NORMATIVA

Un intreccio dai risvolti legali e contrattuali – PRIMA PARTE

Autore: Clemente Fargion
ASSINEWS 290 – ottobre 2017

Premessa – La natura sovversiva del criterio di assicurazione al valore a nuovo

Il criterio di assicurazione in base al valore a nuovo venne introdotto come lancio commerciale, per offrire all’assicurato un indennizzo affrancato dall’applicazione del deprezzamento per vetustà, condizioni d’uso, stato di conservazione e quant’altro.
Nel segno di una rottura col passato, il nuovo criterio si svincolava da una normativa consolidata negli anni e supportata dal codice civile, in cui il comune termine di confronto con le somme assicurate, ai fini dell’applicazione della regola proporzionale (art. 1907) o dell’accertamento del danno patito (art. 1908, primo comma), era il valore che le cose avevano al momento del sinistro.
Non si trattava, tuttavia, di una violazione di sostanza, dato che entrambi i predetti articoli non fanno parte delle norme inderogabili, menzionate all’art. 1932 c.c. nell’introduzione, ma piuttosto poteva essere ravvisato un vizio di forma nell’omettere sul contratto la dichiarazione che esso operasse in deroga agli stessi articoli.

Oggi, nell’ambiente assicurativo, il criterio del valore a nuovo ha raggiunto un livello di diffusione tale, che la sua mancanza è percepita come un grave segno di obsolescenza normativa, ma nel ben più vasto mondo dell’utenza, che non risente dei condizionamenti del mercato, a nessuno verrebbe in mente che il valore di un bene materiale, che si trovi in stato di utilizzo, possa corrispondere al suo costo di riacquisto a nuovo.

1 – Perché il valore allo stato duso è il vero valore da assicurare

Nelle assicurazioni contro i danni materiali ai beni il criterio di assicurazione in base al valore allo stato d’uso è quello tecnicamente più corretto. A dispetto della sua indubbia impopolarità, questa affermazione è in piena sintonia con il principio indennitario, oltre che giustificata dalla considerazione che, dopo aver ricevuto il risarcimento del valore dell’usato distrutto dal sinistro, la spesa per l’acquisto del nuovo non aggiunge nulla al danno, sul piano contabile.
Una definizione acuta, quanto efficace, che è stata usata nei corsi di formazione assicurativa negli anni passati recitava che il senso corretto della somma da assicurare per un bene materiale (non necessariamente uguale alla somma assicurata, che può essere errata), è dato dall’interesse che ha l’assicurato alla conservazione di quel bene. Non c’è nulla che spieghi meglio il senso profondo del valore allo stato d’uso.

Se ipotizziamo di ridurre questo interesse fino ad annullarlo, lo dovremmo rappresentare con una somma assicurata pari a zero, riproducendo così la circo stanza descritta dall’art. 1904 c.c., che dichiara nullo il contratto, se al momento della sua conclusione, non esiste un interesse dell’Assicurato al risarcimento del danno. In questo ulteriore articolo del codice civile si chiude il cerchio che consacra quello del valore allo stato d’uso, come criterio cardine per la stima dei valori delle cose da assicurare. A corollario di quanto esposto in questo paragrafo, va osservato che anche le società di stima definiscono il valore allo stato d’uso valore di assicurazione, in contrapposizione al valore a nuovo.

2 – Il valore a nuovo: i primi ostacoli

Nel settore dell’assicurazione contro i danni materiali, il concetto di valore a nuovo è sempre esistito, sotto forma di definizione, dal momento che da esso si otteneva il cosiddetto valore al momento del sinistro, applicando il deprezzamento per vetustà, condizioni d’uso, stato di conservazione e quant’altro. La novità, introdotta sotto forma di lancio commerciale, consisteva nel restituire all’assicurato la somma detratta per il deprezzamento, qualora la sostituzione del bene fosse avvenuta effettivamente, facendo così uscire il Valore a Nuovo dalla sua dimensione di definizione terminologica, per dargli la funzione operativa di criterio di indennizzo.

