Assegno a 67 anni. Tranne 15 categorie di lavoratori
di Leonardo Comegna

Confermato l’adeguamento demografico, che porterà la soglia anagrafica per andare in pensione a 67 anni nel 2019. Ampliamento della platea dei lavoratori esclusi dall’adeguamento automatico (biennale dal 2019), aggiungendo alle attuali 11 attività altri quattro profili professionali. Parti sociali coinvolte nelle due commissioni tecniche che dovranno, da un lato innovare il calcolo dell’impatto delle aspettative di vita sull’età di pensionamento, e dall’altro studiare la separazione tra previdenza e assistenza. Ape sociale strutturale, attraverso l’accantonamento in un apposito fondo dei risparmi di spesa. Il «pacchetto» in 12 punti sulle pensioni, del valore di circa 300 milioni di euro, frutto dell’ultimo vertice con i sindacati, è stato depositato ieri dal governo in commissione bilancio al Senato come emendamento al disegno di legge di Bilancio 2018.

Adeguamento

demografico

Su questo punto l’esecutivo dunque non ha ceduto, offrendo in cambio solo un allargamento della platea dei lavoratori già oggi esclusi dall’adeguamento automatico (biennale dal 2019), aggiungendo alle attuali 11 attività, altri quattro profili professionali: operai siderurgici, braccianti agricoli, lavoratori marittimi e pescatori. Da notare la novità dell’ultima ora con l’inserimento dei lavoratori siderurgici di prima fusione, misura che interessa anche i lavoratori Ilva. In tutto 20-30 mila persone l’anno per un costo di qualche centinaio di milioni di euro (10% dei pensionamenti stimati per il 2019). Inoltre, c’è la promessa di valutare una rivisitazione del meccanismo di calcolo dell’adeguamento alla speranza di vita, tenendo in maggior conto i cali della stessa (si è verificato nel 2015 e potrebbe riverificarsi nel 2017) e riallungando lo scatto, da biennale a triennale. L’ipotesi dello stop, inoltre, non sarà limitato al solo requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia, come previsto in un primo tempo, ma anche a quello contributivo (42 anni e 10 mesi) richiesto per la pensione anticipata. Insomma, un meccanismo più soft, senza scossoni per i conti pubblici.

La commissione

Arriva una apposita commissione con Inps, Inail, Istat, i ministeri della Salute, del Lavoro e dell’Economia e i sindacati, che lavori fino a settembre, per definire meglio le differenze della speranza di vita in base al lavoro che si svolge. Una differenziazione dei requisiti previdenziali sulla base delle mansioni. In sostanza: dimmi che mestiere fai e ti dirò a che età andrai in pensione.

Lavori usuranti

Le categorie dei beneficiari sono quelle già individuate nel 2011 (decreto legislativo n. 67), come, ad esempio, chi lavora nella produzione a catena, in galleria, in spazi ristretti, chi esporta amianto, ecc. (vedi elenco completo nella tabella sottostante). Ebbene, questi lavoratori possono continuare ad andare in pensione con il «vecchio» sistema delle quote: 61 anni e 7 mesi di età e 36 anni di contributi, oppure 62 anni e 7 mesi e 35 di contributi (si contano anche le frazioni di anno). Nessun problema con la speranza di vita. Infatti, grazie alla legge di Bilancio 2017, i suddetti requisiti non sono soggetti agli adeguamenti demografici sino a tutto il 2026, né devono più aspettare l’apertura della cosiddetta «finestra mobile»: 12 o 18 mesi dal perfezionamento dei suddetti requisiti. Gli interessati dovranno dimostrare di aver svolto le suddette attività per almeno sette negli ultimi dieci anni di lavoro, oppure, in alternativa, per almeno la metà della vita lavorativa complessiva. L’unico adempimento burocratico loro richiesto è, per così dire, la prenotazione. Devono avanzare richiesta di pensionamento anticipato entro il 1° maggio dell’anno precedente a quello in cui si maturano i requisiti. La richiesta non è da confondere con la domanda di pensione che sarà presentata solo in un momento successivo, dopo la comunicazione da parte dell’Inps di accoglimento della domanda di accertamento di lavoro usurante. Peraltro, la presentazione della domanda oltre il termine previsto comporta, in caso di accertamento positivo dei requisiti, il differimento del diritto alla decorrenza da uno a tre mesi a seconda dei mesi di ritardo: un mese, per un ritardo della presentazione massimo di un mese; due mesi, per un ritardo della presentazione superiore ad un mese ed inferiore a tre mesi; tre mesi per un ritardo della presentazione pari o superiore a tre mesi.

Lavori gravosi

Gli addetti alle mansioni gravosi sono i dipendenti addetti alle 11 attività indicate nella legge di Bilancio 2017, i quali svolgono, al momento del pensionamento, da almeno sei anni in via continuativa attività lavorative per le quali è richiesto (testuale) «un impegno tale da rendere particolarmente difficoltoso e rischioso il loro svolgimento in modo continuativo». Si tratta, più precisamente: degli operai dell’industria estrattiva e dell’edilizia; dei conduttori di gru, di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni; dei conciatori di pelli e pellicce; i conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante; i conduttori di mezzi pesanti e camion; professioni sanitarie infermieristiche con lavoro organizzato in turni; gli addetti all’assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza (le badanti); gli insegnanti della scuola dell’infanzia; il personale non qualificato addetto a servizi di pulizia; i facchini e gli operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori rifiuti. Tutti costoro, se hanno compiuto i 63 anni di età e accumulato almeno 36 anni di contributi, possono accedere all’Ape sociale, ossia il sussidio (a carico dello Stato) corrisposto dall’Inps sino all’età della pensione di vecchiaia. Dal 2018 i possibili beneficiari saliranno quindi a 15 categorie.

Previdenza complementare

Sul tema della previdenza complementare il governo punta all’incentivazione soprattutto per incrementare l’adesione dei lavoratori pubblici, dove prevede, la parificazione della tassazione sulle prestazioni di previdenza integrativa per i dipendenti pubblici al livello di quella dei privati. No solo, ma arriverà anche per loro il famoso «silenzio-assenso». Dovranno essere stabilite, con una specifica norma di legge, le «forme di adesione basate anche su sistemi di silenzio-assenso», come definite dalle parti istitutive dei fondi pensione, destinate ai pubblici dipendenti che saranno assunti in futuro.

Donne e giovani

L’intenzione è quella di all’allargamento dei requisiti agevolati di accesso alle prestazioni, «per le lavoratrici con figli, al fine di avviare il processo di superamento della disparità di genere e dare primo riconoscimento al valore sociale del lavoro di cura e di maternità svolto dalle donne». Uno «sconto» sull’età non meglio specificato, probabilmente correlato al numero dei figli. Per quanto riguarda i giovani, il governo s’impegna a dare priorità alla «sostenibilità sociale dei trattamenti pensionistici destinati ai giovani al fine di assicurare l’adeguatezza delle pensioni medio-basse nel regime contributivo con riferimento sia alla pensione anticipata che a quella di vecchiaia». In soldoni: il ripristino di una sorta di trattamento minimo non previsto per le pensioni liquidate in regime contributivo.

© Riproduzione riservata
Fonte: