Massimo Minella

Genova L a nuova Carige comincia a prendere forma oggi, con l’avvio ufficiale dell’aumento di capitale da 800 milioni di euro offerto con uno sconto del 40 per cento sul valore dell’azione. Bankitalia era stata perentoria nei mesi scorsi, l’istituto genovese doveva essere patrimonializzato in modo adeguato così da farsi trovare pronto per gli organi di controllo comunitari. L’inchiesta che ha sconvolto la Liguria e portato in carcere, fra gli altri, l’ex presidente Giovanni Berneschi, era ancora lontana, ma fin da allora si intuiva la necessità di un cambio di passo. Deciso l’entità dell’aumento, 800 milioni, tutti con liquidità fresca, si è anche convenuto, per evitare una frattura sul modello senese, di dare alla Fondazione Carige il tempo necessario per diluire la propria quota nel capitale della banca e farsi trovare pronta all’aumento. Ogni mossa è stata concordata con il ministero dell’Economia e delle Finanze e lo stesso accadrà nelle prossime settimane. Nell’arco di pochi mesi, da quando a dicembre 2013 l’avvocato genovese Paolo Momigliano è salito fino alla presidenza della Fondazione, la quota di capitale della banca si è diluita del 27,5 per cento, consentendo all’ente di incassare 253 milioni di euro (valore medio per azione, 42 centesimi). Dall’iniziale 46,6 per cento si è infatti passati nei primi mesi al 40, con una vendita a “piccoli lotti”. Poi i due colpi più significativi,

 

messi a punto nell’arco delle ultime settimane, a cominciare dalla vendita sul mercato, riservata a investitori istituzionali, di una quota del 15 per cento di capitale Carige. Operazione, questa, riuscita solo parzialmente, visto che la Fondazione, sostenuta dall’advisor Banca Imi, è riuscita a vendere solo il 10,9 per cento e con uno sconto maggiore di quanto inizialmente previsto. La Borsa ha reagito male, facendo scivolare l’indomani il titolo del 17,33 per cento, fino a 40 centesimi, minimo storico. Ma la Fondazione ha proseguito nella sua scommessa, cercando di arrivare prima dell’aumento di capitale alla quota del 19 per cento di Carige, che era la percentuale autorizzata dal ministero dell’Economia. La mossa si è completata la scorsa settimana ed è stata ratificata dai consigli di amministrazione e di indirizzo dell’ente proprio in dirittura d’arrivo. A questo punto, con una provvista di liquidità di oltre 250 milioni, la Fondazione può andare incontro al suo futuro con meno ansia rispetto ai mesi scorsi. Le prossime tappe sono la sottoscrizione dell’aumento di capitale (il 19 per cento “costa” 152 milioni) e la rinegoziazione dell’indebitamento arrivato a quota duecento milioni. La prima tranche del debito di 95 milioni con Mediobanca sarà onorato entro giugno, poi si vedrà per il resto. L’ente ha infatti un forte bisogno di patrimonializzazione, dopo aver subito un pesante contraccolpo nell’ultimo esercizio che ha visto scendere da 1,13 miliardi a 90 milioni il proprio patrimonio (in conseguenza della rettifica del valore del titolo azionario Carige). Ma proprio mentre scatterà l’aumento, oggi il presidente Momigliano sarà al Mef per discutere le prossime mosse. Se, come sembra, il ministero autorizzerà l’ente a sottoscrivere integralmente l’aumento, si discuterà subito di come diluire la quota in futuro, arrivando a una cifra che potrebbe esser compresa fra il 10 e il 13 per cento (con l’obiettivo di realizzare una plusvalenza significativa). La Fondazione continuerà a essere il primo azionista della banca, ma dall’ulteriore dismissione di quote potrà riprendere nella sua politica di erogazioni in un territorio in cui la mano degli enti e delle istituzioni nel sostegno della cultura, del sociale e del volontariato, si è fatta sempre più leggera. Ultimo atto, la riscrittura dello statuto. La nuova Fondazione non potrà più avere trentotto consiglieri, fra amministrazione e indirizzo, ma dovrà dimensionarsi al suo peso reale in banca. E anche gli emolumenti verranno drasticamente tagliati. Solo così si potrà dare al territorio quel sostegno che rappresenta la missione strategica delle fondazioni bancarie.