di Roberto Castellarin

 

Continua la battaglia di Alberto Foà, presidente di AcomeA sgr, contro l’imposta di bollo sul deposito titoli senza una soglia minima di prelievo, ovvero il meccanismo di prelievi sui risparmi introdotto dal governo con il decreto salva-Italia e poi rincarato nella legge di stabilità in discussione alla Camera.

Foà l’anno scorso si è fatto così promotore dell’iniziativa Risparmiamocelo, per spingere governo e maggioranza a introdurre delle modifiche che possano riequilibrare la situazione.

L’occasione può essere quella della legge di Stabilità 2014, che rincara l’aliquota del prelievo sul deposito titoli al 2 per mille, ma non introduce una soglia minima di esenzione, come esiste invece per il bollo sui conti correnti. Secondo Foà il decreto Salva-Italia e il successivo decreto attuativo della legge del maggio 2012 contenevano previsioni finalizzate a convogliare i risparmi degli italiani sui conti correnti e sul BancoPosta, penalizzando fortemente gli investimenti in fondi di investimento, ma anche quelli in conti deposito, sicav, polizze unit linked e depositi amministrati (conti titoli). Norme fiscali il cui effetto è profondamente distorsivo e destinato a penalizzare questi investimenti per riconvogliare il risparmio nei depositi bancari.

Tra le altre tasse e gabelle che il decreto ha introdotto o rincarato c’è anche l’assoggettamento a imposta di bollo delle comunicazioni alla clientela relative ai prodotti e strumenti finanziari, fra cui appunto le quote di fondi e sicav. Questa imposta non va applicata in misura forfettaria, come invece si verifica per i conti correnti e i libretti di risparmio tenuti presso le banche e le Poste, ma in misura proporzionale e, più precisamente, in una quota pari all’1 per mille del valore di mercato nel 2012 e dell’1,5 per mille nel 2013. Che con la nuova legge di stabilità diventa appunto del 2 per mille dal 2014. «Ma il diavolo, si sa, è nei dettagli. Che cosa prevede il decreto? Innanzitutto, introduce un importo minimo per questa imposta di bollo pari a 34,2 euro. Mentre i buoni postali fruttiferi e i conti correnti bancari sono assoggettati a un’imposta di bollo forfettaria (quindi, per qualsiasi importo) di 34,20 euro e fino a 5 mila euro sono esenti da imposta», dice Foà. Fino a una certa soglia viene quindi violato il principio della proporzionalità. In pratica se un risparmiatore detiene 100 euro in un conto deposito vincolato, conto titoli o in un fondo dovrà comunque pagare l’imposta minima di 34,2 euro, pari a una aliquota annua del 34,2%. «Più che di un’imposta, parliamo di una confisca. Il che è in grado di distruggere, in un amen, l’intera fetta di mercato dei piccoli e piccolissimi risparmiatori», conclude Foà.

Concorda con Foà il presidente di Banca Etica, Ugo Biggeri, che ha chiesto che il Parlamento intervenga per correggere la distorsione. «Il bollo fisso di 34,2 euro è una palese iniquità ai danni dei piccoli risparmiatori: chi detiene per esempio depositi per 500 euro, si trova a pagare una tassa regressiva, e incostituzionale, che supera il 6,8% contro lo 0,15%, che potrebbe diventare il 2 per mille con la nuova finanziaria, imposto a chi detiene somme superiori ai 17.100 euro», dice Biggeri.

In questo senso, alcuni senatori avevano presentato emendamenti che miravano a correggere questa situazione introducendo un’esenzione dal pagamento del bollo per investimenti inferiori a 5 mila euro. Altri emendamenti ipotizzavano di abbassare il bollo fisso a 10 euro per investimenti fino a 10 mila euro e a 20 euro per gli investimenti tra 10 e 20 mila euro. Ma nessuno dei due correttivi è stato introdotto nel testo finale approvato al Senato e ora il dibattito si sposta alla Camera. «Banca Etica e i suoi soci chiedono con forza di approvare gli urgenti correttivi proposti, o anche semplicemente di introdurre un’imposizione proporzionale per tutti», conclude Biggeri. (riproduzione riservato)