L’«Ape aziendale»? Un salasso per l’azienda. A conti fatti, per un lavoratore con 20 mila euro di stipendio annuo che acceda al prestito pensionistico per 19 mesi l’azienda deve sborsare circa 10 mila euro, in unica soluzione. A spiegarlo è l’Inps nella circolare n. 28/2018.

Ape aziendale. Le istruzioni dell’Inps chiariscono anche l’enigma della cosiddetta «Ape aziendale»: non è un prestito a carico del datore di lavoro, come si era anche ipotizzato; ma la facoltà, concessa ai datori di lavoro, d’incrementare il montante contributivo del lavoratore che accede all’Ape volontario, al fine di aumentare il futuro assegno di pensione di vecchiaia. A tal fine, il datore di lavoro si assume l’onere di pagare all’Inps a favore del lavoratore che faccia richiesta di Ape volontario, in unica soluzione, i contributi necessari a coprire ai fini pensionistici il periodo di durata del prestito pensionistico. L’Ape aziendale, così, farà lievitare la futura pensione di vecchiaia dei lavoratori che risulterà penalizzata dalla rata di rimborso dell’Ape volontario.

L’Ape aziendale è praticabile esclusivamente nel settore privato e per gli enti pubblici economici, mentre non è possibile da parte di pubbliche amministrazioni. Inoltre è attivabile anche mediante i fondi di solidarietà bilaterali, le casse edili e egli enti bilaterali.

Passo preliminare per avvalersi dell’Ape aziendale è la stipulazione, tra lavoratore che accede all’Ape volontario e il suo datore di lavoro, di uno specifico accordo da allegare all’istanza di Ape volontario. L’accordo, tra l’altro, deve contenere:

a) i dati identificativi del lavoratore e del datore di lavoro (o ente bilaterale), comprensivi dei rispettivi codici fiscali;

b) importo dell’incremento del montante contributivo (cioè dell’Ape aziendale);

c) periodo di riferimento dell’Ape aziendale (date inizio e fine);

d) periodo previsto di fruizione dell’Ape volontario;

e) assunzione, da parte del datore di lavoro (o ente bilaterale), dell’obbligazione irrevocabile di versamento dell’incremento del montante contributivo (cioè dell’Ape aziendale).

L’invio all’Inps dell’accordo individuale, da parte del lavoratore, comporta un’obbligazione irrevocabile in capo a un soggetto diverso (cioè in capo al datore di lavoro, o ente bilaterale ecc.), fondata su un titolo estraneo al rapporto di lavoro. È previsto il recupero coattivo e la disciplina sanzionatoria propria della contribuzione obbligatoria (art. 116, comma 8, lett. a, della legge n. 388/2000), in caso di inadempimento totale o parziale o in caso di adempimento oltre la scadenza. A favore dei lavoratori, di conseguenza, si applica il principio di automaticità delle prestazioni (art. 2116 del codice civile), in base al quale l’Inps procede all’accredito della posizione assicurativa al lavoratore a prescindere dall’effettivo pagamento dell’Ape aziendale.

Quanto costa l’Ape aziendale. Il pagamento dell’Ape aziendale deve avvenire, in unica soluzione, alla scadenza prevista per il pagamento dei contributi relativi al periodo di paga del mese di erogazione del primo mese di Ape volontario. Per esempio, se la prima mensilità di Ape volontario è erogata a marzo 2018, il versamento dell’Ape aziendale va fatto, una tantum, entro il 16 aprile 2018.

L’Ape aziendale costa esattamente l’importo dell’incremento del montante contributivo del lavoratore.

La determinazione va fatta ai sensi dell’art. 7 del dlgs n. 184/1997 (applicando, cioè, l’aliquota di computo, in genere pari al 33%, alla retribuzione media del lavoratore). Due esempi sono in tabella.

Il versamento va fatto con F24 ELIDE. Nella sezione «CONTRIBUENTE» va indicato il codice fiscale e i dati anagrafici del soggetto che versa. Nella sezione «ERARIO ED ALTRO» va indicata la lettera «I» (Inps) nel campo «tipo»; codice fiscale del lavoratore cui il versamento è riferito; nel campo «codice» la causale APEV. Nel campo «anno di riferimento» l’anno dell’adempimento nel formato «AAAA».

Convenienza da vagliare
Conviene o non conviene fruire dell’Ape volontario? Non è facile rispondere alla domanda, perché la convenienza può non dipendere soltanto da un calcolo economico (costo/benefici), ma soprattutto da esigenze personali: chi non ha di che sfamare i figli, avrà meno difficoltà a resistere a un costo dell’operazione che supera la metà di quanto ricevuto in prestito.

Chi vuol farsi un’idea sommaria sulla convenienza, può considerare che l’operazione «costa» circa il 40% se l’Ape è erogato fino a 24 mesi e il 45% se la durata va oltre. In realtà, il costo è esattamente il doppio, 80% ovvero 90%, ma pesa per la metà grazie allo sconto fiscale (credito d’imposta, appunto, del 50% degli oneri) che l’Inps applicherà automaticamente sulle singole mensilità di pensione di vecchiaia. Questo si può chiaramente verificare dal simulatore online dell’Inps.

Quegli indici di costo significano che per 10 mila euro di Ape volontaria, bisogna restituirne circa 15 mila. La restituzione va fatta in 240 rate, cioè 20 anni, a partire da quando si inizierà a intascare la pensione di vecchiaia: quindi, mese in più mese in meno, dai 67 anni fino agli 87 anni di età. Probabilmente, andando in banca e ipotecando la propria casa di abitazione, si riesce a ricavare uno stesso prestito e anche a condizioni migliori.

Domande irrevocabili
Le domande di Ape volontario e pensione di vecchiaia sono irrevocabili: una volta presentate, non è più possibile il ripensamento, salvo che nel breve lasso di 14 giorni entro cui è possibile l’esercizio del diritto di recesso (al pari di un comunissimo contratto di prestito al consumo). Solo ai fini dell’Ape, inoltre, è della stessa durata (14 giorni) anche il termine per il diritto di recesso dall’assicurazione. Il termine non decorre dalla data di presentazione delle domande (Ape e pensione), ma dalla data di perfezionamento dell’Ape. Tale data corrisponde al giorno in cui l’Inps pubblica, in formato elettronico, nella sezione riservata al richiedente del sito internet, l’accettazione del contratto di finanziamento e l’accettazione della proposta di assicurazione (cioè l’ok all’Ape).

In caso di recesso, diventa del tutto inefficace la domanda di Ape, ossia tutti i documenti di cui si compone, compresa pure la domanda di pensione di vecchiaia.

Ai supplementari per la speranza di vita
Chi prova il simulatore Inps per verificare la propria possibilità di accesso all’Ape, noterà che deve indicare, tra l’altro, se vuole accedere al «finanziamento supplementare»: ciò è previsto per garantire l’erogazione dell’Ape fino all’effettiva età di pensionamento, qualora durante la fase di erogazione intervenga l’adeguamento dei requisiti alla speranza di vita. Se si risponde «sì», il periodo di erogazione dell’Ape si allunga e copre l’aumento dei requisiti pensionistici all’aspettativa di vita, cosa prevista il 1° gennaio 2019 per 5 mesi e poi il 1° gennaio 2021. Chi chiede il «supplementare» avrà l’Ape e la durata rideterminati in misura corrispondente alle variazioni del requisito d’età per la pensione di vecchiaia (anche oltre 3 anni e 7 mesi).
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