Il secondo welfare è entrato a pieno regime nelle politiche sociali e ha un ruolo sempre più predominante nell’affiancarsi al welfare state, che subisce una forte contrazione storica e strutturale. Il quarto Rapporto sul secondo Welfare, documento biennale realizzato da Percorsi di secondo welfare, laboratorio afferente al Centro di ricerca e documentazione Luigi Einaudi di Torino, in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano, evidenzia come la Grande Trasformazione 2.0, ossia l’incisivo rivolgimento del mondo produttivo, dell’organizzazione del lavoro, delle relazioni sociali, della struttura socio-demografica che ha investito il Paese, stia generando forme inedite di vulnerabilità che si riversano sulla popolazione.
In questo nuovo contesto appare con forza l’inadeguatezza del vecchio sistema di protezione sociale nel rispondere ai bisogni emergenti di gestione dei rischi di una popolazione con caratteristiche nuove e più longeva. Proprio in questo nuovo contesto il welfare assicurativo, sempre più ricorrente nelle offerte di compagnie assicuratrici e istituti di credito, assume una posizione rilevante nel supportare le famiglie italiane.
Ad oggi sul fronte della Sanità Integrativa si contano 700 milioni di euro di polizze individuali e circa 2 miliardi di euro di polizze collettive, mentre nel campo della previdenza complementare privata, i fondi aperti e preesistenti contano 2,1 milioni di adesioni e un patrimonio di 79 miliardi di euro; i piani individuali raggiungono invece 3,6 milioni di adesioni per un valore di circa 37 miliardi euro.
«Gli italiani pagano di tasca propria oltre 40 miliardi di euro di cure erogate al di fuori del Servizio Sanitario Nazionale», sottolinea Marco Vecchietti, a.d. e Direttore generale di RBM Assicurazione Salute.
Ma se il percorso verso un sistema previdenziale su due pilastri, uno pubblico e uno privato, è già compiuto, molta strada deve essere ancora fatta in campo sanitario tenuto anche conto delle importanti sfide in termini di sostenibilità che attendono il nostro Paese.
In quest’ottica l’affiancamento al Servizio Sanitario Nazionale di un secondo pilastro privato non inficerebbe la coerenza complessiva, né ne minerebbe i fondamentali.
Per mettere meglio a fuoco la rilevanza del fenomeno, si consideri che oggi per ciascuno di noi la spesa sanitaria pro capite è pari a 2.539 euro, di cui 1.884 euro pubblica e 655 euro pagati in media dal cittadino stesso.
La funzione di un secondo pilastro anche in sanità sarebbe quindi quella di gestire in modo più strutturato ed organico l’accesso alle cure private necessarie e rendere complementari i livelli essenziali di assistenza per tutti i cittadini, con inevitabili risvolti positivi sull’equità complessiva del sistema.
La spesa sanitaria di tasca propria è la più grande forma di disuguaglianza in sanità e può essere contrastata solo restituendo una dimensione collettiva alla Spesa Sanitaria Privata, attraverso un’intermediazione strutturata da parte di compagnie assicurative e fondi sanitari integrativi che favorisca la redistribuzione delle risorse rispetto all’acquisto individuale di prestazioni sanitarie sulla base della propria capacità reddituale.
La Sanità Integrativa riguarda poco meno di 13,9 milioni di persone e garantisce il rimborso di 5,8 miliardi di euro di Spesa Sanitaria Privata. Si tratta di un numero ancora contenuto di cittadini, peraltro prevalentemente concentrati, per via di vincoli di natura fiscale, nel settore del lavoro dipendente, per i quali tuttavia la Sanità Integrativa garantisce un importante supporto, assicurando il rimborso di circa 2/3 delle loro cure private. (riproduzione riservata)
Fiorella Cipolletta

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