La regola infatti prevedeva che l’indennizzo venisse corrisposto in prima istanza come da tradizione, in base al valore allo stato d’uso.
Se poi l’assicurato avesse provveduto:
• a ricostruire entro 12 mesi (24 secondo alcuni testi) il fabbricato a nuovo con le medesime caratteristiche costruttive rispetto all’originale, oppure
• a sostituire il bene danneggiato con uno nuovo uguale o di pari prestazioni o rendimento economico (se si fosse trattato di un bene strumentale).

L’ammontare dedotto a titolo di deprezzamento complessivo, per vetustà e stato di conservazione, sarebbe stato stornato e quindi corrisposto, sotto il nome di supplemento di indennità. Può sembrare superfluo riportare nozioni forse note a tutti, ma lo scopo è di accendere i riflettori sulle parole scritte in carattere grassetto nell’elenco puntato di cui sopra, in cui si concentra il tema di questa trattazione.

Il valore a nuovo era una concessione che strideva con la consuetudine assicurativa di centellinare i benefici all’assicurato e probabilmente i suoi ideatori, nel rendersene conto, hanno ritenuto di zavorrarla con alcuni accorgimenti che riepiloghiamo nel seguito:
a) L’onere economico imposto all’origine dietro la concessione della clausola, sotto forma di sovra-premio;
b) Il limite di 12 mesi concesso all’assicurato per la ricostruzione o il rimpiazzo del bene, pena la perdita del diritto al supplemento di indennità;
c) La condizione che all’assicurato non spetterà in nessun caso un indennizzo superiore al doppio del valore allo stato d’uso.

Limitatamente al fabbricati, veniva imposto di frequente un ulteriore vincolo: quello che la ricostruzione avvenisse nella stessa area occupata dal fabbricato distrutto dal sinistro. A quanto sopra dovremmo aggiungere la pretesa che il bene nuovo non presenti alcuna miglioria rispetto a quello sostituito.
Tuttavia, questa condizione non può essere inclusa nella zavorra, dal momento che era già presente prima dell’introduzione del criterio di indennizzo al valore a nuovo, quando questo non era altro che una definizione ad uso e consumo del valore allo stato d’uso.

È assai interessante osservare che tutte le cautele poste per appesantire l’ottenimento del beneficio del valore a nuovo, sono state smorzate, se non annullate da altrettanti e più recenti interventi di ispirazione commerciale:
1) facendo scomparire il maggior premio imposto all’origine, poi inghiottito dalla generale corsa al ribasso dei premi;
2) portando a 24 mesi (esistono anche casi di proroga a 36 o 48 mesi) il limite temporale per la ricostruzione o il rimpiazzo;
3) portando in taluni casi il limite del doppio al triplo del Valore allo Stato d’Uso e, in altri più sporadici casi abolendo del tutto questo limite.

Quanto descritto al primo dei tre punti di cui sopra non è tanto il frutto di un intervento, quanto piuttosto il risultato di una tendenza di mercato, che si è materializzato in modo progressivo. È curioso, per contro, constatare che si è tentato di compensare anche il quarto ostacolo, che abbiamo posto al di fuori, in quanto presente già nella definizione stessa di valore a nuovo, con la condizione particolare opere di miglioria, ma si tratta di una clausola che non ha avuto grande diffusione.

Dalla norma che pone un limite temporale per la sostituzione del bene distrutto dal sinistro, pena la decadenza del diritto al supplemento di indennità, si deduce che la mancata sostituzione, in assoluto, del bene distrutto debba, a maggior ragione, far perdere il diritto al supplemento di indennità. Ma si tratta di una penalizzazione di nome ma non di fatto, dal momento che la mancata sostituzione (del bene strumentale) o la mancata ricostruzione (dell’immobile) può essere considerata la prova del decaduto l’interesse dell’assicurato alla sua conservazione.

