di Stefania Peveraro
Si rischia il paradosso. La Mifid 2, cioè la nuova direttiva Ue sui mercati degli strumenti finanziari, che ha l’obiettivo ultimo di proteggere gli investitori, potrebbe avere un effetto totalmente inatteso e contrario allo spirito per il quale è nata. La ricerca di maggiore trasparenza ed efficienza del mercato a favore degli investitori, infatti, ha costi che da molti operatori sono stati ritenuti eccessivi, tanto che il numero delle banche market maker sul mercato obbligazionario europeo si è già ridotto in maniera importante. «Nonostante la Mifid 2 debba entrare in vigore il prossimo gennaio, è già in atto una contrazione della liquidità del mercato dei corporate bond, in considerazione del costante trend di volumi in riduzione in questi ultimi anni. Stiamo parlando di un terzo di liquidità in meno rispetto a 3-4 anni fa», spiega a MF-Milano Finanza Alberto Mancuso, Head of Sales & Distribution di Banca Imi (Gruppo Intesa Sanpaolo ), a margine di un convegno organizzato a Milano dalla banca nei giorni scorsi proprio sul tema dell’impatto della Mifid 2 sul trading obbligazionario. «L’impatto della regolamentazione sulla liquidità è estremamente importante. Negli Usa lo abbiamo già sperimentato più volte», sostiene ad esempio Lynn Martin, presidente e coo di Ice Data Services, fornitore di dati sui mercati finanziari globali con il quale Intesa Sanpaolo ha stretto una partnership.

Gran parte delle modifiche che Mifid 2 apporterà riguarderà infatti le infrastrutture dei mercati finanziari, perché queste possano assicurare la cosiddetta best execution, cioè il dovere da parte di un intermediario di effettuare ordini per conto dei clienti garantendo la migliore esecuzione possibile e quindi il prezzo migliore nel tempo più breve possibile. «Tutto questo si traduce quindi anche in una riduzione importante dei differenziali di prezzo denaro-lettera e quindi in una sensibile riduzione dei margini per gli intermediari stessi», ha sottolineato ancora Mancuso.
Il risultato paradossale è che si avrà sì una best execution, ma condotta su prezzi fatti da un minore numero di market maker; quindi il risultato ultimo per gli investitori istituzionali rischia di essere meno vantaggioso di quello che si vorrebbe. In ogni caso, c’è poco da fare ora. La Mifid 2, dopo vari slittamenti, entrerà in vigore a inizio gennaio 2018 e quindi gli intermediari hanno ancora molto poco tempo per attrezzarsi per stare sul mercato. «Affrontare il nuovo regime di Mifid 2 significa misurarsi concretamente con gli impatti della nuova normativa in termini organizzativi, di sistemi, di controlli, legali, di formazione del personale. E tutto questo ha dei costi», aggiunge Mancuso, sottolineando che «a causa di nuovi obblighi normativi e cambiamenti della struttura del mercato, viene richiesto uno sforzo sempre maggiore nell’utilizzo delle piattaforme elettroniche di trading e quindi il ruolo della tecnologia sta crescendo sempre di più. Il che a sua volta richiede investimenti importanti, una grande opportunità per chi si può permettere di sopportare questi costi o ha già fatto questi investimenti, perché si tratta di una forte barriera all’entrata nel settore».

Per esempio, ha detto ancora il manager di Banca Imi, «noi abbiamo aumentato gli investimenti in maniera sensibile negli ultimi tre anni, perché in Italia gli effetti della Mifid 2 sono stati anticipati in parte dai regolatori, che hanno scelto di adottare Mifid 1 in maniera più ampia e non solo sull’equity, prevedendo la best execution anche sui mercati fixed income sin da subito. I nostri colleghi europei oggi si trovano a doversi attrezzare da un punto di vista tecnologico e a fare investimenti che noi abbiamo in parte già fatto, dovendo affrontare una significativa barriera all’ingresso, caratterizzata dalla solidità e dalla qualità dell’execution. Non a caso oggi su ogni singolo strumento non si vedono più di 20 market maker, mentre una volta ce n’erano molti di più. Ma appunto ora abbiamo il vantaggio di esserci mossi tra i primi e quindi di poter giocare un ruolo importante a livello europeo».
Banca Imi, grazie a MarketHub, ha da tempo sviluppato le tecnologie necessarie a soddisfare i requisiti di Mifid 2 sul trading. MarketHub è infatti una piattaforma elettronica multi asset nata nel 2008 che fornisce liquidità sulle principali sedi di esecuzione, una delle soluzioni tecnologiche multiasset più avanzate in termini di accesso integrato ai principali mercati finanziari obbligazionari, azionari, cambi e derivati quotati e un servizio di best execution sui mercati azionari e obbligazionari, aggregando la liquidità presente sui mercati in un unico book di trading. (riproduzione riservata)
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