindi che il report, con raccomandazione buy, ha alzato il target price di Exor a 63,5 euro applicando uno sconto del 15% (invariato) al net asset value di quasi 75 euro per azione.

Ma non sono pochi i nodi da sciogliere nella società che controlla l’impero guidato da John Elkann. Un primo punto riguada i rapporti in famiglia. La revisione dei patti tra Fca e Psa per arrivare alla fusione di Stellantis ha comportato anche una drastica riduzione del dividendo straordinario. L’extra cedola è passata da un ammontare complessivo di 5,5 miliardi a un più contenuto 2,9 miliardi. In questo quadro salendo la catena di controllo che da Exor porta alla controllante olandese Giovanni Agnelli BV e poi ai soci di quest’ultima che sono i vari rami della famiglia Agnelli, l’assottigliamento del dividendo non è stato granché gradito tra i parenti con quote minori dell’impero e senza incarichi operativi. Al di là però dei mugugni interni alla dinastia, ci sono poi alcune controllate importanti che presentano alcuni punti interrogativi.

La società di reassicurazione PartnerRe a marzo era stata ceduta alla compagnia francese Covea per la cifra monstre di 9 miliardi di dollari, ammontare che garantiva ad Exor una plusvalenza di 3 miliardi e che corrisponde a un valore di circa il 40% superiore alla valutazione attuale di Equita. Ma in piena pandemia i francesi chiesero uno sconto ma Elkann ha preferito non cedere e si è tenuto in portafoglio l’asset. Ora Partner Re ufficialmente non è in vendita, ma quest’opzione non può essere esclusa a priori. Certamente però ben difficilmente la holding potrebbe incassare le cifre della scorsa primavera.

Anche Cnh Industrial non è esente da problemi. Nel settembre 2019, la società aveva annunciato la scissione di Cnh Industrial in due distinte società quotate. Tuttavia la crisi ha costretto Cnh, a ritardare i piani. Dopo un primo termine fissato ad inizio 2021. lo scorporo è stato posticipato alla fine del prossimo anno o all’inizio del 2022. Un particolare che secondo la casa d’affari Fidentiis, potrebbe spingere Cnh Industrial a considerare la vendita di Iveco. E non a caso che nei giorni scorsi, infatti, è emerso che il gruppo automobilistico cinese Faw aveva esplorato in estate la possibilità di acquistare Iveco da Cnh Industrial, ma l’offerta preliminare di 3 miliardi è stata ritenuta troppo bassa. E non aiuta il fatto che Cnh Industrial non ha ancora trovato il sostituto dell’ex ad Hubertus Muhlhauser che era uscito lasciando l’interim alla presidente Suzanne Heywood. Infine, tra le controllate più piccole in termini di fatturato ma non certo meno importanti per il ruolo che ricoprono, va segnalato come la Juventus abbia fatto segnare nel bilancio 2019/20 il peggior rosso (perdita di 89,7 milioni) dell’era di Andrea Agnelli. Ferrari, dal canto suo, sta vivendo una delle stagioni più drammatiche della sua storia sulle piste, anche se il bilancio è ancora salvo guardando al saldo del conto economico attuale. Ma è un particolare non certo secondario se si considera che il Cavallino ha costruito il suo mito che poi gli consente di vendere i propri modelli.

Mentre Gedi, il gruppo editoriale che tra gli altri edita La Repubblica e La Stampa, come anticipati da MF-Milano Finanza ha messo in vendita alcune testate locali. Anche se questa mossa potrebbe essere propedeutica a un mossa di grande spinta, ovvero quella di acquistare da Confindustria Il Sole 24 Ore. (riproduzione riservata)

Fonte: