GIURISPRUDENZA

Autore: Laura Opilio e Luca Odorizzi
ASSINEWS 319 – maggio 2020

Di recente la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 4202 del 19.02.2020, si è pronunciata su una questione di significativo rilevo nella prassi assicurativa: la compagnia assicurativa può negare il rimborso delle spese sostenute dall’assicurato per l’intervento di legali da essa non designati? Il tema sotteso è quello del rapporto esistente tra l’obbligo di indennizzo delle spese di resistenza previsto dall’art. 1917 co. 3 c.c. e il patto di gestione della lite. Al riguardo, prima di esaminare la decisione, può essere opportuno un inquadramento generale.

La copertura delle spese di resistenza
Ai sensi dell’art. 1917 co. 3 c.c., l’assicuratore della responsabilità civile è tenuto a farsi carico delle spese affrontate dall’assicurato per resistere all’azione risarcitoria del terzo danneggiato (c.d. spese di resistenza). L’obbligo di coprire le spese di resistenza è dipendente dall’obbligo indennitario di cui al primo comma del medesimo articolo (e dunque opera solo se il sinistro è coperto) ed è sottoposto a due limiti quantitativi: la c.d. regola del quarto, per la quale l’assicuratore risponde delle spese nei limiti del quarto della somma assicurata, e la c.d. regola proporzionale, per la quale, nel caso in cui il risarcimento dovuto al terzo danneggiato superi il massimale, le spese di resistenza si ripartiscono tra assicuratore e assicurato in proporzione del rispettivo interesse.

La ratio della norma sta nel fatto che la difesa in giudizio dell’assicurato viene svolta anche nell’interesse dell’assicuratore, essendo volta al perseguimento di un risultato – il rigetto o la limitazione della pretesa risarcitoria del terzo danneggiato – utile per entrambe le parti. In questo senso appare condivisibile l’orientamento che individua nella norma in esame una espressione, sia pure in forma particolare, del c.d. obbligo di salvataggio di cui all’art. 1914 co. 2 c.c. (secondo cui le spese fatte dall’assicurato per evitare o diminuire il danno sono a carico dell’assicuratore).

L’art. 1932 c.c. inserisce l’art. 1917 co. 3 c.c. tra le disposizioni che non possono essere derogate se non in senso più favorevole all’assicurato. Ne consegue che una disposizione contrattuale che escludesse dalla copertura le spese di resistenza – considerata in sé e per sé – sarebbe invalida e sostituita di diritto dall’obbligo di cui all’art. 1917 co. 3 c.c.

Il patto di gestione della lite
La maggior parte delle polizze per la responsabilità civile, però, nel regolare la copertura delle spese di resistenza non si limita a ricalcare l’art. 1917 co. 3 c.c., ma prevede il c.d. patto di gestione della lite, per il quale l’assicurato si obbliga ad affidare all’assicuratore la gestione diretta della vertenza.

La formulazione più comune recita “La società assume, fino a quando ne ha interesse, la gestione delle vertenze tanto in sede stragiudiziale che giudiziale, sia civile che penale, a nome dell’assicurato, designando, ove occorra, legali o tecnici ed avvalendosi di tutti i diritti ed azioni spettanti all’assicurato stesso. Sono a carico della società le spese sostenute per resistere all’azione contro l’assicurato […]. La società non riconosce spese incontrate dall’assicurato per legali o tecnici che non siano da essa designati”.

Il patto di gestione della lite presenta vantaggi sia per l’assicuratore che per l’assicurato. L’assicuratore evita il rischio di essere chiamato in causa dall’assicurato e, attraverso la nomina di propri legali e tecnici fiduciari, può contenere i costi del giudizio e seguirne meglio gli sviluppi, anche al fine di valutare tempestivamente possibili definizioni transattive. L’assicurato, dal canto suo, può affidare il contenzioso nelle mani dell’assicuratore, senza preoccuparsi della nomina di legali o tecnici e senza doverne anticipare le spese; nei suoi confronti l’assicuratore assume un’obbligazione di fare – consistente nel gestire e svolgere con diligenza l’attività di difesa – che è più complessa e completa del semplice obbligo di indennizzare le spese di resistenza.

Come contraltare, di regola le polizze escludono la copertura delle spese di resistenza per legali o tecnici non nominati (o quantomeno approvati) dall’assicuratore. Ci si può chiedere, però, se l’assicurato che non intenda beneficiare del patto di gestione della lite possa comunque chiedere all’assicuratore il rimborso delle spese sopportate per la difesa in giudizio, in base all’art. 1917 co. 3 c.c., norma inderogabile in pejus. È appunto questo il caso esaminato dalla Corte.

La pronuncia della cassazione
La vicenda portata all’attenzione della Corte di Cassazione riguarda una vertenza per responsabilità professionale medica. Il professionista convenuto in giudizio aveva chiamato in manleva la propria compagnia assicuratrice chiedendo, altresì, il rimborso delle spese sostenute per la difesa in giudizio ai sensi dell’art. 1917 co. 3 c.c. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello, in accoglimento della domanda di manleva, avevano condannato l’assicurazione a tenere indenne l’assicurato delle somme dovute agli attori. Entrambi i giudici di merito avevano invece respinto la domanda di rimborso delle spese di resistenza, poiché il contratto di assicurazione – con clausola del tutto analoga a quella sopra menzionata – escludeva il rimborso delle spese per legali o tecnici non designati dall’assicuratore.

L’assicurato ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la predetta clausola si pone in contrasto con la previsione di cui all’art. 1917 co. 3 ed è pertanto nulla. La Corte di Cassazione non ha, tuttavia, condiviso tale argomento. Secondo la Corte, infatti, la clausola che esclude l’obbligo per l’assicuratore di rimborsare le spese di resistenza non va considerata in sé e per sé e in maniera isolata (il che porrebbe, in effetti, dei problemi di compatibilità con l’art. 1917 co. 3 c.c.), ma va letta nel contesto del patto di gestione della lite.

E il patto di gestione della lite non si pone in contrasto con la previsione di cui all’art. 1917 co. 3 c.c. “dal momento che, con esso, si realizza comunque lo scopo della norma, che è quello, per l’appunto, di tenere indenne l’assicurato delle spese di resistenza in giudizio”.3 La validità del patto di gestione della lite – prosegue la Corte – si estende anche alla clausola in virtù della quale l’assicuratore non risponde delle spese per legali o tecnici non nominati. Si tratta, infatti, di un “ragionevole corollario” del patto di gestione della lite, “volto a tutelare il sinallagma contrattuale”.

Di conseguenza, la Corte afferma a chiare lettere che, ove l’assicurato decida di non valersi del patto di gestione della lite, l’assicuratore è legittimato a rifiutare la richiesta di rimborso delle spese di resistenza, senza che tale diniego si ponga in contrasto con l’obbligo di cui all’art. 1917 c.c.4.

La rilevanza della condotta delle parti
La sola astratta previsione del patto di gestione della lite basta, allora, a giustificare l’esclusione del rimborso delle spese di resistenza? Non proprio. La Corte chiarisce che occorre, altresì, che le parti abbiano manifestato la volontà di avvalersi o non avvalersi del patto e di renderlo concretamente operante. Nella pratica, assume dunque rilievo la condotta di entrambe le parti contrattuali nel periodo immediatamente successivo al verificarsi del sinistro (o comunque della citazione in giudizio da parte del terzo danneggiato).

Da una parte, va considerata la condotta dell’assicurato. Così, nell’ipotesi (come quella all’esame della Corte) in cui l’assicurato scelga di non avvalersi della clausola (scelta di per sé legittima), egli perderà il diritto al risarcimento delle spese di resistenza. Tale scelta, si ritiene, può essere anche implicita: un caso tipico è quello in cui la compagnia viene a conoscenza del contenzioso solo con la chiamata in causa in garanzia da parte dell’assicurato, che ha già provveduto a costituirsi in giudizio nominando il proprio avvocato. Dall’altra parte, rileva la condotta dell’assicuratore.

Si consideri, ad esempio, il caso – opposto a quello appena ipotizzato – in cui l’assicurato comunica tempestivamente al proprio assicuratore la pendenza della lite, allo scopo di consentigli la gestione diretta, ma l’assicuratore rimane inerte, costringendo l’assicurato a costituirsi autonomamente in giudizio e a chiamarlo in manleva; in questo caso l’assicuratore (che di fatto ha rinunciato ad attivare il patto) non potrà sottrarsi all’obbligo di indennizzo delle spese ex art. 1917 co. 3 c.c.5 Tra questi due scenari si possono porre, in concreto, varie ipotesi intermedie, da affrontare caso per caso, anche alla luce della buona fede delle parti nell’esecuzione del contratto.

Lato assicuratore, sarà importante gestire il sinistro in maniera proattiva e valutare quanto prima se è coperto ai sensi di polizza (e dunque conviene assumere la difesa per conto dell’assicurato) o se, al contrario, vi sono eccezioni di copertura che determinano un conflitto di interesse con l’assicurato (e dunque occorrerà attendere la chiamata in causa in manleva).

Lato assicurato, sarà importante denunciare tempestivamente il sinistro in modo da consentire alla compagnia di assumere per tempo le proprie determinazioni, e coordinarsi con essa per la possibile difesa, in modo da non rischiare di perdere il diritto all’indennizzo delle spese di resistenza.