Se tale interesse è, come si è detto, ciò che meglio rappresenta il valore da assicurare, nel caso in esame saremmo di fronte a un bene di valore nullo. Questa circostanza non va confusa con il caso disciplinato dall’art. 1904 c.c. (riferito all’assenza dell’interesse all’atto di concludere il contratto), in quanto si sta parlando di un interesse che è venuto meno in seguito al sinistro, verosimilmente perché l’azienda abbia ritenuto più interessante perseguire altri obiettivi, piuttosto che recuperare il bene danneggiato, ma che si presuppone esistesse fino a prima del sinistro.

La mancata sostituzione del bene distrutto dal sinistro dovrebbe far decadere ogni diritto a qualsivoglia indennità e non al solo supplemento che integra il valore allo stato d’uso. La regola vigente, che un po’ grottescamente fa dono all’assicurato di un indennizzo tecnicamente non dovuto, è un effetto collaterale dell’intento di mettere un freno alla concessione dell’indennizzo in base al valore a nuovo.

3 – Come si giustifica lillecito arricchimento prodotto dal criterio del valore a nuovo

È di una evidenza solare che l’indennizzo in base al valore a nuovo tenda ad offrire all’assicurato, senza contro partita, un beneficio, laddove un bene nuovo, ancorchè identico a quello sostituito a causa del sinistro, garantisce all’assicurato una vita residua certamente superiore in termini di durata rispetto a quanto gli garantiva il bene vecchio prima di danneggiarsi, ma anche di fruire delle prestazioni di un ente nuovo, sicuramente meno suscettibile di subire dei guasti, la cui probabilità cresce con la vetustà dell’ente usato. Gli esperti si sono sentiti in dovere di dare una spiegazione per giustificare quella che aveva i connotati di una violazione di un principio enunciato e difeso, a guardia alta, dallo stesso estensore.

 

 

 

 

(*) In altri termini, si tenta di giustificare il presunto indebito arricchimento, dicendo che il criterio del valore a nuovo tende a spostare l’interesse dell’assicurato che, ai sensi dell’art. 1904 c.c., costituisce la garanzia di legittimità del contratto assicurativo, dalla conservazione del bene che è stato colpito dal sinistro, all’esigenza di non creare o prolungare deleterie interruzioni dell’attività aziendale, per la quale quello stesso bene era ritenuto determinante. Se questa giustificazione corrispondesse al vero, ci troveremmo di fronte ad un caso senza precedenti, in cui l’assicuratore riconosce, a titolo di indennizzo, un maggior costo volto ad evitare o a contenere un danno non coperto di assicurazione, visto che questa spiegazione non solo prescinde dall’esistenza di una garanzia sulle perdite economiche da Interruzione di attività (danni indiretti), ma vale anche per la polizza incendio tradizionale, che non prevede nemmeno la possibilità di una sezione danni indiretti. In conclusione, la giustificazione convince meno della incongruenza che la richiede.

3.1 – Quanto è distante la giustificazione dalla realtà delle cose

Riprendendo la giustificazione ufficiale, secondo la quale
• il valore allo stato d’uso rappresenta la consistenza patrimoniale residua dei beni usati suscettibili di essere danneggiati dal sinistro e
il valore a nuovo rappresenta spesa necessaria per ripristinare la funzionalità che il bene garantiva prima del sinistro, osserviamo che al di là delle critiche mosse alla sostenibilità di quanto esposto al secondo punto, non si può disconoscere che, tranne in casi particolari, il contenuto di entrambi i punti non corrisponde alla realtà.

Infatti, il valore a nuovo, condizionato dagli innumerevoli paletti, primo fra tutti quello che impone la replica delle caratteristiche funzionali e d’utilizzo del bene distrutto, finisce per essere pura teoria, non applicabile alla realtà e, come si vedrà nel dettaglio più avanti, questo problema cresce con l’avanzare della vetustà del bene assicurato. Pertanto, l’indennizzo in base al valore a nuovo spesso non corrisponde affatto alla spesa necessaria a ripristinare lo status quo ante sinistro.

Il valore allo stato d’uso, affinchè possa corrispondere alla consistenza patrimoniale residua dei beni prima del sinistro, dovrebbe essere il risultato del deprezzamento a partire dal costo storico di acquisizione, non a partire dal cosiddetto valore di ricostruzione o di rimpiazzo attuale, che spesso, per le ragioni viste al capoverso precedente, è tutt’altro che tale.

In realtà, ciò che si è deprezzato è proprio quel bene, colpito da sinistro ed acquisito o costruito nella data che gli appartiene e da quella data ad oggi hanno agito i fattori del tempo e dell’usura per diminuirne il valore fino alla valutazione che gli diamo oggi. Un bene strumentale acquistato nel 2002, destinato a durare fino al 2022, oggi vale il suo costo di acquisto originale, meno il deprezzamento dovuto a 15 anni di utilizzo, non il costo che avrebbe se lo acquistassimo oggi, deprezzato per gli anni passati, che a quel bene ipotetico, teoricamente acquistato oggi, non apparterrebbero.

4 – La definizione di valore a nuovo nei vari testi di polizza presenti sul mercato (benchmark)

È interessante ora osservare come recitano la definizione di valore a nuovo i testi di alcune polizze emesse da alcune importanti compagnie assicuratrici operanti in Italia:

A – Testo della polizza globale fabbricati di Italiana Assicurazioni
Per i fabbricati:
La spesa necessaria al momento del sinistro per l’integrale ricostruzione a nuovo con le stesse caratteristiche escluso il solo valore dell’area.

B – Testo della polizza incendio all risks di AXA
Per i fabbricati: la spesa necessaria per l’integrale costruzione a nuovo di tutto il fabbricato assicurato, escludendo soltanto il valore dell’area. Qualora il fabbricato sia costruito in tutto od in parte con materiali di impiego non comune, la stima del valore di preesistenza verrà effettuata sulla base del costo di costruzione a nuovo con l’impiego di equivalenti materiali di uso corrente.
Per macchinario, attrezzatura ed arredamento, il costo di rimpiazzo delle cose assicurate con altre nuove eguali oppure equivalenti per rendimento economico, ivi comprese le spese di trasporto, montaggio e fiscali.

C – Testo della polizza incendio di Unipol – SAI Assicurazioni
Per i fabbricati: La spesa necessaria al momento del sinistro per l’integrale ricostruzione a nuovo di tutto il fabbricato assicurato, escludendo il solo valore dell’area.
Per macchinari, attrezzature e arredamento: il costo di rimpiazzo con altre cose nuove uguali oppure equivalenti per rendimento economico, comprese le spese di trasporto, montaggio e fiscali.

D – Testo della polizza all risks di Reale Mutua
Per i fabbricati: La spesa necessaria al momento del sinistro per l’integrale ricostruzione a nuovo con le stesse caratteristiche costruttive escluso il solo valore dell’area.
Per macchinari, attrezzature e arredamento: il costo di rimpiazzo di ciascun bene con uno nuovo uguale oppure, se non disponibile, con un altro bene equivalente per prestazioni e rendimento, comprese le spese di trasporto, montaggio e fiscali.

E – Testo di polizza incendio GENERALI
Per i fabbricati: La spesa necessaria al momento del sinistro per la ricostruzione a nuovo di tutto il fabbricato secondo il preesistente tipo e genere, escluso il solo valore dell’area.
Per macchinari, attrezzature e arredamento: il costo di rimpiazzo di ciascun bene con uno nuovo uguale oppure, se non disponibile, con un altro bene equivalente per prestazioni e rendimento, comprese le spese di trasporto, montaggio e fiscali.

F – Altro testo di polizza all risks incendio GENERALI
Per i fabbricati: La spesa necessaria al momento del sinistro per la ricostruzione a nuovo di tutto il fabbricato, escluso il solo valore dell’area.
Per attrezzature e arredamento: il costo di rimpiazzo con altre cose nuove uguali oppure equivalenti per rendimento economico, comprese le spese di trasporto, montaggio e fiscali.

