di Paola Valentini
Circa 200 mila investitori in più hanno sottoscritto un fondo comune nel 2016. In totale il numero di risparmiatori che a fine dello scorso anno avevano un prodotto italiano è salito così a quota 6,6 milioni.

È quanto emerge dall’aggiornamento 2016 del Quaderno di Ricerca dell’ufficio studi di Assogestioni intitolato “I sottoscrittori di fondi comuni italiani” firmato da Alessandro Rota e Riccardo Morassut.

Il tasso di partecipazione complessivo al mercato dei fondi italiani è passato dal 17% del periodo 2002-2003 al minimo del 9% del 2012. Successivamente la ripresa delle sottoscrizioni ne ha riportato il valore all’11% di fine 2016.

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Lo studio conferma quindi una tendenza in continua crescita partita dal 2013 e coincide con la ripresa della raccolta sui fondi domestici che negli ultimi 48 mesi hanno raccolto complessivamente 75 miliardi di euro.

Anche la distribuzione del patrimonio è coerente con le evidenze registrate su tutto il periodo di analisi, ossia dal 2002. Infatti il 10% dei sottoscrittori più ricchi detiene quasi la metà del patrimonio complessivo e metà dei sottoscrittori investe più di 14.454 euro che rappresenta il patrimonio mediano.

Il portafoglio medio di investimento è, invece, pari a 31.631 euro. L’analisi registra inoltre alcune interessanti dinamiche sul piano delle caratteristiche anagrafiche. In particolare, prosegue il riequilibrio tra le proporzioni dei generi: le donne, a fine 2016, rappresentano il 46% dei sottoscrittori, colmando di 10 punti percentuali il gap iniziale del 2002 che superava il 16%.

Analizzando, invece, la distribuzione geografica dei sottoscrittori si conferma che il 65% degli investitori risiede al Nord, il 18% nel Centro e il restante 17% nel Sud e nelle Isole. Il tasso di partecipazione, inteso come il rapporto tra il numero di sottoscrittori e la popolazione residente, è sempre il più alto nelle regioni settentrionali con i picchi di Emilia-Romagna (17,5%), Lombardia (16,4%) e Piemonte (15,6%). Questi valori calano progressivamente andando verso Sud, dove i tassi di partecipazione sono ampiamente sotto la media nazionale dell’11%.

L’età media a fine 2016 è di 59 anni. Dal 2002 la quota dei sottoscrittori di età compresa tra i 26 e i 35 anni è scesa dal 15% al 7%, quella degli investitori più anziani (oltre i 75 anni) è invece cresciuta passando dal 9% al 19% circa. Si mantengono più stabili le fasce intermedie.

Osservando la partecipazione al mercato dei fondi per età si riscontrano alcuni segnali incoraggianti per le fasce più giovani della popolazione. Dal 2014, infatti, è in crescita il tasso di partecipazione per i sottoscrittori con età fino ai 35 anni, segno che in valore assoluto stanno leggermente aumentando i risparmiatori più giovani.

Nel corso dei 15 anni del periodo di analisi sono invece decisamente cambiate le scelte di investimento dei sottoscrittori di fondi italiani. Coloro che nel 2002 investivano prevalentemente (almeno il 70% del proprio portafoglio) in fondi azionari erano quasi il 25%.

Il loro peso è diminuito costantemente nel tempo e nel 2016 si registra il minimo storico del 7%. Più volatile l’investimento in fondi di liquidità: nel biennio 2008-2009 un sottoscrittore su cinque concentrava il proprio portafoglio su questa tipologia di fondi, oggi sono solo il 3%.

I fondi flessibili, con il crescente successo riscosso dai fondi target date, hanno registrato la dinamica di crescita più pronunciata e oggi rappresentano la scelta principale del 36% dei sottoscrittori, confermando per il secondo anno consecutivo il sorpasso sui fondi obbligazionari.

Questi ultimi sono stati storicamente la categoria più gradita dai risparmiatori toccando punte superiori al 40%. Per quanto riguarda la modalità di sottoscrizione dei fondi, il versamento unico (Pic) è scelto da quasi il 70% dei sottoscrittori, ma negli ultimi 10 anni è raddoppiata la percentuale di coloro che scelgono la via esclusiva dei piani di accumulo (Pac).

Infatti, tra il 2006 e il 2016, questa forma di sottoscrizione è passata dal 9,6% al 19%. Rimane stabile il ruolo predominante del canale bancario nella distribuzione dei fondi italiani: 93% nel 2016.

Se questi sono i dati riferiti al 2016, nell’anno in corso è possibile che, grazie all’avvio dei Pir, nati proprio a inizio 2017, il numero di sottoscrittori di fondi comuni potrà avere un ulteriore impulso.

Infatti, benchè i Pir possano essere sottoscritti direttamente anche tramite un deposito amministrato, il risparmio gestito si è mosso subito lanciando fondi ad hoc dedicati proprio ai piani esentasse.Sul mercato ne esistono già una quarantina da parte di oltre 20 società di gestione italiane ed estere.

Al contrario, per ora i Pir fai-da-te hanno incontrato più difficoltà anche per via della ritrosìa delle banche a lanciare conti dedicati. A quanto risulta, finora soltanto Directa Sim e Invest banca hanno in programma di lanciare due Pir tramite deposito amministrato.

Fonte: logo_mf