IL VOSTRO QUESITO

La sentenza Cassazione civile sez. III, 04/05/2018 n. 10602 è relativa alla coesistenza di 2 polizze “invalidità permanente da malattia” in merito alla valutazione del danno indennizzabile alla persona.
Se il soggetto avesse stipulato un’unica polizza per un valore assicurato pari alla sommatoria delle 2, come avrebbero deciso i giudici? Avrebbero comunque stabilito che il valore di € 300.000 poteva considerarsi equo per la quantificazione del danno dell’assicurato, e quindi lo stesso avesse sopravalutato il proprio valore?

L’ESPERTO RISPONDE


Breve descrizione del caso: assicurato titolare di 2 polizze IP da malattia, rispettivamente di Euro 206.582,76 ed Euro 300.000,00.
La Sentenza della Cassazione esordisce precisando che “Nel caso in cui il contraente abbia stipulato due polizze, a copertura del medesimo rischio di assicurazione contro l’invalidità permanente da malattia, in assenza di un collegamento negoziale tra le due polizze o di previsioni specifiche sulla loro cumulabilità, si è in presenza di due assicurazioni relative al medesimo rischio con quantificazione predeterminata del danno e conseguente operatività del principio indennitario, in virtù del quale l’indennizzo non può mai eccedere il danno effettivamente patito. Danno che corrisponde all’importo più ampio indicato dall’una delle due polizze.” E quindi l’equo indennizzo per il danno patito è da determinarsi in 300.000 Euro.
Pertanto si deve dedurre che, nel caso in cui il cliente avesse invece sottoscritto un’unica polizza per 506.582,76 Euro, e tale importo fosse da ritenersi congruo in termini di valutazione del danno (nell’applicazione degli artt. 1905-1907-1908-1909-1910 c.c.), in quanto è avvalorato che la polizza infortuni (e così anche quella da malattia) sia qualificabile, per le garanzie diverse dalla garanzia morte, come polizza ramo danni (Corte di Cassazione, 5119/2002), tale importo sarebbe stato indennizzabile.
In effetti, se applichiamo il disposto delle due sentenze, sembra palese tale affermazione.
Mi permetto però di aggiungere delle riflessioni. Nelle polizze danni, sovente, è presente una clausola che deroga al contraente l’obbligo di informare l’assicuratore della presenza di altre assicurazioni sul medesimo rischio al momento della sottoscrizione, riservando tale obbligo al solo momento del sinistro. Ciò è da intendersi che l’assicuratore accetti la presenza di altre assicurazioni sul medesimo rischio (non siamo a conoscenza se la polizza in questione prevedesse tale norma). Potrebbe questo fatto qualificarsi implicitamente come presenza di un “collegamento negoziale” richiamato dalla sentenza? Forse sì, ed allora sarebbero cumulabili.
Ed inoltre, trattandosi di una sentenza relativa alle polizze danni, sebbene relativa a danni alla persona e non a cose, come applicare il disposto risultante da tale sentenza al caso di due polizze da Euro 206.582,76 ed Euro 300.000,00 per un Fabbricato del valore di ricostruzione di Euro 506.582,76? L’assegnazione del valore sarebbe comunque demandato alla somma assicurata indicata in polizza? Non credo.
Il tema allora è piuttosto da ricercarsi sulla mai completamente risolta questione relativa alla valutazione del danno alla persona, non oggettivabile come quello relativo al danno a cose.
Personalmente ritengo, in favore di una maggiore diffusione di polizze assicurative, che oggi spesso e sovente coesistono (si pensi a chi possieda: polizza IP infortunio e malattia, polizza CPI, polizza infortuni in viaggio, polizza abbinata alla Carta di Credito o Conto Corrente, senza citare le polizze eventualmente sottoscritte dal datore di lavoro), che sia necessaria una riforma degli articoli del Codice Civile relativamente al danno a persona, volto a regolarne applicabilità in tema di valutazione del danno e applicazione del principio indennitario.
Sentenze come quella citata, seppur nel pieno del diritto, mal possono essere comprese dal contraente e dall’assicurato e certamente, non sono volte a quella trasparenza, chiarezza, aderenza alle esigenze e richieste dell’assicurato cui le polizze assicurative devono assolvere, non solo per ottemperanza a regolamenti IVASS, ma perché solo un rapporto semplificato tra assicuratore e assicurato potrà determinare nel nostro Paese il pieno sviluppo della protezione assicurativa, sempre più necessaria in un contesto di esigenze di protezione non assolte dal sistema pubblico.