di Massimo Bertaglia

Con la recentissima sentenza numero 9140 del 6 maggio 2016, le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione sembrano aver messo fine all’ultradecennale e complessa querelle sulla validità della clausola “claims made”.

La Suprema Corte sembra aver messo l’animo in pace agli assicuratori, stabilendo il principio di diritto secondo il quale “nel contratto di assicurazione della responsabilità civile la clausola che subordina l’operatività della copertura assicurativa alla circostanza che tanto il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di efficacia del contratto o, comunque, entro determinati periodi di tempo, preventivamente individuati (c.d. clausola claims mista o impura) non è vessatoria;…”.

Al non frettoloso e paziente lettore delle venti pagine della sentenza (che pubblichiamo in allegato), non sfuggirà però che una volta archiviata la pratica sulla “legittimità” della clausola in questione, le Sezioni Unite ne aprono un’altra, ugualmente spinosa, sulla consapevolezza (o meno) del significato della stessa ai fini della valutazione che, nel merito, dovrebbe farne chi stipula la polizza.

È qui, cominciano i grattacapi.

Premesso che in un passo della motivazione, la Corte sembra non fare differenze fra utente assicurativo “consumatore” o “professionista” (quest’ultimo “…in realtà, il più delle volte sguarnito di esaustive informazioni in ordine ai complessi meccanismi giuridici che governano il sistema della responsabilità civile….” dice il Supremo Giudice), si apre l’ulteriore questione se il portato di tale clausola sia stato non solo noto, ma anche compreso al momento della stipulazione del contratto assicurativo.

Quindi: la sopra definita  clausola claims made non è vessatoria e quindi è perfettamente valida anche se non espressamente approvata (vedasi articolo 1341 del Codice Civile), ma se risultasse provato che non è stata condotta alcuna valutazione sulla sua meritevolezza, ecco che – dicono le Sezioni Unite – ben potrebbe essere dichiarata nulla in quanto determinante un  significativo squilibrio di diritti ed obblighi fra l’assicurato e l’assicuratore.

Sperando di non aver abusato troppo della pazienza di chi ha letto fin qui e cercando di tradurre il tutto in termini più vicini al mondo assicurativo, possiamo dire che se l’informazione precontrattuale e la valutazione di adeguatezza non si soffermassero in modo sufficientemente chiaro sul suo significato, rendendone evidenti le conseguenze a chi si accinge a stipulare la polizza, ciò potrebbe comportare ugualmente la nullità della pattuizione.

Come dire … ciò che esce dalla porta, molto spesso rientra dalla finestra … assicuratori ed intermediari, siete avvertiti!

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