IL VOSTRO QUESITO

Si tratta di una polizza del RC del capofamiglia dove non sono considerati terzi il coniuge, il convivente di fatto, i genitori, i figli dell’assicurato e, se convivente, ogni altro parente dell’assicurato.
La contraente del contratto lavora come dipendente presso l’azienda del padre, nella fattispecie ‘Ditta Pinco Pallo di Angelo Rossi & c. SAS’; la figlia della contraente, minore, si reca in azienda a trovare la mamma e involontariamente rompe un cellulare aziendale.
In questo contesto l’azienda viene considerata terza e pertanto il sinistro è indennizzabile?

L’ESPERTO RISPONDE


Il primo comma dell’art. 1917 del codice civile testualmente stabilisce: “Nell’assicurazione della responsabilità civile l’assicuratore è obbligato a tenere indenne l’assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione, deve pagare a un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto. Sono esclusi i danni derivanti da fatti dolosi”. Per cui uno dei presupposti essenziali dell’assicurazione di R.C. è che il danneggiato sia terzo rispetto all’assicurato.
Di norma non viene considerato “terzo” ogni soggetto la cui sfera patrimoniale possa confondersi con quella del danneggiante e pertanto non lo sono i genitori, il coniuge, i figli e qualsiasi soggetto comunque a carico dell’assicurato, salvo varie indicazioni previste nelle polizze.
Dal punto di vista legislativo la legge sull’assicurazione obbligatoria della R.C.A. prevedeva prima all’art. 4 della legge n. 990/69 chi non potesse essere considerato terzo e pertanto aver diritto a risarcimento in casi di danni subiti in occasione della circolazione di veicoli obbligatoriamente assicurati per la RCA ed attualmente l’art. 129 del codice delle assicurazioni così dispone: “1. Non è considerato terzo e non ha diritto ai benefici derivanti dal contratto di assicurazione obbligatoria il solo conducente del veicolo responsabile del sinistro.
2. Ferme restando la disposizione di cui all’articolo 122, comma 2, e quella di cui al comma 1 del presente articolo, non sono inoltre considerati terzi e non hanno diritto ai benefici derivanti dai contratti di assicurazione obbligatoria, limitatamente ai danni alle cose:
a) i soggetti di cui all’articolo 2054, terzo comma, del codice civile ed all’articolo 91, comma 2, del codice della strada;
b) il coniuge non legalmente separato, il convivente more uxorio, gli ascendenti e i discendenti legittimi, naturali o adottivi del soggetto di cui al comma 1 e di quelli di cui alla lettera a), nonché gli affiliati e gli altri parenti e affini fino al terzo grado di tutti i predetti soggetti, quando convivano con questi o siano a loro carico in quanto l’assicurato provvede abitualmente al loro mantenimento;
c) ove l’assicurato sia una società, i soci a responsabilità illimitata e le persone che si trovano con questi in uno dei rapporti indicati alla lettera b)”.
La elencazione dei soggetti esclusi dal novero dei terzi, come riportata al punto precedente, può essere in qualche modo regolamentata, nelle polizze di R.C. generale, dalle C.G.A., a secondo delle politiche delle varie società assicuratrici.
Per quanto attiene le società, il richiamato articolo 129 del c.d.a. esclude dal novero dei terzi “i soci a responsabilità illimitata e le persone che si trovano con questi in uno dei rapporti indicati alla lettera b)”; per quanto attiene una s.a.s. (società in accomandita semplice), come disciplinata dagli artt. 2313-2324 del codice civile, i soci accomandatari rispondono personalmente e solidalmente col loro patrimonio per le obbligazioni della società, mentre quelli accomandanti ne rispondono nei soli limiti delle quote di partecipazione alla società.
Ove, come penso, la bambina fosse nipote del socio accomandatario Paolo Rossi, in quanto figlia di sua figlia (madre della bambina e contraente la polizza de quo) fosse convivente col suddetto Paolo Rossi, certamente né Rossi né la sua S.a.s. possono ritenersi terzi e quindi il sinistro non sarebbe indennizzabile. Qualora la mamma della bambina non convivesse col padre, egualmente il sinistro non sarebbe indennizzabile, dal momento che, essendo minore, soggiace al controllo e vigilanza del padre e della madre, i quali – ex art. 2048 del codice civile – sono comunque responsabili dei danni cagionati da figli minori e in questo caso la sfera patrimoniale del Rossi si confonde con quella della figlia, responsabile per il danno causato dalla bambina.
Rebus sic stantibus, il sinistro, salvo facili sviste ed errori del liquidatore addetto alla gestione della pratica, non può essere indennizzato.