G – Polizza all risks TORO (medesimo testo)
Per i fabbricati: La spesa necessaria al momento del sinistro per la ricostruzione a nuovo di tutto il fabbricato, escluso il solo valore dell’area.
Per macchinari, attrezzature e arredamento: il costo di rimpiazzo con altre cose nuove uguali oppure equivalenti per rendimento economico, comprese le spese di trasporto, montaggio e fiscali.

H – Polizza all risks ALLIANZ (medesimo testo)
Per i fabbricati: La spesa necessaria al momento del sinistro per la ricostruzione a nuovo di tutto il fabbricato, escluso il solo valore dell’area.
Per macchinari, attrezzature e arredamento: il costo di rimpiazzo con altre cose nuove uguali oppure equivalenti per rendimento economico, comprese le spese di trasporto, montaggio e fiscali.

I – Polizza all risks ZURICH (medesimo testo)
Per i fabbricati: La spesa necessaria al momento del sinistro per la ricostruzione a nuovo di tutto il fabbricato, escluso il solo valore dell’area.
Per macchinari, attrezzature e arredamento: il costo di rimpiazzo con altre cose nuove uguali oppure equivalenti per rendimento economico, comprese le spese di trasporto, montaggio e fiscali.

Vediamo ora di rendere più efficace questo confronto, mediante l’uso di una tabella sinottica:

Probabilmente, un’indagine limitata a otto compagnie può essere ritenuta da qualcuno un dato statistico non significativo, ma lo diventa in relazione ad una sostanziale omogeneità riscontrata nei termini di definizione data dai vari testi, oltre che all’importanza degli assicuratori presi a campione.

Risulta chiaro, soprattutto dal quadro sinottico, che il concetto del valore a nuovo
• per macchinari, attrezzature e arredamenti è espresso in modo pressoché identico in tutti i testi, laddove la condizione che se non fosse reperibile un bene nuovo uguale a quello vecchio colpito da sinistro, è dichiarata la pretesa che abbia pari prestazioni e rendimento, mentre

• per i fabbricati consiste nella spesa per la ricostruzione totale a nuovo del fabbricato assicurato, con l’esclusione del valore dell’area, mentre si riscontra:

– una variante frequente, consistente nella precisazione che il fabbricato ricostruito a nuovo debba mantenere le caratteristiche costruttive dell’opera originaria, esistente prima dell’accadimento dannoso e
– una variante particolare, prevista solo dal testo AXA, che prescrive la sostituzione di materiali inusuali, eventualmente presenti nella costruzione, con materiali correnti, al chiaro fine di salvaguardare la funzionalità, contenendo nel contempo i costi.

Il comune denominatore fra il modo in cui viene definito il valore a nuovo per i macchinari e per i fabbricati è la pretesa che dopo il sinistro il bene non sia sostituito con un altro che possa offrire dei vantaggi di utilizzo all’assicurato, intravvedendo in questa circostanza, il verificarsi di un indebito arricchimento.
A tal proposito, la sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore, 10/04/2002, escludeva implicitamente la possibilità di invocare un indebito arricchimento nell’ambito dell’applicazione del criterio del valore a nuovo, costituendo già esso stesso una norma operante in deroga al principio indennitario.

In altri termini, laddove operi il criterio del valore a nuovo, si è già derogato, sul piano formale, al principio indennitario, in particolare alla norma di questo principio secondo la quale nel conteggio dei danni non deve essere attribuita alle cose assicurate valore maggiore di quello che esse avevano al momento del sinistro (art. 1908 c.c., primo comma). Nell’ambito dell’applicazione di detto criterio, non possono essere poste condizioni limitative, come quelle che vengono di norma eccepite sotto l’etichetta di opere di miglioria, invocando la necessità di scongiurare il vantaggio indebito a favore dell’assicurato, in quanto ciò equivarrebbe ad applicare una regola negando, nel contempo, la sua stessa legittimità.