Diminuiscono opera e impiegati. Aumentano i manager. Cambia in modo significativo la conformazione del mondo del lavoro, sempre più interessato da processi di globalizzazione e informatizzazione. A “scattare” la fotografia dello stato della situazione nel nostro Paese è un recente studio della Banca d’Italia, che ha misurato la quota di ore lavorate nelle diverse professioni nel 2009 rispetto ai 15 anni precedenti. Alcuni dei risultati più rilevanti: alla contrazione delle tute blu si aggiunge quella dei colletti bianchi. In calo anche impiegati, insegnanti, commercianti e – complice il consumismo – gli artigiani. Una sintesi così estrema, naturalmente, non permette di considerare l’insieme assai più complesso delle dinamiche dovute anche alle caratteristiche socio-demografiche. La distribuzione dei lavoratori nelle professioni non è, infatti, uniforme: basti pensare alla maggiore concentrazione di donne nel settore dei servizi e degli uomini in quello dell’industria, o all’alta concentrazione di immigrati nelle occupazioni a bassa qualifica.
Si espandono le professioni di alto livello. L’analisi mostra, infatti, uno “svuotamento dell’occupazione nelle attività lavorative a media qualifica”. Una novità che ha avuto anche un impatto sul fronte delle retribuzioni, con una “polarizzazione” della struttura salariale: ovvero un aumento più intenso che ha caratterizzato le estremità della scala di distribuzione dei redditi rispetto alla parte centrale. A guardare le ore di lavoro, in relazione alle opportunità occupazionali – spiega lo studio – “si osserva un netto calo di input lavoro impegnato in mansioni a media e a bassa qualifica compensato da un aumento di lavoro in quelle più qualificate”. Negli ultimi 15 anni, dunque, a riscontrare un processo di espansione delle opportunità sono stati i manager e, più in generale, le professioni di livello alto.
Più ore di lavoro per ingegneri, architetti e medici. Nel dettaglio, fatto 100 l’ammontare delle ore del totale delle professioni, in 15 anni è calata di due punti percentuali (al 9,8%) la “quota ore” degli impiegati in ufficio, di 2,4 punti (al 6,5%) quella di artigiani e operai metalmeccanici specializzati, di 6,2 punti (al 3,9%) quella dei professionisti “qualificati” nelle attività commerciali, di 1,5 punti (al 2,0%) quella degli insegnanti. Balzano, invece, di 6,2 punti (al 7,6%) le ore di lavoro di imprenditori, manager, responsabili di piccole imprese, seguiti da professionisti nel settore tecnico (+2,3 punti percentuali che li porta al 10,1%). Ma aumentano anche le mansioni per le quali sono richiesti più anni di studi: di 2,1 punti (al 3,9% del totale) salgono le ore per i professionisti del settore intellettuale, +1,5 punti (valgono il 2,3% del totale) per ingegneri, architetti e professionisti del settore tecnico e matematico; +0,3 punti percentuali (all’1,9%) per i medici e professionisti del settore della salute.
Le cause: l’aumento del progresso tecnico e della delocalizzazione. Sono due le spiegazioni riportate dallo studio per spiegare questo svuotamento delle attività lavorative di media qualifica. La prima è incentrata sul ruolo del progresso tecnico: in particolare, viene spiegato, “il calo dei prezzi dei computer avrebbe reso sempre più conveniente la sostituzione di lavoratori a media qualifica con macchine”. Questo ha anche determinato un effetto aumento per la domanda di lavoro in mansioni di alta qualifica (le professioni intellettuali) e, in parte, anche in quelle a bassa qualifica (attività manuali non routinarie), complementari all’attività svolta dai computer. Ma tra le ipotesi considerate c’è anche quello della delocalizzazione dovuta alla globalizzazione: molte attività routinarie possono essere svolte lontano dal resto dell’attività aziendale (data entry, assemblaggio), valuta il paper di Bankitalia, e per questo spesso vengono delocalizzate all’estero.
Fonte: INAIL