COVID-19 E ASSICURAZIONI
La comparazione tra il contesto assicurativo pubblico e quello privato non mostra sostanziali diversità in ordine alla qualificazione tecnico-giuridica dell’evento infortunistico
Autore: Patrizio Rossi
ASSINEWS 321 – luglio-agosto 2020
La pandemia da nuovo coronavirus ha riguardato in Italia un numero di operatori sanitari elevatissimo. Le denunce di infortunio sul lavoro da nuovo coronavirus pervenute all’INAIL alla data del 31 maggio sono oltre 47.000; i casi mortali sono 208.
La maggioranza dei casi proviene dal settore della sanità e dell’assistenza sociale. Il settore della sanità e assistenza sociale registra l’81,6% delle denunce e il 39,3% dei casi mortali. La maggior parte delle vittime hanno riguardato gli infermieri e i medici.
La numerosità degli infortunati del settore sanitario denunciati all’INAIL sono solo una parte degli operatori sanitari infettati durante l’espletamento del loro lavoro. Infatti, una parte di sanitari non è assicurata all’INAIL avendo un contratto di lavoro che non consente l’assunzione in tutela. Si pensi al riguardo ai medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta, ma anche a farmacisti, e dentisti, che hanno visto molti contagiati e diverse decine di deceduti.
La comparazione tra il contesto assicurativo pubblico e quello privato non mostra sostanziali diversità in ordine alla qualificazione tecnico-giuridica dell’evento infortunistico. Nemmeno sotto il profilo definitorio l’evento infortunio conosce una sostanziale diversità tra l’ambito assicurativo sociale pubblico e quello assicurativo privato. Entrambi coincidono con qualsiasi evento dovuto a causa violenta. Per la consueta definizione in polizza privata viene aggiunto che lo stesso evento debba derivare anche da causa fortuita ed esterna.
Le due ulteriori qualificazioni, sotto il profilo medico legale, nulla aggiungono alla caratteristica di violenza che, da sola, le ricomprende ampiamente. Ciò deriva, in maniera unanimemente condivisa, da quanto sostenuto da dottrina e prassi medico-legale. Infatti, la causa dell’evento infortunistico in assicurazione privata, come in quella sociale pubblica, deve essere violenta. Al fine di identificare la nozione di causa violenta è indifferente che l’effetto di essa sia più o meno concentrato. In infortunistica INAIL come in quella privata la causa deve essere “rapida”.
In ordine alla rapidità della causa vi è chi sostiene una diversità dell’infortunio INAIL rispetto a quello tutelato da contratto di polizza privata. A mio avviso ciò non è condivisibile, in quanto il concetto di rapidità non implica che debba essere sempre istantanea, ma implica solo che sia concentrata, dal punto di vista temporale, quindi che agisca in un breve intervallo di tempo.
D’altronde, se la polizza avesse voluto qualificare la rapidità della causa come istantaneità della stessa, avrebbe utilizzato nei contratti il termine istantaneo e non rapido. Secondo unanime condivisione di dottrina medico-legale la violenza della causa di valenza assicurativa INAIL assorbe anche l’altro elemento esplicitato nei contratti privati, vale a dire la esteriorità.
Il profilo interpretativo dell’evento infortunio da infezione microbica – batterica, virale – ha conosciuto prima di questa pandemia un orientamento diverso da parte dell’assicuratore sociale pubblico e dell’assicuratore privato, entrambi situati su posizioni divergenti. L’assicurazione pubblica ha recepito nella propria esperienza ultracentenaria l’indicazione di dottrina medico-legale relativa alla coincidenza della causa violenta con la causa virulenta.
Al contrario la infortunistica privata ha da sempre ritenuto indennizzabili le “lesioni corporali obiettivamente constatabili, cioè lesioni fisiche, con esclusione di tutte le malattie infettive, che, appunto perché “malattie”, sono escluse dall’indennizzo, a meno che non abbiano per “causa diretta ed esclusiva” una lesione, che sia effetto di infortunio nei termini che si sono descritti.
