di Anna Messia

Finito il black out period dalla quotazione, ovvero il periodo di silenzio obbligato successivo a un’ipo, gli analisti che hanno iniziato a dare voti alle Poste Italiane  sono tutti d’accordo su un punto: in un Paese dove gli italiani preferiscono ancora comprare polizze e fondi comuni stando seduti, faccia a faccia, di fronte al proprio consulente, i 13 mila uffici postali del gruppo sono una vantaggio competitivo enorme.

Numeri alla mano le Poste italiane, di cui il Tesoro controlla il 64,7%, sono il più grande «supermercato del denaro» in Italia, hanno osservato gli analisti diMediobanca, visto che i punti vendita del gruppo superano le cinque principali catene di supermarket presenti in Italia messe insieme. Mentre la rete di Pos si avvicina al totale delle prime cinque banche italiane. Ad utilizzare i suoi servizi ogni giorno sono in media 1,4 milioni di persone e un italiano su due, 33 milioni di persone, sono clienti, tra cui 7,6 milioni di correntisti e 3,1 milioni di sottoscrittori di polizze assicurative. Statistiche impressionati che hanno portato gli analisti ad esprime i giudizi positivi sulla società e una valutazione dell’azienda mediamente più alta sia del prezzo di collocamento del 27 ottobre scorso, pari a 6,75 euro, sia dell’attuale valorizzazione di mercato, con le azioni che venerdì 4 dicembre valevano 7 euro. Gli analisti che hanno iniziato a valutare la società hanno fissato l’asticella del target price a una media di 7,7 euro. Ma c’è anche chi, come Mediobanca, arriva fino a una valutazione di 8,5 euro mentre, rovesciando la medaglia, tra i più prudenti, spunta il Credit Suisse, che ha fissato il prezzo obiettivo a 6,6 euro, a un valore quindi più contenuto di quello attuale. In ogni caso, in media, il potenziale di crescita del titolo appare interessante nel medio termine, anche alla luce della scadenza del 21 dicembre, quando Poste Italiane entrerà nel Ftse Mib. «Le Poste italiane in Borsa avranno il passo del montanaro», aveva promesso l’amministratore delegato Francesco Caio presentando l’azienda al mercato e in effetti, almeno finora, le sue previsioni si sono avverate. Dal giorno dell’avvio dell’offerta, quando le azioni erano scese a 6,5 euro sono risalite lentamente e costantemente, recuperando, a metà novembre, i 6,75 euro del collocamento, per toccare il record storico nei giorni scorsi, a 7,1 euro. Il mercato sembra insomma pronto a credere nel successo della svolta avviata da Caio che vuole aumentare ancora il peso dei servizi finanziari, passando per conti correnti, polizze, prestiti distribuiti per conto di terzi e fondi comuni, grazie anche alla partecipazione e alla partnership con Anima.

Sviluppo che dovrebbe portare a ricchi dividendi per gli azionisti che Kepler Cheuvreux stima in 2,8 miliardi di euro cumulati nel periodo 2015-2019, con un pay out medio del 75% e con profitti netti che, nel 2019, dovrebbero raggiungere 1,1 miliardi.

Mentre per Mediobanca i dividendi dovrebbero essere in totale 1,8 miliardi, ma in un orizzonte un po’ più ristretto, che va dal 2015 al 2018. E per quest’anno la stima è di un cedolone di 425 milioni, che dovrebbe salire verso i 500 milioni nei prossimi anni. Certo i rischi non mancano, come ha sottolineato più di qualche analista. Sia perché il destino delle Poste Italiane è legato a filo doppio all’andamento dell’economia del Paese e al risparmio degli italiani, in un contesto di tassi bassissimi sia, paradossalmente, per le insidie che possono arrivare dallo sviluppo della digitalizzazione in Italia di cui il gruppo guidato da Caio vuole farsi promotore. Perché lo sviluppo di internet, tablet e smartphone potrebbe accelerare il declino del settore postale tradizionale, che già nel 2014 ha perso 504 milioni e che dovrebbe ritrovare l’equilibrio nel 2019; ma anche perché la digitalizzazione rappresenta una sfida per gli operatori di servizi finanziari, Poste incluse. «Le banche hanno storicamente servito i propri clienti con le filiali e in Italia c’è ancora una media di 50 sportelli e 21 uffici postali per 100 mila abitanti», osservano da Kepler Cheuvreux, contro una media europea di 40 filiali e 20 uffici. Ma anche in Italia si sta registrando una crescita esponenziale di clienti bancari che utilizzano canali remoti.

Così gli istituti, Poste comprese, saranno obbligati a rivedere i modelli. I servizi di consulenza, resteranno importanti, si dicono convinti gli analisti, ma servirà maggiore flessibilità di orari e di spostamenti. Intanto però, venerdì 4, Caio ha portato a casa un’importante via libera da Bruxelles che ha deciso che la compensazione concessa dall’Italia a Poste per l’adempimento della sua missione di servizio pubblico nei periodi 2012-2015 e 2016-2019 è in linea con le norme Ue sugli aiuti di Stato. Si tratta di 1,05 miliardi di euro per il 2016-2019 e di 1,34 per il 2012-2015. Il nuovo contratto di programma che amplia la possibilità di consegna a giorni alterni e che è la base del riassetto del servizio di recapito pensato da Caio può quindi decollare. (riproduzione riservata)