Mariano Mangia

Roma S ottrarsi alla stretta creditizia? Si può, anche in un paese dove l’indebitamento bancario rappresenta due terzi dei debiti finanziari delle imprese, contro una media dell’area euro del 50%. L’alternativa al credito bancario, meglio ancora, un canale di finanziamento complementare è rappresentato dalla possibilità, offerta anche alle piccole e medie imprese non quotate, di emettere titoli di debito a breve termine (cambiali finanziarie) e a medio lungo termine (titoli obbligazionari), i mini-bond, termine con cui sono indicate le obbligazioni di imprese non quotate. «Ormai tutto il framework normativo è definito», conferma Andrea Arcangeli, senior associate di Simmons & Simmons. Gli ultimi sforzi sono stati compiuti per dotare questi strumenti di garanzie dello Stato, attraverso il Fondo Centrale di Garanzia, ma è stato necessario anche rimuovere, purché siano rispettati determinati requisiti, il divieto di emettere obbligazioni per un importo superiore al doppio del capitale ed equiparare emissioni quotate e non quotate. «Fiscalmente, l’azienda è incentivata con la deducibilità degli interessi pagati, entro un limite del 30% del reddito operativo lordo, oltre che delle spese di emissione — spiega Arcangeli — Gli investitori hanno interesse a sottoscrivere mini-bond perché non viene applicata la ritenuta alla fonte sugli interessi». La semplice emissione “spot” di mini-bond, per la quotazione al segmento di Borsa Italiana Extra Mot Pro con costi e requisiti sono ridotti al minimo, rappresenta una delle strade praticabili. L’altra, quella che ha richiamato un gran numero di operatori, inverte, per così dire, il processo: è l’intermediario finanziario che raccoglie fondi tra investitori istituzionali e li impiega per sottoscrivere mini-bond. Il veicolo prevalente è un fondo di tipo chiuso e una prima indagine su 20 fondi di private debt è stata appena compiuta dall’Ufficio Studi di MondoAlternative. I fondi analizzati hanno obiettivi di raccolta finale compresi tra i 100 e i 500 milioni di euro, ma più della metà ha un target inferiore ai 150 milioni; le aziende target sono quelle con un fatturato compreso tra i 10 e i 500 milioni. Gli obiettivi di performance sono compresi tra il 4% e il 15%, con commissioni di gestione in media pari all’1,2%. «Questi fondi di debito stanno attirando sempre di più l’interesse di investitori istituzionali italiani, tra cui casse di previdenza, assicurazioni e fondi pensione — commenta Stefano Gaspari, amministratore delegato di MondoHedge — Dal nostro osservatorio privilegiato ci risulta che già due casse di previdenza hanno investito in questi strumenti finanziari per sostenere le Pmi italiane; nel dettaglio, Cassa Forense ha aderito a due fondi per un importo di 45 milioni». Tra i fondi di private debt, Hedge Invest Crescitalia Pmi Fund, che ha già iniziato a raccogliere sottoscrizioni e avviato l’attività di preselezione delle aziende, presenta alcune peculiarità. «La prima è la dimensione dei titoli, intendiamo sottoscrivere emissioni di importo compreso tra 1 e 3 milioni; la seconda è la scelta di investire in titoli non quotati — spiega il gestore del fondo, Paolo Massi — Non chiediamo la quotazione perché vogliamo essere l’unica controparte e intendiamo detenere i bond fino alla scadenza; in questo modo evitiamo all’azienda di sostenere costi, come quelli per la certificazione dei bilanci o per la pubblicazione del documento di offerta che, per quanto ci riguarda, non sono necessari. L’altro elemento chiave è che tutti i titoli in portafoglio saranno di tipo unsecured: non chiediamo garanzie all’emittente, né di tipo aziendale né personale, ma i titoli saranno assistiti da una garanzia prestata da terzi». Metà dei fondi di debito lanciati o annunciati è di emanazione bancaria. Hedge Invest è un operatore indipendente e l’indipendenza, sottolineano, si manifesta anche nel modo di gestire le segnalazioni: si dichiarano “agnostici”, utilizzano qualsiasi canale, ma non riconoscono commissioni di segnalazione. Con le aziende intendono creare un rapporto fiduciario, ma chiaro. «Non chiediamo alcun tipo di garanzia, non interveniamo nella gestione, non entriamo nel capitale o nei consigli di amministrazione, ma rappresentiamo l’obbligazionista, al 100% — afferma Massi — L’obbligazionista deve essere pagato secondo quanto previsto dal piano di rimborso, senza un giorno di ritardo. Non siamo disposti a dare alcuna flessibilità, in caso di ritardi o inadempienze escuteremo le garanzie». L’Italia è al top per debiti bancari delle imprese. Ora i mini bond offrono un’alternativa concreta per l’accesso alle risorse finanziarie