Ciò significa che il microorganismo (microbio, germe, virus, ecc.) deve penetrare attraverso una lesione corporale constatabile; il penetrare di microorganismi attraverso la via respiratoria o digerente od il virulentarsi di quelli già presenti nell’organismo, invece, non determinano forme morbose indennizzabili (Luvoni Bernardi, 1975).
L’esclusione dell’infortunio sull’assunto che la malattia conseguente alla penetrazione di un germe batterico o virale fosse qualificata come malattia e, quindi, ai sensi di polizza, non potesse essere indennizzata come infortunio, è un concetto ormai del tutto superato.
Infatti, la definizione di malattia e di infortunio non può soltanto per il prospetto terminologico utilizzato escludere l’indennizzabilità dell’evento qualora, invece, sotto il profilo nosograficopatogenetico la malattia costituisca a tutti gli effetti un evento lesivo conseguente a causa violenta-rapida-esterna e, quindi, un evento infortunistico.
Ci si è chiesti quindi perché, vigendo prassi e interpretazioni ormai consolidate, la malattia da Covid-19 abbia costituito un momento di contrasto e di critica così ampio e rilevante.
Solo il gran numero dei contagiati e la rilevanza degli esiti, i numerosi decessi annoverati fra il personale sanitario – che pure risultava titolare di un contratto di assicurazione privata infortuni –, unitamente alla richiesta altrettanto copiosa di accedere alle tutele infortunistiche private, spiegano una situazione che in termini generali non costituisce, invece, elemento di esclusione. Sul punto si sono autorevolmente espressi negli ultimi tempi cultori e scienziati della materia medico-legale ed anche giuristi che, con altrettanta autorevolezza, approcciano di sovente la materia medico-assicurativa.
I contributi noti – come sopra detto – scaturiscono essenzialmente da due opposte visioni e interpretazioni della contrattualistica privata, alcuni ritenendo e adducendo ragioni in favore della non indennizzabilità delle infezioni in polizza infortuni, quindi inserendosi a pieno titolo nel filone interpretativo risalente al Luvoni-Bernardi. Altri hanno, invece, chiaramente espresso la loro opinione in favore della indennizzabilità dell’evento infettivo – nel caso di specie da SARS-Cov-2 – in polizza infortuni, in modo da tutelarne le conseguenze (invalidità permanente o morte).
Analizzare nel dettaglio in questa sede le ragioni delle due opposte visioni interpretative, richiederebbe troppo tempo. Per mio conto ritengo che l’equivalenza tra causa violenta e causa virulenta, valga sia per l’evento infortunio INAIL sia per quello di polizza privata e quindi l’evento infettivo vada assunto in tutela anche in polizza privata.
In estrema sintesi, nel caso di infezione da Sars-Cov-2
• assunta la involontarietà dell’assicurato nel determinismo dell’evento,
• richiamati i requisiti dell’esteriorità, “violenza” e rapidità della causa validi anche per le infezioni,
• verificata positivamente l’evoluzione clinica dell’infezione nonché i tempi di incubazione che consentono di ricondurla con grado elevato – se non elevatissimo – ad una data epoca, pure circoscritta,
• in ragione di quanto sopra è, quindi, verificabile anche la sussistenza di copertura al momento del contagio,
• ritenuta del tutto inconsistente l’obiezione circa la necessità di dimostrare in qual modo l’infezione sia stata contratta, atteso che tale necessità non è prevista da alcun disposto contrattuale, ritengo l’infezione da nuovo coronavirus assumibile in tutela per tutti coloro che hanno contratto una polizza infortuni.
In termini di accertamento dei postumi e dunque di indennizzo delle conseguenze dell’infortunio, resta ad ogni modo fermo che la presenza di comorbilità debba imporre, anche per l’evento infettivo, una rigorosa valutazione “caso per caso”.
La compresenza di diverse condizioni patologiche preesistenti all’evento infettivo, può infatti mettere in discussione l’indennizzo degli esiti che, in osservanza delle condizioni contrattuali, restano quelli direttamente ed esclusivamente riconducibili all’infezione-infortunio.
